BARBARA KRUGER 1989
parole chiave: Freud, Femminile, Violenza di genere
Sono già 100 i femminicidi in Italia in questo 2022. Il fatto che siano in calo di circa il 20% rispetto all’anno precedente non consola poi molto.
Donne uccise nella maggior parte dei casi da compagni o ex-compagni che, talvolta, uccidono anche o solo i figli avuti dalle loro compagne. Sembrava una prerogativa di Medea, questa, l’emblema della donna che non accetta il tradimento e l’abbandono e infligge a Giasone la più terribile delle punizioni. Gli uomini si sono, anche in questo, femminilizzati?
E’ un’ipotesi. Anche gli uomini, privilegiando l’amore fino alle più estreme conseguenze, finora considerata prerogativa femminile, ucciderebbero per colpire ciò che, si presume, la donna ha di più caro. L’altra ipotesi è che gli omicidi dei figli da parte dei loro padri hanno la stessa logica dell’uccisione delle donne, ossia l’impossibilità di sopportare tutto ciò che delle donne sfugge ed è irriducibile a ogni presa, specialmente se si incarna in un abbandono. In questo i figli diventano semplici appendici delle loro madri che, in qualche modo, vengono uccise una seconda volta. Letteralmente “figli di vostra madre”, odiati e irrimediabilmente contaminati. Tuttavia, anche in Medea che nell’uccidere rende prioritario il proprio essere “donna” e non “madre”, c’è qualcosa che le rende impossibile assumere l’abbandono: fa parte della “follia amorosa” delle donne? O non è in questo tanto diversa dal maschio che uccide la donna che lo lascia o minaccia di farlo? O che semplicemente lo rifiuta. Riattivando così i residui di fantasmi e di terrori antichi relativi alla Cosa originaria che dispensa amore o odio e in definitiva la vita stessa. I piani sono piuttosto intricati perché, come sappiamo da analisti, non solo il sesso di appartenenza non è riducibile al biologico ma lo stesso soggetto può assumere posizioni differenti.
Quest’anno una vicenda ha suscitato orrore, raccapriccio, condanne senza appello: una bambina di 18 mesi è stata lasciata a morire di stenti dalla propria madre. Le hanno trovato nello stomaco pezzi di materasso con il quale cercava di nutrirsi mentre la madre era affaccendata in altro. In altro che non sia essere una madre, bensì essere una donna. Le due cose insieme non sono riuscite a stare. Questo non giustifica (non sia mai) l’atto di quel soggetto né spegne l’afflato di orrore che un evento del genere sollecita. Semplicemente mostra un altro lato scabroso della questione che ruota intorno al femminile, ossia l’essere donna e anche madre, che non necessariamente riescono a coesistere. E’ facile gridare al “mostro”, alla “madre snaturata”, per certi versi è tranquillizzante: il mostro è l’Altro, noi siamo innocenti, prospettiva ingenua e funzionale. Ma una madre “naturale” non esiste anche se, come Lacan ci ha insegnato, nell’inconscio esiste solo la madre, non la donna. E’ questo che prevede il regime fallico. Ma non è detto che sia facile, anzi, occupare la posizione materna, molte donne riescono ad aggiustarcisi con grande fatica, sentendosi colpevoli per questo. Colpevoli per l’ambivalenza verso i propri figli, per non avvertire la devozione supposta a una madre, per il desiderio di altro. Lo vediamo nella clinica nel così detto maternity blues, che può presentarsi in forme insidiose e dunque trascurate, anche perché mimetizzate dalle donne che spesso se ne vergognano. Il disagio e la sofferenza esplodono, talvolta, in modo clamoroso e devastante, come nella vicenda a cui ho fatto riferimento. In modo scellerato, a un certo punto questo soggetto ha rigettato del tutto la propria posizione materna, non riuscendo a conciliare con essa il richiamo di altro, ossia dell’essere donna. Ha rigettato (ucciso) nel reale la prova vivente del suo essere madre. E’ difficile essere una donna proprio perché nell’inconscio esiste solo la madre, e allora il proprio essere una donna si deve inventare. Ma è anche difficile essere una madre, specialmente in una società in transito (perenne…?) che vede la crisi del padre e del Simbolico in genere. Non ho una vocazione nostalgica ma è innegabile che l’assenza o l’eccessiva precarietà di un terzo (non necessariamente il padre biologico o meno che sia) che funzioni da diaframma tra madre e infans, che sostenga la maternità della propria compagna e che, magari, non si dimentichi che è anche una donna (cosa indubbiamente difficile per gli uomini ma anche per le donne) ha la sua importanza.
Le donne vengono uccise dagli uomini ma la violenza e l’abuso lavorano in molti altri modi talvolta sottili, talvolta macroscopici, sicuramente negletti o trascurati anche dalle donne stesse. Agli analisti spetta andare ancora a fondo di questa materia incandescente, la “terra promessa” che Freud ha individuato e poi abbandonato, e a tutte le possibili e imprevedibili, spesso drammatiche forme che essa può assumere.