Cultura e Società

“Nata per te” di F. Mollo. Recensione di P. Santinon

1/11/23
"Nata per te"di F. Mollo. Recensione di P. Santinon

Parole chiave: Codice paterno, Codice materno, omogenitorialità, Fornari

Autore: Patrizia Santinon

Titolo: “Nata per te”

Dati sul film: regia di Fabio Mollo, Italia 102’

Genere: biografico drammatico

Una persona single in Italia può adottare solo in “casi particolari”, come recita l’articolo 44 della legge 184 del 4 maggio 1983, ovvero “quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo: questo si verifica, ad esempio, quando il minore, pur in stato di abbandono, non riesce ad essere affidato ad una famiglia adottiva”. Appare da subito lo scollamento tra le leggi scritte e le leggi del cuore che muovono la domanda di Luca Trapanese alla giudice del Tribunale dei Minori: “Quanti rifiuti è ancora disposta a far vivere ad Alba”?  Le persone single possono adottare “gli scarti” come dice Luca, il protagonista di questa storia, che con gli ultimi ci lavora e ci vive in una comunità per ragazzi disabili senza genitori, “Il borgo Sociale”. Luca riceve la chiamata, la sua seconda dopo quella vocazionale, dal Tribunale dei minori di Napoli per l’affido di Alba, la bimba che ha visto sorgere l’alba di pesca e zucchero tra le braccia dell’infermiera che si è presa cura di lei. La mamma l’ha partorita consegnandola al mondo, un mondo che “progioniero è” di regole forse non giuste, come osserva Luca a proposito dei limiti nell’adozione per quelli come lui, single, omosessuali, ma dove “respiriamo liberi io e te” come suggerisce la canzone Il mio canto libero di Battisti e Mogol, colonna sonora del film. La giudice esige per la bimba “una famiglia  composta da due persone,  una mamma e un papà” senza mettere in discussione le “regole non giuste” che costringono Alba in una pediatria in attesa di un affido che non c’è, e senza interrogare ciò che davvero serve alla crescita di un bébé. Ma come dice l’avvocata che si mette in ascolto di Luca e lo sostiene, con l’esperienza personale di una famiglia monogenitoriale e con un talento nella costruzione di reti solidali tra le comari del quartiere in cui abita, sostenuta da affetti caldi e profondi tutti al femminile:” noi dobbiamo costruire un pezzo per volta fino a Marte”. Nel dialogo alla finestra del reparto di neonatologia che ospita da un mese Alba, l’infermiera che accudisce la bimba si rivolge a Luca con candore e complicità, ricordandogli che “qui non siamo in Svezia!”, quanto ai diritti.  Un’altra finestra, quella del cortile della casa paterna, è lo sfondo per il dialogo tra Luca e la madre. Luca vi fa ritorno in occasione della festa in cui s’indovina il sesso del nascituro, figlio del fratello:  in una spettacolarizzazione oscena che oggi chiamano gender reveal party si attribuisce al sesso un colore con una negazione degli aspetti ambivalenti e mortiferi correlati alla maternità (nascerà sano, nascerà sindromico, nascerà intersessuale, mi piacerà che nasca?).  Luca come padre sociale vorrebbe riconosce la figlia davanti alla legge, assumendosene la responsabilità e al contempo vorrebbe essere dalla Legge riconosciuto,  è un padre affettuoso, materno, che si prende cura teneramente di Alba cimentandosi in biberon e prima febbre. Luca, in dialogo con la madre e poi con l’avvocata che gli riconosce il coraggio del suo dichiararsi uomo, single, omosessuale, si riappropria di una biografia possibile in cui l’alba del complesso edipico tocca l’adolescenza, l’ingresso nella maturità con le vicissitudini del lavoro e della famiglia nella vita adulta, elementi che qui si confondono e sovrappongono, vivendo Luca la vita professionale come una missione in una comunità per adulti con disabilità. E’ stato in seminario e lì sembrava aver trovato un nuovo modello familiare in cui sembrava possibile “rimanere fedele alla propria madre e all’istituzione che la rappresenta transferalmente: la chiesa” (Foresti, 2013). Il film racconta una storia vera che apre diversi interrogativi giuridici e psiconalitici: Luca ad un certo punto si ferma e teme di radicalizzare il suo desiderio, di diventare un fenomeno lgbtq+ da giornale quasi che la filiazione, ripensata alla stregua di un diritto individuale dell’adulto,  una sorta di diritto della sua personalità in cui il figlio diventa in una certa misura l’oggetto e lo strumento di scelte auto-interessate, “potrebbe essere una variante dell’antico diritto patriarcale (…) che vedeva il figlio come naturaliter aliquid patris e che ora lo concepisce come artificialiter aliquid parentis” (Nicolussi, 2014). Una democrazia liberale dovrebbe tutelare come bene e come diritto fondamentale degli individui quello di riprodursi, di riflettere e di esercitare la propria autonomia riproduttiva in modo pluralista proprio come antidoto all’eugenetica, ben rappresentata qui dallo scarto che è Alba, bambina sindromica che provoca sui genitori così detti normali una crisi di rigetto per cui da casa torna in casa famiglia.

E su questo Luca si interroga e noi con lui. “Alba è nata per te”, afferma l’avvocata di Luca.

Questi risponde: “No, sono io ad essere nato per lei”.  E’tutto qui.

Riferimenti bibliografici

Accati L. (1998). Il Mostro e la Bella. Padre e Madre nell’educazione cattolica dei sentimenti. Milano, Cortina

Foresti G. (2013). La funzione paterna: fattori intrapsichici, relazionali e sociali. Dal dibattito “La funzione paterna ieri e oggi: analogie e differenze” comparso su Spiweb nel settembre 2013,  8

Nicolussi A. (2014). Si può umanizzare la procreazione medicalmente assisitita? In Società, Diritti, Religioni. Bari, Cacucci Editore, 2014,  30-40

Novembre 2023

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