Cultura e Società

“Le sorelle Macaluso” di E. Dante. Commento di E. Papuzza

29/09/20
"Le sorelle Macaluso" di E. Dante. Commento di

Autore: Elisabetta Papuzza

Titolo: “Le sorelle Macaluso”

Dati sul film: regia di Emma Dante, Italia, 2020, 94’.

Genere: drammatico

 

 

 

 

 

Bello, gioioso e drammatico, crudo e poetico, intensissimo, il secondo film di Emma Dante, nota regista palermitana per lo più teatrale: “Le sorelle Macaluso”, presentato all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è tratto dalla pièce teatrale della stessa regista portata in scena nel 2014. Racconta di una casa, uno spazio fisico –  un appartamento della periferia palermitana, che affaccia dritto sul mare – in cui vivono cinque sorelle ma, soprattutto un luogo dell’anima, una casa interna, quella che questo gruppo famiglia un po’ speciale rappresenta per i suoi componenti; un luogo interiore alla base del Sé, cui attingere affetto e calore, da cui partire e a cui fare sempre ritorno. Il film attraversa il tempo, dagli anni ’70 ad oggi, e racconta le fasi della vita (l’infanzia, l’età adulta, la vecchiaia, infine la morte), esperienze in fondo piuttosto comuni, ma descritte con un intensità e profondità che le rendono speciali. Un film coinvolgente, in cui è facile e immediato identificarsi sia per i temi affrontati che per la vividezza e intensità della narrazione. I personaggi delle cinque sorelle sono interpretati nel corso della vita (fanciullezza, adultità, vecchiaia) da tre attrici distinte, e sta ogni volta allo spettatore riconoscerle, attraverso le fattezze, il carattere, soprattutto l’emotività. In questa storia l’affetto di base non è quello genitoriale, che rimane sullo sfondo, ma quello della sorellanza fra cinque donne che, per tutta la vita – anzi oltre la vita – faranno esclusivo riferimento le une alle altre, attraversando l’esistenza ognuna a modo proprio, ma attingendo linfa vitale dal loro rapporto reciproco, esclusivo ed escludente. Un film tutto al femminile, in cui gli uomini quasi non compaiono, se non in modo secondario, accessorio e per lo più negativo. Non si saprà mai che fine abbiano fatto i genitori e perché queste cinque fanciulle vivano da sole, occupandosi le une delle altre, le più grandi delle più piccole, tra gesti di tenerezza e inevitabili tensioni, e mantenendosi con poco, allevando colombe nella soffitta di casa; in fondo anche la colombaia è un simbolo, rimanda all’appartenenza, al ritorno a casa. Aleggia su tutta la vicenda la vecchia foto in bianco e nero di una coppia di sposi, in posa davanti al noto stabilimento Charleston della splendida spiaggia di Mondello; è lì, al mare, che una mattina di festa le ragazze si recano per un bagno, un’esplosione di vitalità raccontata da scene così coinvolgenti che verrebbe di raggiungerle lì in quel momento e di unirsi alla loro danza. Ed è lì dove drammaticamente si arresta la loro infanzia, dove un incidente stravolgerà le loro esistenze per sempre. Questo evento, che fino alla fine non viene mostrato nei dettagli, ma consegnato all’intuizione dello spettatore, si ripropone continuamente a più riprese, come in un giallo, creando suspense crescente, con la costante ricorsività con cui può ripresentarsi un trauma non eleborato, un tabù familiare, il senso di colpa. Queste donne rimangono in fondo sconfitte dalla vita, chi attraverso una morte precoce, chi rifugiandosi nella psicosi, chi rinunciando ai propri sogni o al proprio amore, tutte nutrendosi di un legame solido fra sorelle, che sopravvive all’odio, al dolore, alla malattia, al dramma, ai ricordi di chi rimane e che, tuttavia, non permette loro di evolvere e realizzarsi pienamente. Sulla parete di casa rimane appeso il pupo paladino, a guardia, perché il “fuori” e “l’altro da sè” sono minacciosi e mortiferi. Le attrici sono incredibilmente brave, le bambine, le fanciulle, le adulte, le anziane, tutte esprimono con il corpo e lo sguardo una fortissima emotività. Emma Dante riesce a fermarsi su ogni dettaglio, sul dialetto, sui corpi, sugli oggetti, sulle musiche, entrando a cuore aperto nelle ferite di un sistema affettivo e familiare.

 

Settembre

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