Cultura e Società

“Linda e il pollo” di C. Malta e S. Laudenbach. Recensione di S. Monetti

7/02/25
LINDA E IL POLLO di S. Monetti

Parole chiave: lutto, riparazione

Autore: Stefano Monetti

Titolo: “Linda e il pollo” (“Linda veut du poulet!”)

Dati sul film: regia di C. Malta e S. Laudenbach, Francia, 2023, 75’, visibile su Amazon Prime

Genere: animazione

“All’inizio pensavo che per essere genitori si debba essere idealisti.

 Poi ho imparato che essere genitori significa

 scontrarsi costantemente con tutto quello che non è ideale in te”

(Hisham Matar, Amici di una vita)

“Linda e il pollo”narra la storia di Linda, adolescente vittima di un episodio tragico: da piccola, seduta nel seggiolone per una cena in famiglia, assiste alla morte precoce del padre per un malore. Quella sera il padre aveva cucinato il pollo con i peperoni.

Linda vive con la madre Paulette (in francese Paulette si pronuncia in modo simile a poulet, ovvero pollo), una madre in crisi che, a differenza del marito deceduto, non è capace di cucinare.

Per errore, Paulette mette in castigo Linda la quale, per perdonare la madre, chiede che le venga cucinato il pollo con i peperoni secondo la ricetta del padre. Paulette promette di prepararglielo l’indomani, ma uno sciopero generale renderà difficile reperire il pollo. Per ottenerlo Paulette dovrà destreggiarsi, insieme alla figlia e alle sue amiche, tra mille peripezie. 

Il film mi ha ricordato un episodio: Claudia, la figlia seienne di una mia paziente, era amica di un coetaneo che aveva perso la madre. Dopo averlo saputo, Claudia ha chiesto a sua madre se sapeva cucinare un piatto tipico che faceva la madre dell’amico. La bambina ha empatizzato con l’amico e si è domandata se ci fosse qualcuno in grado di sostituire la madre svolgendone le funzioni di accudimento. Analogamente Linda vuole che Paulette svolga il ruolo di cuoca appartenuto al padre e che la madre ha trascurato, bloccata in un lutto difficile da elaborare. In entrambi i casi la richiesta è relativa al piatto particolare che viene associato alla persona persa.

Il film contestualizza la storia di Linda in una periferia francese multietnica, la cui innocente vitalità viene repressa in modo grossolano dalla polizia. L’atmosfera è ironicamente confusa: gli adulti paiono ragazzini incapaci e gli adolescenti sono costretti ad assumere ruoli più maturi, aiutandosi tra loro. Questo contrasto è reso in modo iperbolico dal film, allo scopo di adottare il punto di vista degli adolescenti e di costruire momenti di straordinaria ilarità.

Linda è disorientata in questo mondo al contrario, priva del riferimento paterno. La polizia che mira soltanto a riportare l’ordine sembra rappresentare un super-Io severo, che non concede a Linda di contestare le mancanze genitoriali. Tuttavia Linda riesce a offrire una possibilità riparativa alla madre, chiedendole di “fare il padre”, ovvero di prepararle il pollo. Ciò consentirebbe a Linda di identificarsi con le difficoltà materne, potendo poi introiettare una figura di genitore non idealizzato come il padre.

Il film è disegnato in modo particolare: i personaggi sono di un unico colore e il disegno dei loro lineamenti diviene molto più dettagliato quando essi si muovono. Questo tipo di animazione pare suggerire che le persone assumono un’identità solo quando si relazionano a qualcosa o a qualcuno. Una tecnica che richiama la teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali, secondo la quale l’essere umano non tende alla ricerca del piacere ma mira a legarsi a un oggetto (Hinshelwood, 1996, p. 625).

D’altra parte quando un personaggio è fermo si riduce a una macchia di colore con pochi tratti distintivi, come se fosse immerso in se stesso. Un modo di rendere l’incomunicabilità tra genitori e figli, dato che i primi appaiono intenti a preservare i loro fragili assetti narcisistici. Tali genitori, come Paulette, esitano a incaricarsi degli stati d’animo dei figli, per timore di esserne sovrastati senza poterli contenere. Paulette non riesce a compiere quella metamorfosi che le permetterebbe di identificarsi con la sofferenza della figlia, “metamorfosi che ammette – pur nel persistere di un’identità sempre recuperabile dello sguardo – il mutamento vorticoso dell’oggetto” (Petrella, 1978, p. 195). Allora diventa chiaro il titolo originale del film: “Linda veut du poulet!”, letteralmente: Linda vuole del pollo, ma Linda vuole anche Paulette, ovvero chiede che la madre, amputata nel suo ruolo dal lutto subito, sia in grado di trasformarsi andando verso di lei. Il desiderio di Linda è che Paulette diventi una madre autentica, in grado di prendere contatto con il dolore proprio e della figlia. La traduzione italiana del titolo nega, a partire dal mancato punto esclamativo, l’aggressività della richiesta filiale alla madre.    

Una parte del film ha una forma onirica, fatta di disegni che privilegiano la rappresentazione e le associazioni libere a discapito della consequenzialità narrativa e della chiarificazione riflessiva. A un certo punto compare il padre disteso in un piatto, come se fosse lui stesso il pollo. Ecco allora che il padre-pollo deve essere mangiato, introiettato e digerito da Linda perché ella possa identificarsi con lui (Freud, 1915, p. 109).

È curioso che alcune di queste scene più immaginative, che potremmo definire surrealiste, siano state considerate come indizi di una generale confusione del film. Forse alcuni recensori, come Paulette, non hanno voluto compiere la metamorfosi per calarsi nella “bella confusione” di Linda (“La bella confusione” è il titolo di lavorazione del film “Otto e mezzo”). Tali scene offrono allo spettatore un tessuto immaginativo al quale aderire anche senza piena comprensione, assumendo il punto di vista infantile rispetto agli avvenimenti narrati.   

Bibliografia

Freud, S. (1915). Lutto e melanconia. O.S.F., 8.

Hinshelwood, R.D. (1996). Dizionario di psicoanalisi kleiniana. Milano, Cortina.

Matar, H. (2024). Amici di una vita. Torino, Einaudi.

Petrella, F. (1978). Stati confusionali e metafore della confusione. In Turbamenti affettivi e alterazioni dell’esperienza. Milano, Cortina, 1996, 180-203.

Gennaio 2025

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

"Nello spazio del lutto" di L. Ambrosiano. Recensione a cura di S. Fassone

Leggi tutto

Lutto (Il lavoro del)

Leggi tutto