Autore: Giuseppe Riefolo
Titolo: “Tra due mondi” (“Ouistreham”)
Dati sul film: regia di Emmanuel Carrére, Francia, 2021, 166’.
Genere: commedia, drammatico
“Chi non usa la fantasia potrà essere un buon
verificatore di dati ma non un ricercatore”
(Bleger, 1964)
Il film
Marianne Winckler è una importante scrittrice che decide di scrivere un libro sulla condizione delle operaie che lavorano presso imprese di pulizie. Sente che solo condividendo concretamente la loro realtà potrà conoscerne profondamente la dura condizione. Incontrerà Christèle, operaia che, sola e a fatica, deve occuparsi di tre figli. Ne conoscerà la vita dura e Christèle, a sua volta, la scoprirà estranea alla propria condizione. Marianne dovrà accettare dolorosamente che può vivere la condizione di grave sfruttamento di quelle operaie ma, senza saperlo, ciò che conosce veramente è la condizione di intimità che Christèle le permette.
Un mondo…
Conoscevo — e mi aspettavo — la particolare crudezza nella descrizione di emozioni estreme di Carrère, ma cominciavo a temere che la crudezza sarebbe rimasta nella descrizione diretta “sulla propria pelle” da parte della giornalista: “Salario minimo! È un lavoro duro… e non ci si può lamentare altrimenti vai fuori!”. Ancora: mentre sono nel cinema e nella storia, non mi aiuta in questo senso nemmeno l’incontro di Marianne con la dirigente dell’agenzia del lavoro: “Mi spiega che ci fa lei qui? Perché vuole fare la donna delle pulizie?… Ho letto il suo ultimo libro!”. A questo punto, soprattutto un analista, sente che il film lo riguarda perché pone il problema di cosa e come “conoscere” e se il metodo possa essere quello di Marianne. L’analista ha qualche dubbio: “Ogni annotazione basata su una percezione di oggetti concreti è un resoconto di elementi che da un punto di vista psicoanalitico risultano irrilevanti” (Bion, 1967, 14).
… E l’altro mondo
Ad ogni modo, già in questo incontro (scontro) emergono le domande che poi inchioderanno Marianne alla sua violenta impotenza: “Lei chi è? Che cosa cerca? Non si chiede che forse sta togliendo il lavoro a qualcuna di loro che ne ha veramente bisogno?”. Non serve la risposta di Marianne: “Mi ritirerò quando mi daranno un contratto a tempo indeterminato! Non tolgo nulla a nessuno!”. La psicoanalisi dice che questo non è vero. Il problema è: cosa si toglie e cosa si dà quando si vuole conoscere? Eppoi: come si conosce? Gli analisti, ultimamente, sanno sempre più che è solo l’incontro con un altro a permetterti di conoscere ciò che hai e che non sapevi di avere. In quella dimensione di incontro scopri con imbarazzo che la tua mente funziona come quella di un altro (Fonagy, Target, 1996) e che, quindi, quando vuoi conoscere qualcosa stai sempre cercando qualcosa che ti riguarda, intimamente. Quindi: “Mi offriresti un caffè? Passo un attimo e poi vado via!”. Di un analista non serve lui dica della sua vita, ma ci interessa molto la sua partecipazione soggettiva alle persone che incontra e che — in qualche modo — cercherà di conoscere. Appunto: conoscere cosa? E in che modo? Freud (1899, 560) suggerisce molto presto come la coscienza rappresenti un “organo di senso per la percezione di qualità psichiche” e qualche anno dopo rintraccerà questa forma di conoscenza nel dialogo fra inconsci: “Il medico…deve rivolgere il proprio inconscio come un organo ricevente verso l’inconscio del malato” (Freud, 1912, 536).
… E il trifoglio
Marianne — per quanto pensi di governare tutto — non sa che Christèle l’ha già adottata nella propria famiglia ed ha organizzato da tempo con i tre figli il suo compleanno. Marianne non capisce la reciprocità e, quindi, sospetta che l’interesse di Christèle verso di lei sia dell’ordine dell’intrusività, persino del furto: “Perché ha frugato nella mia borsa? Non era certo per i soldi visto che non li ha presi!”. Il compleanno, non è un fatto, ma l’inizio di un processo che (per fortuna) non puoi più impedire e ti impone il gioco: “Questo è un regalo per te. L’ho scelto io perché mamma non sapeva cosa scegliere. È un trifoglio che porta fortuna!”. Marianne è visibilmente sorpresa e si lascia andare a una reazione che ribalta i ruoli e dice della reciprocità delle relazioni affettive , ovvero di come, per fortuna, i pazienti riescano a conoscerci profondamente. Lei è sorpresa del regalo inatteso; lo ammira emozionata: “lo terrò con me per sempre!”. A questo punto, nel mio film cambia tutto: quello che Marianne cercava di conoscere già lo sapeva, mentre potrà conoscere solo qualcosa che le arriva come un cambiamento di Sé che prima non conosceva. Da un po’ gli analisti sanno che ciò che è importante sapere non è conoscere minuziosamente le ragioni del dolore di quelle lavoratrici sfortunate, ma ciò che loro ti danno e che tu puoi prendere (tentando faticosamente la leggerezza dell’autorizzazione inconscia reciproca) solo da loro.
A questo punto il film ribalta il vertice: “Marianne, che ci fai su questo traghetto? Ho saputo che stai scrivendo un libro sulla realtà delle lavoratrici addette alle pulizie!”. Inevitabilmente, l’effettività (Bion, 1967) impone che i progetti narcisistici dei soggetti si infrangano rispetto alla realtà la quale, come per le potenti dinamiche del setting analitico, per fortuna impone sempre che i desideri soggettivi debbano coniugarsi in dimensioni di realtà possibili.
Per questo, alla fine, strappando violentemente Marianne al proprio mondo di scrittrice che ora autografa la loro storia, Christèle le impone: “Allora, per un ultima volta, metti la casacca e vieni con noi a fare il turno delle pulizie!”. Dolorosa e ovvia la risposta dell’analista al suo paziente: “Non posso accettare, Christèle, che senso ha?”.
Riferimenti bibliografici
Bion W. R. (1967). Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico. Armando, Roma, 1970.
Bleger J. (1964). Il colloquio psicologico (suo impiego nella diagnosi e nella ricerca), in Psicoigiene e psicologia istituzionale, Lauretana, Loreto, 1989.
Freud S. (1899). L’interpretazione dei sogni. O.S.F., 3.
Freud S. (1912). Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico. O.S.F., 6.
Maggio 2022