Cultura e Società

Le ricamatrici

31/10/08

Una ciocca di capelli strappata ostentatamente davanti alle tue amiche che sospettano i tuoi cambiamenti sarà la prova della tua bugia necessaria perché nel mondo esterno la tua immagine rimanga uguale se non sai ancora chi potrà sostenerti accettando di cambiare a sua volta: “Claire, se fossi libero, potrei aiutarti… ma ho una moglie… una famiglia… non posso!”. Se non ti puoi più presentare in giro puoi rinchiuderti da M.me Melikian che non esce mai perché le è morto il figlio mentre era sulla moto con Guillaime. Strana cosa: due figli entrambi destinati a morire e due donne unite nell’arte lenta del ricamo dove ogni punto è in sé un piccolo capolavoro, ma che da solo non significa niente se non si organizza in un insieme infinito di punti che piano piano delineano una figura. Quella figura era nel sogno potenziale di ognuno, ma che non poteva evidenziarsi finché il sogno potenziale di entrambe non trova un posto possibile: “puoi dormire qui… se vuoi!”.  

Le due donne cominciano a lavorare insieme, mentre prima ognuna lavorava da sola: questo cambia nettamente le cose! Il telo di M.me Melikian è bellissimo, ma anche quello di Claire: è un arazzo fatto di tante stelle e filamenti di corallo bianco… un cielo grande fatto di minuscoli puntini lucenti, ciascuno dei quali sembra contenere a sua volta un altro cielo… un arazzo infinito che se lo sollevi ha l’effetto del cristallo… di un cielo; un lavoro minuzioso capace di custodire la fatica continua e costante… non si perde alcun gesto ed ogni gesto è legato ad un momento ed ha un significato…Quando le cure funzionano sono come il tessere un arazzo di mille perline.

Forse è la storia di come dare posto a qualcosa di eccitante e di inaspettato. Il posto di un figlio non esiste mai prima e non esisterà mai abbastanza: questa è la fatica; bisogna lavorarci: forse per questo è stato inventato il tempo. Quelli che lo preparano con grande cura e largo anticipo è la stessa cosa di quelli che vedono arrivare un figlio e non se l’aspettavano. E’ successo con Daniela al nostro servizio. Lei con 5 sorelle ed un fratello: tutti figli di un padre diverso e spesso, come per Daniela, sconosciuto. Qualche volta in passato mi faceva sorridere quando mi diceva che, al bar della borgata dove vive, aveva detto a tutti di essere incinta: un’altra bugia necessaria “… perché solo così ti rispettano!”.

Ma poi è veramente arrivata Martina che è bella ed ha gli occhi celesti. All’epoca, tutti noi eravamo molto preoccupati per Daniela e per il bambino che poteva nascere, ma la sorella non aveva dubbi: “dottore, siamo tante sorelle; vedrà, Daniela non rimane sola… finora ci siamo riuscite…Non si preoccupi, questo bambino deve nascere!”. Sostanzialmente mi aiutò ad essere meno preoccupato. Provai a dirlo a Giuliana e ad Anna che con me seguivano Daniela. Usando il mestiere dello psicoanalista finsi di essere sicuro “che un posto per le situazioni vitali, prima o poi si crea …”. Poi, Daniela è stata con Martina presso una casa famiglia dalle parti di Napoli ed ora Martina è stata affidata ad una sorella con cui vive anche Daniela. Sta di fatto che Daniela non si è più ricoverata; forse la sua cura è la bambina; forse ci sarà da preoccuparsi per la bambina che non potrà essere la cura della propria madre, ma forse anche per questo conviene immaginare che ci sarà una soluzione che ora proprio non si vede.

Forse bisogna sapere sempre che si tessono storie e che il ricamo piano piano consegna pezzi di figure che convergono e organizzano scene sempre più ampie e l’anonimo telo bianco si riempie di linee intricate e sottili che, quando il ricamo è riuscito, danno la sensazione del movimento e del vortice. Viene sempre da chiedersi se quelle figure sottili ed incredibili – come per le vite degli eroi greci – erano già nel telo in attesa di una mano che le svelasse o sono, invece, il felice incontro tra una mano leggera e feconda ed un telo disponibile a farsi attraversare da mille fili: ma questi sono dubbi da psicoanalista che si chiede continuamente fino a che punto è stato anche lui a cambiare la vita dei suoi pazienti, soprattutto quando le cose sono andate bene. Claire lavora allo scialle nero ricamato da mille perle, forse è venuta fuori la coda maestosa di un pavone, forse vortici di linee che si aprono partendo da un solo punto e lo consegna a M.me Melikian: “è per lei!”. Il telo alla fine, potrà essere incredibilmente bello e la fatica sarà ricordata lieve se quelli a cui l’abbiamo consegnato lo useranno anche per noi:

“dov’è stata?” chiede Claire;

“sono stata a Parigi”

“In un solo giorno?”

