Autore: Flavia Salierno
Titolo: “Mi Chiamo Francesco Totti”
Dati sul film: regia di Alex Infascelli, Italia, 2020, 105’, Festa del Cinema di Roma, Sezione “Eventi Speciali”
Genere: documentario
Ci sono storie e storie: questa è una bella, una di quelle che coinvolge e tiene incollati gli occhi sullo schermo, in piena identificazione col protagonista; una di quelle che strappa l’applauso a tutti, e anche qualche lacrima di commozione. Quella che ha procurato il primo vero guizzo di entusiasmo di questa quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, permeata dalla presenza della pandemia. Quindi, ecco a noi, presentata la storia dell’ex Capitano della Roma, nel film “Mi Chiamo Francesco Totti”, che uscirà nelle sale dal 19 al 21 ottobre. Il protagonista stesso avrebbe dovuto onorare della sua presenza il festival, insieme col regista ma, negli stessi giorni, ha dovuto declinare l’invito per la perdita del padre, a cui il Covid19 non ha dato scampo.
Alex Infascelli ci aveva già colpito coi suoi lavori, e soprattutto con “S is for Stanley”, un documentario che racconta Stanley Kubrick attraverso il rapporto col suo autista. Un bravo regista è quello che sa far raccontare la macchina da presa, portandola là dove incontra lo spettatore, per condurlo dritto in ciò che vuole dire. E Infascelli riesce nell’intento, strappando l’applauso della sala tutta.
È lui stesso a raccontare che, pur non essendo particolarmente appassionato di calcio, si era sentito comunque coinvolto dall’euforia romanista nel 2001, lo stesso anno in cui la Roma vinceva il suo ultimo scudetto e in cui lui vinceva molti premi per il suo film “Almost Blue”. E Totti, di Roma e della Roma, sappiamo essere il sovrano indiscusso, incoronato ad honorem dai romanisti come ”ottavo Re di Roma”.
“E pensare che la prima parola che ho detto è stata palla” – dice Totti – voce narrante del film, che si racconta guardandosi nei filmati che il regista gli propone. Sappiamo, infatti, che c’è chi nasce con una dote e intorno a quella costruisce una vita intera, soprattutto se appoggiato dagli affetti e dal sostegno della famiglia.
Nasce come un documentario sulla vita di Francesco Totti questo lungometraggio basato sulla visione da parte del regista di settemila ore tra filmati, partite, programmi tv e video di famiglia, ma potremmo definirlo un film sul talento, sulla passione, e su quanto la massa scelga e si identifichi in un “eletto”: “Non so’ più Francesco, so’ diventato un monumento pure io”, dice il Capitano.
Alex Infascelli ha passato con lui i tre mesi precedenti il suo addio definitivo alla squadra, riprendendolo in casa, fuori, nella sua vita pubblica e privata. E vita pubblica e privata in Francesco Totti si incontrano, facendo dei romani una grande famiglia, dove “mamma Roma” coinvolge e coccola tutti. La vicenda esistenziale coincide col racconto di una città, di un popolo, una storia d’amore eterno. Solo un romano, infatti, può capire la romanità, come identità imprenscindibile. Totti ne è la testimonianza. Anche nel rinunciare ad andare a giocare nel Real Madrid, strapagato, pur di rimanere nella sua amata città. Vicino ai suoi affetti tutti (romani compresi), che lo hanno sostenuto anche nel momento dell’incidente in campo, dell’operazione, della riabilitazione. Tanto da condurlo all’incredibile impresa dei Mondiali, fino ad arrivare al silenzio: quello di Roma e dei romani il giorno dell’addio. Le splendide immagini nel film di una Roma silente e malinconica incorniciano le scene finali del pianto del Capitano e dei tifosi. Ma non solo, anche di chi pensa che lo sport sia una cosa bella e necessaria. Quando non diventa il contenitore delle scorie umane. Quando alzarsi in piedi e battere le amni gioendo per un goal ha un significato. L’appartenenza, la socialità, la competizione. Quindi silenzio anche in sala, romanisti e non, romani e non, interrotto solo da un lungo, commosso, liberatorio applauso.
Ottobre 2020