Lucía Puenzo, Argentina, 2007
Commento di Irene Ruggiero
(da leggere dopo aver visto il film!)
XXY, presentato al Taormina film Fest, è stato premiato alla Semaine di Cannes 2007).
Il titolo del film è stato contestato perché la formula cromosomica XXY non ha a che vedere con l’ermafroditismo, come lascia invece intendere il film.
Nella realtà un ermafroditismo “completo” o “perfetto” è talmente raro da essere al limite della possibilità di esistenza. La storia di Alex va quindi letta come una metafora, come la stessa regista ha chiarito, nella presentazione del film a Roma.
E del resto, a ben guardare, la grafia del titolo mostra una felice ambiguità perché l’ultima lettera può essere vista simultaneamente come una Y con un trattino in più o come una X con un trattino in meno. Il titolo allude dunque alla copresenza di caratteri sessuali maschili e femminili, come se fosse una condensazione di XX e XY.
Com’è noto, la figura dell’ermafrodito possiede un enorme potenziale di fascinazione. Nella mitologia greca, Ermafrodito, figlio di Afrodite, dea dell’amore, e di Hermes (Mercurio), nume tutelare del commercio, è un giovane di rara bellezza che racchiude in sé i caratteri sessuali di entrambi i genitori e realizza così la fantasia onnipotente di poter essere contemporaneamente sia uomo che donna. L’ermafroditismo è considerato un attributo della Divinità proprio quando in quanto simbolo di coincidenza degli opposti, e dunque di interezza e completezza.
In molteplici contesti religiosi, la bisessualità è appannaggio di entità cosmogoniche e di coppie divine (come, per esempio quella di Shiva e Parvati in India, raffigurati talvolta come un essere unico). Secondo numerose tradizioni mitiche, il primo uomo sarebbe stato bisessuato – partecipando così alla interezza e alla perfezione della Divinità – e si sarebbe scisso solo in seguito nella coppia formata dal primo uomo e dalla prima donna. In alcune società arcaiche, come quella degli Aborigeni australiani, sussistono rituali iniziatici che mirano a trasformare in ermafrodito il maschio o la femmina, con lo scopo di riacquistare ritualmente la condizione di completezza originaria: utilizzano allo scopo sia il travestimento ermafroditico che operazioni di circoncisione e di subincisione.
Il tema dell’ermafroditismo ritorna nel Convito di Platone, con il mito dell’Androgino. La grande diffusione spaziale e temporale del mito dell’Ermafrodito ci segnala quanto profondamente i desideri e le fantasie di bisessualità sono radicate dentro di noi: le ritroviamo infatti nei sogni di ognuno di noi, specialmente nelle fasi della vita in cui le tematiche dell’identità del genere sono particolarmente intense, prima fra tutte l’adolescenza.
XXY si può leggere come una metafora della complessa ricerca di identità, sessuale e personale, che caratterizza il processo adolescenziale, durante il quale si viene costruendo l’identità di genere.
L’identità psicologica di genere non equivale necessariamente a quella anatomica: essa costituisce infatti il risultato di una costruzione complessa, di un processo attraverso cui l’adolescente acquisisce psicologicamente i dati del suo sesso anatomico, conferendo ad essi un senso soggettivo. Questo film, controverso e conturbante, risulta particolarmente efficace nel far sentire allo spettatore quanta confusione debba talvolta attraversare l’adolescente nel processo di scoperta e di costruzione della sua identità sessuale adulta. Esso mostra l’emozione, l’eccitamento e il dolore mentale presenti nella sperimentazione adolescenziale, talvolta attraverso una vera e propria ubriacatura di esperienze, molte delle quali coinvolge il corpo, sede di trasformazioni eccitanti ed inquietanti al tempo stesso.
Secondo Freud, ogni essere umano avrebbe costituzionalmente delle disposizioni sessuali sia maschili e femminili. L’assunzione psicologica della propria identità di genere, fondata anche su una rimozione delle pulsioni caratteristiche del sesso opposto, non può essere data per scontata. Se questa rimozione non è troppo rigida e massiccia, permette di integrare nella propria personalità anche alcune disposizioni caratteristiche dell’altro sesso, che devono tuttavia rimanere minoritarie per non suscitare confusione e/o conflitti interni troppo esacerbati.
La regista sostiene – in modo forse un po’ didattico – il diritto di scegliere la propria identità sessuale, mostrando quanto questo sia difficile in un contesto sociale che considera l’uniformità un valore, se non addirittura un imperativo.
Nel film vengono infatti nettamente contrapposti il padre di Alex e quello di Alvaro, il primo rappresentato come attento e rispettoso della natura e della libertà della figlia, il secondo come prepotente, castrante e mortificante.
A ben guardare, però, le cose non sono forse così semplici e dicotomiche. Mi sembra infatti legittimo rintracciare nel “rispetto” che il padre di Alex manifesta verso la libertà di scelta della figlia anche il segno di una certa onnipotenza, che non si vuole confrontare con la necessità di essere o uomo o donna, e quindi inevitabilmente limitati.
