Paola Catarci
Nello scorso episodio abbiamo visto Alice entrare nello studio del Dottor Mari come un novello Icaro, con le braccia-ali spezzate. E subito, nel sentirla parlare della valutazione per l’assicurazione, siamo andati con la mente al tema degli incidenti, così frequenti nella popolazione adolescente, ed alla loro caratteristica di azione di prova, ricerca di un limite, ma anche tentativi di suicidio che affiorano dalle più diverse e impreviste vicende affettive e relazionali.
Nell’incontro di oggi, Alice è preceduta da una telefonata, sorta di svelamento del dramma affettivo che sta attraversando e che vuole mostrare-nascondere al suo interlocutore.
Quando poi entra nello studio, l’arrivo come un pulcino bagnato sollecita nel terapeuta una risposta agita, che ci porta subito, con un colpo di teatro, al cuore del tema: un possibile abuso e la spinta a ripeterlo. Ma Mari può mettere in campo, molto concretamente, la dimensione femminile e accudente. Così, sarà sua moglie a cambiare i vestiti bagnati di Alice, ma anche a offrire un canale più regressivo ed immediato di contatto e contenimento per lei.
Di li in poi si snoda la seduta, dove Mari sembra a suo agio nel tentativo di vincere la resistenza principe di Alice: non sono io ad aver bisogno di aiuto, siete voi, tua figlia, mia madre, mio padre, quelli sbagliati. Comunque gli altri. Ma passo dopo passo, atto dopo atto (in questo episodio, per due volte Alice si alza minacciando si andarsene) la storia viene detta, narrata, e, come un puzzle che lentamente prende forma, anche il rapporto di Alice con le due famiglie, quella dei suoi genitori, e quella del suo nuovo oggetto d’amore, Samuele, si offre allo sguardo ed alla riflessione dei due nella stanza.
“Con tutte queste mezze bugie Emma non c’ha capito più niente, per questo ce l’ha con i suoi”. Ma sta parlando solo di Emma, Alice? E come può il suo terapeuta, senza suscitare un immediato rigetto e chiusura, avvicinarla all’idea che le cose che ci spaventano e attraggono negli altri sono, ancora prima, dentro di noi? Mari glielo comunica, nel modo più semplice ed immediato che può esprimere. Spesso, negli scritti sul metodo con gli adolescenti si parla della necessità di essere autentici, disponibili e flessibili. Posizioni del terapeuta che abbiamo già visto all’opera nella seduta precedente. In questo episodio appare un nuovo elemento, la possibilità di proporre un’interpretazione, come un’ipotesi da verificare assieme: “Ho avuto l’impressione che Samuele fosse la frattura” dice e mima Mari. Poi prosegue, forse dice troppo: ”Eri un po’ una seconda mamma”, Alice nuovamente si irrigidisce e lo attacca. Ma il dialogo non si interrompe, e si dispiega un ulteriore funzione terapeutica: quella del rispecchiamento, che si realizza sia quando Mari legge le prime righe della valutazione, sia quando racconta ad Alice, con una mossa in qualche modo seduttiva, di aver provato a lavarsi i denti come se avesse avuto lui stesso il gesso. Questo movimento empatico, e la messa in parole del sentimento dell’umiliazione, permette a Mari di affrontare l’elemento clou della seduta: “è successo qualcosa nella tua vita che ha a che fare con la rottura delle regole e tu hai voluto testarmi, vedere cosa accadeva con me”. Come capita talvolta, in alcuni momenti fortunati del dialogo analitico, la risposta di Alice non si fa attendere: rievoca il tragitto in ambulanza, quasi uno stato di sogno nella veglia, dove tutti i sensi erano attutiti e dove il bisogno di guardare fuori si ripiega in uno sguardo su se stessa e in una presa d’atto delle conseguenze del suo gesto: “perché tutte e due le braccia?”.
L’analisi è iniziata, e con essa i movimenti di ricerca della verità su se stessi.
11 aprile 2013