Sangue del mio sangue
Marco Bellocchio, Italia, Francia, Svizzera, 2015
Concorso
Commento di Elisabetta Marchiori
“Adesso, dopo tanto
che lui è entrato nel niente e gli divento
giorno dopo giorno fratello”
Questo verso di una poesia di Raboni tratta dalla raccolta ‘A tanto caro sangue’ e dedicata al padre, è la prima associazione che le immagini del film mi ha evocato.
Bellocchio torna là dove è sempre stato, a Bobbio, il luogo delle origini, portando con sè la sua storia personale e familiare, in un gioco di specchi fra il Seicento e i giorni nostri, riproponendo senza ambiguità il dramma del suicidio del fratello gemello, che si moltiplica in sorelle gemelle, doppie paia di chiavi, doppie seduzioni, doppi peccati.
Gran parte della filmografia di Bellocchio, d’altra parte, può essere considerata un fare i conti con i momenti traumatici della propria vita, che in questo film travalicano la biografia personale e si inoltrano nel terreno del transgenerazionale e dei miti locali. Riprende le tematiche del precedente Sorelle e, come questo, è girato con gli allievi della sua scuola di cinematografia. I personaggi principali sono interpretati da componenti della famiglia, sangue del suo sangue, carne della sua carne, il figlio Pier Giorgio e il fratello Alberto, dalle somiglianze al limite dell’inquietante, al montaggio la figlia Elena.
La furia iconoclasta de I pugni in tasca si stempera in una riconsiderazione degli atroci vincoli che la vita associata pone al desiderio. Questi vengono rivisitati in una attualità paradossale, incarnata da un sentenzioso vampiro con i canini cariati, interpretato da Roberto Herlitzka, e dal matto Filippo Timi, che incarnano le due faccie della stessa società corrotta.
Cinquecento anni di storia si possono condensare, come nell’inconscio, nel tempo di un film che mostra l’inesorabile riproposizione del passato, seppure in abiti diversi. Il coro delle suorine si trasforma in quello delle cameriere, il cardinale Federico diventa il misero truffatore immobiliare, il vampiro altri non è che l’autorità ecclesiastica che mura viva la bellissima Benedetta, Lidiya Liberman, con il diavolo in corpo.
Giorno dopo giorno, si può arrivare alla separazione, che sola può tornare ad unire. Come nella poesia di Raboni, come in un’analisi.
9 settembre 2015