Autore: Flavia Salierno
Titolo: “Madres Paralelas” (dal 78° Festival del Cinema di Venezia).
Dati sul film: regia di Pedro Almodovar, Spagna, 2021, 120’, Sezione “In Concorso”.
Genere: drammatico
Lo scorso anno, in fila distanziata davanti alle sale, fantasticavamo che questa sarebbe stata la mostra senza Covid-19. E invece, anche ora siamo in compagnia delle mascherine, con più contagi nel mondo rispetto allo scorso anno. Questo è l’incipit necessario per raccontare questa Venezia numero 78, e per spiegare quanto, seppure in ripresa, il Cinema, e quindi la Mostra, siano ancora su una via traballante e lenta che li conduce verso la normalità, almeno apparente.
Apre il Festival Pedro Almodovar col suo nuovo film che, tra le altre cose, parla dei desaparesidos spagnoli e la scoperta delle fosse comuni. E sembra essere una triste associazione libera, che non vorremmo interpretare, in questo ulteriore anno di Covid. Lo spettacolo deve continuare ad andare avanti, così come il bel cinema. E ben vengano vestiti colorati e paillettes, insieme con i film tanto attesi. Malgrado la difficoltà nella prenotazione dei film, visto il numero ridotto di posti per il distanziamento,sono Sorrentino, Larrain, Almodovar, Mainetti, Villeneuve, i fratelli d’Innocenzo, tra i più sospirati e attesi registi. A Benigni il Leone d’oro alla carriera, tutto dedicato alla sua Nicoletta. E speriamo che venga premiato anche uno dei nostri registi italiani. Non solo per puro amore campanilistico, ma anche come meritatissimo e giustissimo riconoscimento alla bravura. Rimaniamo quindi nell’attesa, godendo di quei momenti sospesi, nel buio delle sale del Lido, tra proiezioni e sogni ad occhi aperti, puntati sul grande schermo.
Ma torniamo al film di Almodòvar.
La grande “madre” Spagna, con la sua storia, è lo sfondo e insieme la protagonista assoluta di questo nuovo film di Almodovar. Tra le “madri parallele” del titolo, infatti, sembra esserci anche la terra natia, a cui il grande regista spagnolo dedica la maggior parte delle risposte alla conferenza stampa.
La locandina prepara il terreno per un discorso presunto tutto sulla maternità. Un capezzolo, inquadrato in un occhio, dal quale esce del latte, sembra un test proiettivo attraverso cui dare le molte interpretazioni possibili. L’onnipresente colore rosso dei film del grande regista spagnolo, che adorna anche questa locandina, insieme con l’immagine del seno, e il suo richiamo forte alla sessualità, spiazza per la contraddizione, già alle prime battute del film.
La forte attenzione verso il femminile cede il passo alla “riesumazione” del ramo paterno, attraverso la riapertura di una fossa comune, dove i compagni “desaperidos” delle tante donne lasciate vedove, erano sepolti. La protagonista Janis (Penelope Cruz), una donna quarantenne in cerca di dignità per i suoi antenati, infatti, incontra a tale scopo un antropologo forense, destinato a divenire il suo amante. Nelle scene successive si ritroverà a partorire il figlio nato dalla loro relazione, nello stesso giorno e nella stessa stanza di una giovanissima ragazza minorenne, Ana. Entrambe, per diverse vie e vicissitudini, condivideranno il destino comune dell’accudire le loro neonate senza i padri. Due diverse generazioni, quindi, che si ritroveranno, insieme, a fare i conti con la maternità, e un passato da recuperare. Non solo quello legato alla propria storia personale, ma anche quello di una nazione tutta. Una legge del 2007 sulla Memoria Storica, voluta da Zapatero, ha costretto la Spagna a fare i conti con i giudizi sommari della dittatura franchista, riabilitando le persone condannate dal regime, e responsabilizzando lo Stato nella ricerca delle persone scomparse durante la Guerra Civil e la dittatura. Prevedendo, inoltre, una mappa delle fosse comuni ove sono sepolti i cadaveri di molti repubblicani, vittime della repressione franchista.
Almodovar riesce, così, a passare continuamente da un piano tutto personale ed intimo ad uno collettivo, con un andamento ondivago che letteralmente sommerge lo spettatore di emozioni e colpi di scena. E punta il dito sui passaggi generazionali. Il nome della protagonista, Janis, in onore a Janis Joplin, simbolo di un’epoca di aspirazione alla libertà assoluta e alla femminilità, procede insieme e “parallela” a quella della giovane Ana, che altrimenti non avrebbe la possibilità di vivere così da vicino la storia familiare dell’altra madre, e della Spagna. E Almodovar, ancora una volta, ha la capacità di stupire e meravigliare, pur facendo delle trasformazioni rocambolesche, alla volta di uno stile più asciutto e meno urlato. Dando simbolicamente a Janis e Ana, le madri parallele, l’arduo compito di portare avanti il figlio comune: il recupero e la valorizzazione della memoria storica.
Settembre 2021