“Sono stata da Delacroix… ha tenuto il tuo scialle”

“ma era per lei!”

“me lo ridarà, sta tranquilla… non è facile che uno come Delacroix prenda il tuo primo lavoro!

 

Serve il tempo per cambiare e questo il ricamo lo insegna. Il ricamo insegna anche a guardare lontano e che si possono sognare figure su un telo bianco. Il tempo può essere forzato solo appena perché ogni volta che si forzano i processi comunque “non si cessa di obbedire alle leggi naturali” (Bodei, 2001, 45). Quando hai ancora il viso da bambina ed un bambino che cresce nella tua pancia hai bisogno che qualcuno ti insegni che il tempo ha un suo ritmo e i fatti della vita una loro scansione “volevo finirlo entro questa mattina…. Ma si è strappato”. M.me Melikian sorride dal suo letto: “Hai sbagliato… ma si può riparare!” E’ proprio quello che Claire non sapeva, ma sperava: che una madre si potesse accorgere della tua pancia e dirti che si può sbagliare e riparare, ma tua madre guarda in alto e nonostante il tuo profilo non vede la pancia cresciuta perché continua a vederti bambina. A che serve che ti abbia appena detto: “perché non ne hai parlato con me?”. Le cose importanti si sentono e si vedono; è stupido che debbano dirsi. La signora Melikian ti potrà dare un posto, vicino a quello lasciato da un figlio morto; ma non sarà lo stesso posto, sarà il tuo e di nessun altro, preso a nessun’altro. L’incontro è fra due donne che hanno bisogno di mettere la vita laddove la vita è stata strappata o non ha ancora posto. Ma, come un incontro d’amore, bisogna che accada con la giusta lentezza:

“Cos’è questo rumore?”

“questo è il battito del cuore….Vuoi saper il sesso?”

“me lo scriva su un biglietto”.

L’amore verrà dopo. Crescerà col bambino nel tuo cuore insieme alla tua pancia ed avrà gli occhi e le mani timide di Guillaime. Lui ti rincorrerà quando tu scapperai sentendoti sconfitta e ferita, ti prenderà dalle spalle e finalmente ti bacerà la fronte e le guance e le labbra: “di che cosa hai paura?” Gli chiede Claire. “Ho paura di toccarti” e lei gli guiderà la mano dove il suo corpo attende una carezza leggera che possa ancora venire da fuori.

Adesso cominceranno a ricamare un nuovo telo, ma questa volta ci saranno i colori. I colori del rosso, della passione, dell’amore, del sangue… il telo sarà bellissimo, ma ancora una volta faticoso… ci vorrà molto lavoro e molto tempo e loro rimarranno rinchiuse in una stanza a ricamare teli dalle grandi dimensioni: “ora siamo una bella squadra noi due… dobbiamo finirlo per domani mattina!”; “ma come farete fino a domani?”; “lavoreremo tutta la notte se sarà necessario”. Ma sotto l’arazzo ci sono le gambe di Claire e Guillaime potrà finalmente avvicinarsi. Entrambi sanno che si tesse un’altra storia.

Non è vero che l’amore scoppia in un attimo: quello è un sogno che improvvisamente si svela e cerca qualcuno che lo insegua. L’amore è una cosa, le storie d’amore sono altra cosa. Esse hanno bisogno di tempo perché gli elementi in gioco devono incontrarsi, riconoscere, essere riconosciuti e quindi modificarsi. Le storie d’amore hanno bisogno di tempo perché l’amore trasforma la mente, la vita, le persone. Ciò che hai dentro col tempo diviene familiare perché è stato possibile trovargli posto. Il percorso di Anna Maria che da anni seguo al servizio è stato un percorso che potrei definire alla ricerca di un posto per parti di Sé che la sua brillante carriera non aveva mai contemplato. Ai nostri primi incontri, dopo numerosi ricoveri e dopo che per questo le era stato tolto il figlio affidato al padre, il posto era inospitale: “questo posto fa veramente schifo! Come si fa ad accogliere delle persone in un seminterrato umido e brutto e con le sbarre alle finestre? E’ indecente!”. Da qualche tempo il posto è sentito accogliente: “è bello, qui… c’è luce!”. Quando Guillaime ti ha accarezzato, allora puoi sapere e finalmente accettare che il bambino sarà una bambina: “ho deciso di dirlo a mia madre!”; “A che serve dirlo a tua madre se non vuoi tenerlo?” le risponde M.me Melikian. Le due donne ancora una volta non hanno bisogno di parole e il sorriso di M.me Melikian dice che quello che Claire ha deciso è qualcosa che non esisteva prima e che solo attraverso il loro incontro ha finalmente trovato posto.

 

“Brasilia sta aspettando che qualcuno venga a viverci”

(Bion, 1975)

 

 

 

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

"The Substance" di C. Fargeat. Recensione di A. Buonanno

Leggi tutto

"Berlinguer. La grande ambizione" di A. Segre. Recensione di R. Valdrè

Leggi tutto