Autore: Angelo Moroni
Dati sul film: Regia di Sam Mendes, UK, USA, 2012, 143 min.
Giudizio: 4/5 ****
Genere: azione/drammatico
Trama: La relazione tra James Bond e M. (Mother), anziana donna a capo dell’Intelligence inglese, è messo a dura prova quando M. è posta in serio pericolo di vita da parte di un ex-agente diventato terrorista internazionale. Mentre il quartier generale dell’Intelligence è sotto attacco, l’agente 007 deve a tutti i costi scovare ed eliminare la minaccia, il “sabotatore interno”, nonostante un agente preparato come lui cominci a sentire il peso degli anni e una certa stanchezza.
Perché andare a vedere il film: si tratta di unainterpretazione molto originale del mito cinematografico di James Bond, si potrebbe dire una rifondazione del mito stesso, su un livello più umanizzato e meno superominico. La sceneggiatura, pur presentando alcuni “buchi” logici che tuttavia non danneggiano l’insieme dell’architettura narrativa, si apre infatti con il fallimento di una cruciale missione di Bond, in cui ci viene mostrata addirittura la presunta morte dell’agente. Il Bond di Mendes è poi un uomo provato dalla fatica e dal passare del tempo e lontano dall’idea di quell’aplomb anglosassone a tratti stucchevole che ha caratterizzato molti suoi predecessori. Insomma un antieroe dipinto da un Mendes che, attraverso questo personaggio, vuole tratteggiare l’affresco di un’epoca tardo-postmoderna, la nostra, in cui ogni ideale e ogni mito sono caduti e rotolati nella polvere, frammentati da mille tentazioni, richiami, seduzioni.
La versione dello psicoanalista: Il personaggio di James Bond che ci viene mostrato nel film, sembra una personificazione di quella “crisi dei garanti metapsichici” di cui ci ha parlato molto acutamente Kaës (2007). Tali garanti sono alla base dei processi psichici individuali , assicurando, attraverso la famiglia, i gruppi e le istituzioni, una continuità della realtà psichica condivisa, che dà senso e spessore all’identità dell’individuo. Sam Mendes mette in scena una riflessione sulla crisi etica contemporanea, e quindi dei garanti metasociali e metapsichici sui quali si fonda la nostra cultura, utilizzando uno dei miti cinematografici più sedimentati nell’immaginario collettivo, cioè quello di James Bond. Il Bond di Mendes non è un personaggio di plastica: soffre, piange, vive emozioni, si china sul cadavere di M. come in una tragedia greca classica ed entra in una dimensione di lutto, muovendosi verso una “posizione depressiva”. Il regista tenta di dare uno spazio rappresentativo alla trama profonda delle passioni umane, riuscendo a raccontarle entro la cornice di una spy-story che non abdica alla sua funzione centrale di “gioco” (di play winnicottiano), di intrattenimento, riuscendo comunque, cioè, a parlare a un pubblico vasto e pluristratificato.
Novembre 2012