Autore: Pietro Roberto Goisis
Titolo: Latin LOVER
Dati sul film: regia di Cristina Comencini, 2015, I, 114 min.
Trailer:
Genere: Commedia
Trama
Saverio Crispo, il grande attore del cinema italiano, un genio, come lo definisce il critico Picci, è morto dieci anni fa. Le sue quattro figlie, avute da mogli diverse in altrettante parti del mondo, si radunano nella grande casa del paesino pugliese dove l’attore è nato. La maggiore, la figlia italiana con il compagno di cui è fidanzata clandestina. La figlia francese, con il più piccolo dei tre figli avuti da tre padri diversi. La figlia spagnola, l’unica sposata, con un marito impenitente traditore. E l’ultima figlia svedese che non ha quasi mai visto il padre. Ci sono anche le due vedove, la prima moglie italiana (una soave Virna Lisi, cui il film è dedicato, nella sua ultima interpretazione), che se lo è ripreso e curato in vecchiaia, e l’attrice spagnola che lo ha sposato ai tempi dei western all’italiana. Nessuna delle figlie ha conosciuto veramente il grande padre che ognuna ha mitizzato e amato nelle epoche diverse della sua trionfale carriera. Nel mezzo dei festeggiamenti, quando ancora è attesa la quinta figlia (ma è davvero l’ultima…?), l’americana riconosciuta con la prova del DNA, irrompe invece Pedro del Rio, lo stunt-man che pare conoscere l’attore meglio di chiunque altro. Tra conferenze stampa, proiezioni, rivelazioni notturne di segreti, le donne del grande divo rivaleggiano, si affrontano, in un crescendo di emozioni e situazioni tragicomiche. (da Wikipedia)
Andare o non andare a vedere il film?
Se potessi dare un nuovo titolo al film, lo chiamerei “Movie LOVER”.
È un film che deve assolutamente essere visto da chi ama il cinema. Si tratta di un omaggio passionale e raffinato, seppure nei toni della commedia, al cinema italiano, quello degli anni del suo splendore. Cristina Comencini, come si sa, è cresciuta dentro questo cinema e in questo film lo ripercorre e lo rivisita attraverso un originale soggetto scritto insieme alla figlia. Può darsi che alcuni momenti del film, qualche passaggio meno riuscito, possano evidenziare un po’ di lentezza e di dispersione. Un cast eccezionale, si può ben dire, di attori lo rende comunque sempre estremamente piacevole e coinvolgente, fino a un punto nel quale diventa travolgente. Si naviga tra verità e finzione, come nella migliore tradizione cinematografica, ci si commuove, ci si emoziona, si prova un intenso sentimento di nostalgia, anche ammirazione, per alcune reinterpretazioni di spezzoni del grande cinema italiano. Saverio Crispo è nel film l’emblema del nostro cinema. E’, per definizione, “l’attore”. Uno per tutti.
La versione di uno psicoanalista
Se potessi scegliere un film simbolo dello spazio cinema di spiweb, probabilmente, in questo momento, metterei questo.
Il film, infatti, esce nelle sale italiane giovedì 19 marzo, San Giuseppe, Festa del Papà.
Se la cosa è voluta, è un colpo di genio. Se no, conferma ancor più l’esistenza dell’inconscio.
Come afferma Cristina Comencini: “Si parla di un attore, ma anche di un padre, che per le donne è sempre un mito. Ma non si deve guardare al passato, nella vita si deve guardare al futuro. E serve quel po’ di follia, che è nel cinema, per superare dei rapporti che a volte possono essere asfissianti.”
Alcuni anni fa, all’Epff 2 di Londra 2003, con Lisa Marchiori e Massimo De Mari, presentammo un lavoro “Di padre in figlio”, nel quale analizzavamo il cinema di Luigi Comencini e delle sue figlie, Cristina e Francesca. Il film, per certi versi, me l’ha fatto ricordare.
Soprattutto nella sua capacità, come appena letto, di guardare avanti, di appoggiarsi al passato, ma senza indulgenza e senza inibizioni, piuttosto traendone lo slancio per andare nel futuro.
È un film del quale ogni psicoanalista può dire qualcosa di sensato, sicuramente ne potranno dire molto le psicoanaliste, ma anche gli psicoanalisti, padri o figli che siano o siano stati. Nel racconto esiste anche uno psicoanalista vero e proprio … anche se solo in contatto telefonico!
Sul versante simbolico, a me piace ricordare il personaggio forse più emblematico, il fidanzato clandestino della prima figlia, di professione montatore. Come non vedere in lui, in certi passaggi, “una figura analitica sullo sfondo”, tra discrezione e consapevolezza, tenuta del segreto e contenimento, pazienza e scelta del timing? A un certo punto, verso la fine del film, la compagna gli si rivolge dicendogli: “devi rimontare tutto”. Parla della loro vita, ovviamente. E’ un passaggio, finalmente, liberatorio.
Come ho già avuto modo di argomentare in altre occasioni (ad esempio scrivendo di “Un’ora sola ti vorrei” di Alina Marazzi, http://bit.ly/1MMeScN), ho spesso pensato che ci siano molte analogie tra la professione del montatore e quella dello psicoanalista. Qui ne ho trovato un’altra conferma.
E, infine, è noto che a noi piacciono moltissimo le storie…specie se un po’ complicate e complesse. In “Latin LOVER” ne troviamo un buon esempio!
Ps. Eventuali perplessità sui toni entusiastici nei confronti di un film non ancora nelle sale possono essere spiegati con l’aver assistito ad un’anteprima pubblica alla presenza della regista, del cast quasi al completo, di soggettisti e produttori. Come non innamorarsene?
Marzo 2015