Cultura e Società

“Nope” di J. Peele. Recensione di A. Moroni

27/08/22
"Nope" di J. Peele

Autore: Angelo Moroni

Titolo: “Nope”

Dati sul Film. Regia Jordan Peele, USA 2022, 130’

Genere: Fantascienza

Definirei Jordan Peel un regista “magrittiano” in generale, e a maggior ragione dopo la visione di questo suo ultimo film, a tal punto che, uscito dalla sala, mi è subito venuta in mente l’opera di Magritte “La corde sensible”, raffigurante una grande pietra sospesa su un mare notturno sorvolato da una nuvola bianca. Nel film uno dei protagonisti principali è infatti il cielo, punteggiato da nuvole dietro cui si nascondono apparentemente minacciosi UFO. Dico apparentemente perchè, come per Magritte il pittore, anche per Peele  il regista potremmo dire “Ceci n’est pas un UFO” (e naturalmente qui non dirò che cos’è in realtà). La poetica filmica di Peele ruota infatti intorno al tema dell’enigma come condizione centrale dell’uomo, oltre che a manifestarsi intrinsecamente come denuncia sociale delle discriminazioni razziali. 

Il film racconta la storia diOj ed Em (gli attori Daniel Kaluuya e Keke Palmer), fratello e sorella afroamericani che vivono in una profonda vallata della California dove gestiscono, insieme al padre, un ranch di famiglia dove allevano cavalli. Quando il genitore muore, venendo colpito da una moneta caduta inspiegabilmente dal cielo, Oj ed Em ereditano la proprietà. Oj spera di diventare celebre lavorando per l’industria del cinema di Hollywood.
Ben presto, a causa di una serie di imprevisti, i due si ritrovano pieni di problemi finanziari e, come se non bastasse, i cavalli sembrano svanire nel nulla, mentre quelli ancora presenti sono nervosi e hanno reazioni violente. Oj si vede costretto a vendere alcuni cavalli a Jupe Park (Steven Yeun), che di recente ha aperto un parco nella valle.
Convinta che ci sia qualcosa di extraterrestre che abbia a che fare con questi eventi, Em convince OJ a installare delle telecamere nel ranch nella speranza di capire cosa sta accadendo e di registrare un video che possa farli arricchire.

La fotografia, metallica e ipoilluminata di Hoyte van Hoytema, abituale collaboratore anche di Christopher Nolan, oltre che l’intensa e coinvolgente colonna sonora di Michael Abels, conferiscono un’atmosfera arcana e inquietante alle scene. Ma è certamente l’interpretazione di Daniel Kaluuya, già protagonista di “Get Out” (2017) ad imprimere al film tutto il senso di straniamento che Peele vuole trasmetterci. Film anomalo, diverso dai precedenti del regista, che toccano direttamente corde più socio-politiche, “Nope” rivoluziona certamente il genere sci-fi e lo fa con notevole maestria, abile uso dell’insaturità narrativa e accenni molto chiari al tema dell’intrattenimento e dei rischi insiti nello show-business. Quest’ultimo è direi il cuore tematico del film, ancora una volta legato a quello del mistero. Per il regista statunitense infatti la macchina economica dello spettacolo uccide la poesia, e il cinema è poesia, apparato tecnico-artistico che cerca a modo suo, ma umilmente, di ridisegnare il “mistero delle cose” di cui è intessuto il mondo (Bollas, 2001), mantenendo quindi uno sguardo non aggressivo o avido nei confronti della realtà che osserva e descrive. Un cinema che ricercasse solo il successo, il denaro, l’inquadratura perfetta, l’oggetto impossibile da catturare con lo sguardo indiscreto della telecamera, distruggerebbe la poesia, unico linguaggio che rende l’uomo un essere nel quale il pensiero sa fermarsi a riflettere su se stesso e sulla sua relazione con l’altro. Emblematica a tale proposito l’inserzione della storia parallela della scimmia Gordy, protagonista di una sit-com degli anni ’90, uscita dalla fantasia del regista, che creerà non pochi problemi sul set della produzione televisiva. Gordy è ulteriormente rappresentativo dei moti più primitivi dai quali l’uomo fatica a distanziarsi e che non riesce a trasformare generativamente per autoproteggersi come specie. 

In fondo, sembra suggerirci Peele in questo suo ultimo film, i veri “alieni” siamo noi, per il mondo in cui viviamo, e per noi stessi. 

Riferimenti bibliografici

Bollas, C. (2001), Il mistero delle cose, Raffaello cortina, Milano. 

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