Cultura e Società

“In the Shadow of the Cypress” di H. Molayemi e S. Sohani. Recensione di L. Blandino

13/03/25
"In the Shadow of the Cypress" di H. Molayemi e S. Sohani. Recensione di L. Blandino

Parole chiave: trauma, blues, guerra

Autore: Ludovica Blandino

Titolo: “In the Shadow of the Cypress” (“Dar saaye sarv”)

Dati: regia di Hossein Molayemi e Shirin Sohani, Iran, 20’

Visibile su Youtube

Genere: animazione, drammatico

“In the Shadow of the Cypress”, diretto dai registi iraniani Hossein Molayemi e Shirin Sohani ha vinto l’Oscar 2025 come miglior cortometraggio di animazione.

Lo stile minimale con cui è realizzato si rivela sia nella tecnica del disegno a mano frame-by-frame sia nell’assenza di dialoghi, che riverbera un silenzio denso di difficoltà e incomunicabilità che pesa sui protagonisti.

Il titolo richiama il romanzo “L’ombra del cipresso è allungata” (Delibes, 1948) da cui è stato tratto anche un film (regia di Luis Alcoriza, 1990) incentrato sul tema della morte, in cui il protagonista è un marinaio.

Il cortometraggio racconta la complessa relazione tra un padre, capitano di una nave, reduce da un trauma la cui natura si scopre man mano che la storia si dipana, e la figlia che vive con lui in una casa isolata affacciata sul Golfo Persico. Travolto da un dolore che lo costringe a rivivere il passato, il genitore non riesce a diventare il padre affettuoso che vorrebbe essere per la propria figlia.

Il racconto del loro difficile rapporto trae spunto dalle dolorose esperienze dei registi con i rispettivi padri, uno dei quali veterano di guerra gravemente traumatizzato e privato delle proprie speranze e sogni. Nel cortometraggio, gli sforzi di comprensione della tormentata figura paterna da parte della figlia raccontano anche del tentativo di riavvicinamento dei registi ai propri padri, durante gli oltre sei anni di lavorazione del corto. Anni nei quali, peraltro, le difficoltà dell’Iran non rappresentano solo lo sfondo su cui si articola il film ma ne spiegano anche la complessità di realizzazione, per via di problemi economici e carenza di risorse.

La tecnica dell’animazione permette di rappresentare i sentimenti dei protagonisti in modo estremamente creativo: il padre che si trasforma in una corda di petali per trattenere disperatamente la figlia che vuole abbandonarlo, oppure la figlia che si scioglie in una pozza d’acqua per il dolore procuratole dal padre comunicano in modo efficace e senza necessità di parole il vissuto dei personaggi.

Lungo tutto il cortometraggio il colore blu sembra assumere un significato molteplice. Infatti, quando è attraversato da flashback che improvvisamente e violentemente lo intrudono procurandogli stati alterati di coscienza, il padre si tinge di una sfumatura che richiama il cosiddetto “blu di Persia” che, nella tonalità media, è un colore spento, tendente al grigio. Inoltre, dal momento che il corto è anche un omaggio ai veterani della guerra tra Iran e Iraq, in particolare a quelli che soffrono ancora di PTSD, il blu può richiamare anche la melanconia (blues). “Blues a Teheran” (2023) è proprio il titolo del libro in cui la psicoanalista iraniana Gohar Homayounpour racconta, tra le altre cose, l’impatto che la guerra ha avuto sugli uomini e le loro famiglie, sulle loro vite straziate da traumi, lutti e separazioni.

Un ulteriore tema che si propone nel cortometraggio è quello di contenitori rotti che non riescono a svolgere la loro funzione nei confronti di contenuti rappresentati per lo più allo stato liquido, cioè estremamente bisognosi dei primi per strutturarsi in una forma. Qui, tutti i contenitori sono rotti e i contenuti rischiano di morire: il vaso con i fiori è rovesciato e l’acqua sgocciola dalla mensola; la boccia di vetro del pesce è in frantumi e il pesce si dimena a terra; la figlia si scioglie in lacrime perchè il padre stesso, come la sua mente, è a pezzi.

La balena che a un certo momento, come in un sogno, compare spiaggiata sulla battigia sembra una rappresentazione onirica di una incomunicabilità mortifera tra padre e figlia, che rischia di uccidere la loro relazione. Sapremo solo nella scena finale se la coppia soccomberà sotto il peso di un ulteriore lutto o se riuscirà a utilizzare questo inaspettato evento come leva di cambiamento.

Bibliografia
Delibes M. (1948). L’ombra del cipresso è allungata
Homayounpour, G. (2023). Blues a Teheran. La psicoanalisi e il lutto. Raffaello Cortina, Milano
2024

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

"Blues a Teheran" di G. Homayounpour in dialogo con "La casa del Mago" di E. Trevi. A cura di D. Scotto di Fasano

Leggi tutto

Trauma/Psicoanalisi

Leggi tutto