Luisa L. Zanni, 1995 Gerusalemme
Ognuno è portatore di una storia personale.
Anna Migliozzi dialoga con GADI LUZZATTO VOGHERA,
27 Gennaio 2022. Il Giorno della Memoria compie vent’anni.
GADI LUZZATTO VOGHERA, direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (https://www.cdec.it), e storico, ha risposto ad alcune domande per riflettere su cosa rappresenti oggi la memoria dello sterminio e la necessità di non dimenticare.
1) 27 Gennaio, il Giorno della Memoria, come possiamo uscire da celebrazioni utili ma rischiose, per rendere invece questa giornata un impegno collettivo?
Si tratta di un interrogativo che si pongono molti. Il Giorno della Memoria è diventato un mese della Memoria e questa dinamica rischia di scardinare l’idea stessa di calendario civile. Ogni data ha un suo significato, e dilatarlo nel tempo significa anche rischiare di diluirlo, di indebolirne il significato. Io penso che sia necessario ritornare a una data unica (con buona pace delle moltissime iniziative di contorno che possono durare anche tutto l’anno ma che devono essere sganciate da quella data), sulla quale convergere anche a livello sovranazionale stabilendo un tema su cui incentrare la riflessione. Penso inoltre che si debba porre l’accento sui fatti storici, sugli avvenimenti e sul loro peso per il nostro presente. La Shoah, il nazismo, i campi di sterminio e la loro simbologia vengono sempre più spesso utilizzati nella polemica del giorno per giorno per dire altro, eliminando ogni collegamento reale con quanto avvenne allora. Si tratta di pericolose distorsioni, che – ove non contrastate – ci faranno perdere la memoria.
2) Non crede che, anche in relazione alla situazione che stiamo vivendo, questa giornata potrebbe essere l’occasione per ripensare il nostro rapporto con il potere, magari distinguendo tra autorità e autoritarismo?
In effetti questo lavoro viene fatto. Tutta la riflessione sui cosiddetti Giusti delle nazioni ci parla di questo. Persone che si opposero con l’esempio personale alle imposizioni di leggi autoritarie per salvare vite umane. Di questo parliamo, con esempi storici. Questo tuttavia non può condurci a considerare ogni autorità come fondamentalmente nemica. Oggi abbiamo sistemi democratici, che traggono la loro legittimità (e quindi anche la facoltà di produrre leggi che vengono fatte rispettare anche tramite l’esercizio dell’autorità) da una delega condivisa. Per questo guardo con orrore alle immagini di Draghi o della Merkel vestiti da nazisti. In questo caso si tratta di veri e propri attacchi alla democrazia, che vanno in tutti i modi contrastati. Tuttavia è fondamentale – soprattutto sul piano educativo – porre l’accento sul valore di un’etica condivisa.
3) Freud, alla fine della sua vita, sembra avere minori aspettative sull’uomo e la possibilità di un reale cambiamento. H. Arendt (1963) ci ha fatto capire che il male è prossimo, non dobbiamo cercarlo lontano. Gli scrittori e artisti tedeschi che hanno fatto parte del Gruppo 47 (P. Celan, I. Bachmann, per citarne alcuni), dopo l’orrore dello stermino, hanno cercato di rifondare la loro stessa lingua. Oggi?
Gli esempi che vengono proposti sono di livello insuperato. Nel nostro presente non vedo scuole di pensiero in grado di produrre una riflessione innovativa su una società che sta subendo cambiamenti turbinosi e molto rapidi. Di certo il filo conduttore è dato dall’idea fondamentale che ognuno di noi è responsabile dei propri atti e deve quindi sganciarsi il più possibile da tutte quelle forme di etero-direzione nelle quali siamo soliti cadere. Il mondo dei social in questo caso si è dimostrato un marchingegno complicato da interpretare. Quanto di quello che “postiamo” (immagini, battute, frasi) è il frutto della nostra riflessione autonoma, e quanto invece viene indotto? E quanto siamo in grado di comprendere il peso delle nostre azioni sulla rete web, che è forte, quando non addirittura maggiore in termini di conseguenze di quanto noi si faccia nella nostra vita reale? Ancora una volta, mi sembra necessaria una riflessione etica condivisa, che ci costringa a guardare innanzitutto in noi stessi, valorizzando i nostri talenti e riconoscendo quel che non siamo, quel che non fa parte di noi. Ognuno è portatore di una storia personale e di una tradizione familiare e comunitaria. Dare valore e consolidare quegli aspetti della nostra personalità, aprendosi al contempo alla curiosità per le esperienze umane di diversa provenienza (geografica, religiosa, culturale) può in questo senso aiutarci.
BIBLIOGRAFIA
H.Arendt, La banalità del male 1963
Ingeborg Bachmann , Poesie , Guanda 1978
Paul Celan
– Lettere 1948-1973 Bachmann Ingeborg – Celan Paul, 2010, Nottetempo
– Cercando di ascoltare chi tace Celan Paul, 2005, Archinto
– Poesie Celan Paul, 1997, Mondadori
– Di soglia in soglia Celan Paul, 1996, Einaudi
– La verità della poesia. Il meridiano e altre prose Celan Paul, 2008, Einaudi
Freud, S (1937) Analisi terminabile e interminabile, Bollati Boringhieri