Eugenio Borgna
Parole chiave: Psichiatria, Psicoanalisi, Sofferenza, Binswanger, Freud
Eugenio Borgna, la grandezza dell’umiltà
Un ricordo del noto psichiatra scomparso ieri a 94 anni nella sua Borgomanero
di Davide D’Alessandro
Poiché nulla avviene per caso, la segretaria Nadia mi scrive che l’amato Professore Eugenio Borgna ci ha lasciati proprio mentre sto leggendo “L’ora che non ha più sorelle. Sul suicidio femminile”, preziose pagine dalle consuete “Vele” di Einaudi. Poiché nulla avviene per caso, lunedì pomeriggio, sentendo il bisogno di salutarlo, lo avevo chiamato nella sua Borgomanero, ma Nadia mi aveva risposto di riprovare verso fine settimana.
Ora che non c’è più alcun fine settimana per richiamarlo, le ho detto che il dolore è davvero immenso. Resta la sua vita, operosa e straordinaria, e restano i suoi libri, indimenticabili. Qualche anno fa osai persino chiedergli la prefazione a uno dei miei e lui, umile e grande, grande perché umile, non mi fece neppure finire la domanda: “Mi dica soltanto la lunghezza”. Non c’era bisogno di concederla, come l’avesse già scritta prima della richiesta.
Tre amici psichiatri, alla notizia della morte, senza mettersi d’accordo, mi hanno parlato della sua umiltà. Il Professore mai aveva la verità, mai la pronunciava, sapendo che possono esistere diverse verità e quella che ci può capitare di pronunciare è soltanto la nostra. La sua era una riflessione profonda sull’esistenza, sulle vertigini dell’esistenza, sull’indicibile silenzio.
Già, gli aggettivi “vertiginoso” e “indicibile” ricorrono spesso nei suoi libri. Erano i termini che giungevano dalla sofferenza, dalla malattia, dall’eclissi dello sguardo dei suoi tanti pazienti impazienti, dei folli che non sono tanto distanti dai cosiddetti normali. Erano i termini che racchiudevano una storia fatta di sacrifici e sensibilità, di ascolto della parola e del silenzio provenienti dai pazienti impazienti, da chi mai sapeva se potessero reggere tanto dolore.
Era rattristato, il Professore, per una psichiatria in agonia, per i camici bianchi sempre più lontani dagli occhi del malato. Era un Uomo, il Professore, che attraversava la corsia e le stanze di quei luoghi dove la luce si spegneva improvvisamente senza sapere quando sarebbe tornata, la stessa luce che ritrovava tra le sue autrici e i suoi autori, illuminando lettori spauriti grazie alla sua …grazia, alla sua parola come balsamo, alla sua introspezione psicologica. Sia che scrivesse di Leopardi, Celan, Rilke, Weil, Pavese, Trakl, Pozzi, accompagnava l’interpretazione con i passi più …vertiginosi e indicibili di poesie eterne. Era animato da un finissimo senso religioso, il Professore, e le pagine scritte su Anna Maria Cànopi, fondatrice e prima badessa dell’abbazia benedettina Mater Ecclesiae nell’isola di San Giulio, sul lago d’Orta, mi restano addosso come la sua calda stretta di mano.
Mai parlava di sé, il Professore. Noi mai dovremmo stancarci di parlare di lui e di ricordarlo, di condurlo con noi chissà dove, chissà quando, pieni di quel mistero che ha saputo farci vivere. Con l’opera, con le parole, con l’esempio, con il sorriso mite di fanciullo.