Autore: Alessandra Meneghini.
Titolo: “In the Mood for Love”.
Dati sul film: regia di Wong Kar-wai, Hong Kong, 2000, 98’.
Genere: romantico/drammatico.
In questi giorni è uscita nelle sale cinematografiche la versione restaurata in 4K del film del regista di Hong Kong Wong Kar-wai, pluripremiato al Festival di Cannes del 2000.
Ambientato ad Hong Kong negli anni ‘60, il film racconta con rara delicatezza la relazione del signor Chow e della signora Chan, inquilini con i rispettivi coniugi delle stanze in affitto della signora Suen. Le esistenze della signora Chan e del signor Chow si intersecano fatalmente fin dalle prime sequenze, quelle di un trasloco, in cui gli scatoloni dell’uno e dell’altro circolano e vengono scambiati, come a preannunciare l’intenso rapporto che si stabilirà tra i due. Nelle stanze colme di presenze e di movimenti, compresi quelli della proprietaria dell’appartamento e dei suoi sodali, gradualmente le solitudini dei due protagonisti arrivano a toccarsi, attraverso sguardi lievi, piccoli gesti e palpitanti attese resi in filigrana. A poco a poco, la signora Chan e il signor Chow capiscono che i rispettivi coniugi intrattengono una relazione tra loro. La ferita relativa a questa scoperta va a comporre quella che sarà l’origine del loro rapporto: “Non saremo mai come loro”, dice la signora Chan al signor Chow, dando il la ad una relazione che si muove sul filo del desiderio e della nostalgica appartenenza. Di fatto, il regista non mostra mai i coniugi dei protagonisti, se non di spalle o facendone ascoltare solamente la voce. È come se a questi fosse demandata la parte meramente sessuale della relazione, quasi una proiezione della signora Chan e del signor Chow, lasciando libero Wong Kar-wai di dipingere con pudore e maestria la passione appena tratteggiata tra loro. Dove le parole non arrivano, compaiono le inquadrature dei dettagli: la scala in penombra dove l’uomo e la donna si incrociano, le tende di un corridoio che si gonfiano, le dita che si sfiorano, le colorate geometrie di un pavimento, la pioggia notturna che circonda i corpi. I dialoghi talvolta evocano possibilità paradossali, secondo la lezione di Kieslowski, quasi a significare un tempo sospeso, sul crinale del desiderio di qualcosa che non potrà essere o che è già stato e per questo non potrà più tornare.
La colonna sonora composta da un valzer lento di Michael Galasso e da boleri messicani cantati da Nat King Cole avvolge con sonorità struggente le attese trepidanti dei protagonisti.
“In the Mood for Love” offre un’incantevole raffigurazione di quel territorio psichico rappresentato dal desiderio nostalgico, di quella terra di mezzo, di quel Limbo (Pontalis, 2000) winnicottiano in cui il tempo è sospeso, tra la percezione e la rappresentazione, tra il Sé e l’Oggetto, tra il pensiero e l’azione: tra il “Non saremo mai come loro” e gli scorci rapidi che ritraggono i coniugi realmente adulterini dei protagonisti, si distende la rarefatta relazione tra il signor Chow e la signora Chan, che rievoca il transizionale. La rappresentazione di parola è scarna, i dialoghi essenziali, mentre la sensorialità percepita sgorga copiosamente attraverso il canale visivo (i colori sgargianti dei vestiti e degli arredi), tattile (l’umidità della pioggia scrosciante sui vestiti), uditivo (reso dalla suggestiva colonna sonora) e gustativo (evocato dalla costante presenza del cibo). A tal riguardo, è interessante osservare come, in assenza del congiugimento carnale, tra i protagonisti fluisca una pulsionalità di qualità orale, metafora forse di un materno già accaduto, ma a cui si aspira incessantemente per tutta la vita.
In Questo tempo che non passa (Pontalis, 1999), suggellato paradossalmente da varie inquadrature di orologi (così differenti dall’orologio mortifero de “Il posto delle fragole” di Bergman, 1957), non a caso lo spazio è spesso rappresentato da vani di passaggio: scale, corridoi, brevi tratti di strada, più che da stanze chiuse, ancora una volta a ricreare la presenza di uno spazio-tempo intermedio, in cui sono contenuti il desiderio, il paradosso, la possibilità.
Forse non siamo tanto distanti da una seduta analitica, sospesa tra realtà e sogno, vera anche se non reale (Bolognini, 2008), il cui fascino ha spinto ognuno di noi ad intraprendere questo difficile mestiere.
Insomma, “In the Mood for Love” è sicuramente pellicola da vedere o da rivedere, in occasione della riapertura delle sale cinematografiche.
BIBLIOGRAFIA
Bolognini S. (2008). Paesaggi del sogno. In Ricerca Psicoanalitica, anno XIX, n. 3, 265-278, Franco Angeli, Milano.
Pontalis J.B. (2000). Limbo. Raffaello Cortina, Milano.
Pontalis J.B. (1999). Questo tempo che non passa. Borla, Roma.
Maggio 2021