“Era perfetta”, dice infatti il padre, raccontando la nascita di Alex. Biologo marino, egli si occupa di specie rare. Sembrerebbe che anche Alex sia per lui una specie rara da proteggere e preservare intatta. “Ma”, come dice la stessa Alex, “se sono così speciale, perché non posso dirlo a nessuno?”
E così, Alex è profondamente ferita dal fatto che il suo migliore amico abbia rivelato il conturbante (eccitante e vergognoso) segreto. La sessualità genitale, al suo sbocciare nella prima adolescenza, può essere vissuta come qualcosa di eccitante e vergognoso al tempo stesso, una perturbante realtà che l’adolescente stenta a padroneggiare.
In questo senso, l’ermofroditismo di Alex può anche essere letto come metafora della unicità e, dunque, della diversità di ciascuno. Il film mantiene al riguardo una felice ambiguità, a dispetto della tesi di fondo che la diversità costituisce qualcosa di prezioso da salvaguardare a tutti i costi.
La regista è infatti identificata con il punto di vista del padre di Alex, che non ha voluto operare la figlia, per preservarla da quella che sentiva come una normalizzazione castrante. Il chirurgo (chiamato dalla mamma di Alex) sembra invece considerare protettivo un eventuale intervento chirurgico. Ma non si può leggere l’intervento anche come una accettazione della non onnipotenza, dei limiti che definiscono ognuno di noi, anche nella nostra identità di genere? Limiti senza i quali non è possibile definirsi e uscire dalla confusione che caratterizza le fantasie onnipotenti? E ancora, l’onnipotenza della bisessualità è eccitante o ripugnante?
La regista, a ben guardare, lascia aperto un margine di ambiguità, che raggiunge il suo acme nella scena della violenza sulla spiaggia, quando uno dei due ragazzi che hanno assalito Alex, alla vista del suo ermafroditismo anatomico (“li ha tutti e due!”) esclama “fa schifo”, mentre l’altro dice eccitato “ma che schifo, è la fine del mondo!”
L’ermafroditismo di Alex rappresenta allora una metafora della fantasia (tipicamente adolescenziale) di potere sfuggire alle limitazioni della natura umana e di eludere le differenze di genere. Queste fantasie sono le stesse che, se non vengono elaborate e integrate nel corso dello sviluppo, costituiscono il nucleo della perversione, intesa propria come messa in atto della fantasia di potere eludere i limiti e le differenze (di sesso, di generazione).
Occorre in realtà accettare una ferita, quella della definitezza e quindi della limitatezza della propria natura e della propria identità di genere per poter crescere. Al padre che enfatizza la possibilità di scelta, Alex risponde “e se non ci fosse niente da scegliere?”
Non avere operato la figlia costituisce allora solo l’espressione del rispetto per la sua libertà o piuttosto non trapela in essa almeno un po’ una fantasia di onnipotenza del padre, in cui Alex rimane imprigionata e di cui diventa vittima, esposta a situazioni estremamente dolorose? Fra queste, la morbosa curiosità degli altri, la loro violenza e una solitudine estremamente pesante per un adolescente che, essendo inevitabilmente fragile e immaturo, ha un estremo bisogno del supporto dei coetanei per crescere.
E dunque, rispetto per la libertà o mancanza di un’adeguata protezione? Il crinale può essere molto sottile: questo è un tema che tocca il cuore delle problematiche dei genitori degli adolescenti, spesso dolorosamente sospesi tra il rispetto della personalità e della libertà dei figli e la necessità di fornire loro un’adeguata protezione, ponendo limiti che li preservino da rischi eccessivi… al proposito possiamo pensare che l’amico di Alex abbia rivelato il suo segreto anche perché non ce la faceva, da solo, a contenere qualche cosa di così inquietante ed eccitante.
Il film, pur non essendo privo di elementi di idealizzazione favolistica, non fa l’errore di far credere che l’ambiguità sessuale sia problematica solo rispetto ad uno sguardo esterno, conformista e critico. Esso mostra l’intensità della sofferenza di Alex e di Alvaro, alle imprese con pulsioni e i desideri poco controllabili che, come accade in genere in adolescenza, possono essere sentiti come sopraffacenti. Anche Alvaro infatti, nell’incontro con Alex, scopre aspetti insospettati di sé e della propria sessualità, in particolare un aspetto ricettivo femminile da cui rimane sconvolto. Delicata e felice è la scena nel bosco in cui, dopo essere stato sodomizzato da Alex, Alvaro cerca di recuperare attraverso la masturbazione e il contatto con il proprio pene funzionante una identità maschile messa in crisi dell’esperienza appena vissuta. Alla fine, riesce a ricomporsi e la curiosità, il desiderio di scoprire se stesso e l’altro e l’attrazione per Alex prevalgono. Felice è anche la rappresentazione del modo in cui Alex, captando la sua curiosità, una curiosità ricettiva e rispettosa, ben diversa da quella eccitata ed intrusiva dei ragazzi che hanno assalito Alex sulla spiaggia, gli si mostra nella sua complessa specificità.