Cultura e Società

La strada

16/02/12

Corman McCarthy La Strada 2007 Einaudi

La Strada, regia di John Hillcoat

Un padre, un po’ di tempo fa, mi ha posto una richiesta singolare, voleva far leggere al figlio dodicenne un libro sull’adolescenza per prepararlo.. – A che scopo?- gli ho chiesto- l’adolescenza si vive in diretta non per commissione, il libro leggilo tu se ne senti il bisogno…- e gli ho consigliato ” La strada”, il romanzo ormai di culto di Corman McCarthy, Premio Pulitzer nel 2007, in versione cinematografica (2010) “The Road”, regia di John Hillcoat.
La scelta di quale linguaggio sia più evocativo, narrativo e cinematografico, la riservo alla sensibilità personale del lettore, di chi andrà a cinema a vedere il film, o di chi farà entrambe le cose, e ne ricaverà un giudizio estetico ma prima di tutto un’esperienza emotiva.
Quello che serve, infatti, alla funzione mentale in progress per poter Immaginare, Raffigurare, Rappresentare l’adolescenza, è sottolineare il legame d’amore padre- figlio, che viene narrato e rappresentato, nel percorso illustrato da The Road.
E’ un amore estremo, ultimo, terribile in un mondo desolato ed apparentemente senza speranza. E’ una storia d’amore, in cui i protagonisti non si dicono mai quanto si vogliano bene ma agiscono il loro amore nel modo di parlare e di guardarsi.
E’ un legame emotivo che nasce e cresce con l’avvento sulla terra di una catastrofe misteriosa: un incidente nucleare, l’impatto di un meteorite, l’implosione del sole, che corrisponde al disastro più incommensurabile per un bambino, la perdita fisica e psichica della mamma, che lo abbandona nel libro quasi subito, nel film quando è più grandicello.
Il cuore mi è stato strappato la notte in cui lui è nato, è una delle poche frasi della madre, che emerge dai ricordi del marito e sottolinea la disperazione che precede la scomparsa volontaria della donna, che ha perso la fiducia negli uomini e nel futuro e s’allontana nella notte, per morire da qualche parte nell’oscurità.
E’ il quadro terrificante dell’apocalisse ma sulla scena rimane il padre con la sua presenza e pazienza, la sua capacità, attenzione e sensibilità ai bisogni del figlio.
Non è importante comprendere la causa della catastrofe ma solo seguire il percorso dei protagonisti e lo stabilirsi, di giorno in giorno, di un legame emotivo sempre più saldo fra loro, che costituisce la base sicura, che li protegge e gli consente di non perdersi, come invece, è accaduto alla madre, di non farsi soverchiare dall’angoscia catastrofica e dalle forze distruttive del cambiamento.
Il padre prova a mantenere la speranza e il calore umano in un viaggio verso sud, camminando fra i resti desolati del passato, tentando di strappare ogni giorno se stesso e suo figlio alla follia, cercando di rivendicare per entrambi un senso alla vita.
Un uomo ed un ragazzino di undici anni, armati unicamente dalla forza del loro profondo legame, unica ricchezza che gli rimane, sono soli in un mondo buio, dove i sopravvissuti sono in preda a pulsioni primitive, dove dominano la paura ed il terrore, le orde cannibaliche si divorano a vicenda e le madri si nutrono dei loro stessi neonati.
E’ un bambino, precocemente maturo, capace di preoccuparsi per chi incontra lungo la sua strada: un coetaneo forse, un vecchio cieco (sembra di ascoltare in questo personaggio le parole di Sofocle nell’Edipo a Colono:”Il senso di quel paradosso che è la vita: l’essere nati per morire. L’uomo felice è quello mai nato.”), di avere pietà perfino di un ladro, e che non dimentica niente perché spiega l’autore “ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare”(pag.10).
Alla fine anche il padre scompare ma il bambino è cresciuto è diventato quasi un ragazzo, il padre ha compiuto, per quanto umanamente possibile, il suo compito, aiutandolo a trovare dentro di sé la capacità di prendersi cura di se stesso, di iniziare ad elaborare il trauma, preservandolo dall’ansia persecutoria del caos dilagante e fornendogli la capacità di stare da solo ( pag 211):
-L’uomo gli prese la mano, ansimando. Devi andare avanti, disse. Io non ce la faccio a venire con te. Ma tu devi continuare. Chi sa cosa incontrerai lungo la strada. Siamo sempre stati fortunati. Vedrai che lo sarai ancora. Adesso vai. Non ti preoccupare.
Non posso.
Non ti preoccupare. Questo momento doveva arrivare da tempo. E adesso è arrivato. Continua ad andare verso sud. Fa’ tutto come lo facevamo insieme.
Fra poco ti passa papà. Ti deve passare.
No, non passerà. Tieni sempre la pistola con te. Devi trovare gli altri buoni, ma non puoi permetterti di correre rischi. Niente rischi. Capito?
Voglio restare con te.
Non puoi.
Ti prego.
Non puoi. Devi portare il fuoco.
Non so come si fa.
Si che lo sai.
E’ vero? Il fuoco, intendo.
Sì che è vero.
E dove sta? Io non lo so dove sta.
Sì che lo sai è dentro di te. Da sempre. Io lo vedo.
Portami con te. Ti prego.
Non posso.
Ti prego papà.
Non ce la faccio. Non ce la faccio a tenere fra le braccia mio figlio morto. Credevo che ne sarei stato capace, e invece no.
Hai detto che non mi avresti mai lasciato.
Lo so. Mi dispiace. Hai tutto il mio cuore. Da sempre.Tu sei il migliore fra i buoni. Lo sei sempre stato. Quando non ci sarai più potrai comunque parlarmi. Potrai parlare con me ed io ti risponderò. Vedrai.
E riuscirò a sentirti?
Si mi sentirai. Fa come se ci parlassimo con la mente. E allora vedrai che mi senti. Ci vorrà un po’ di allenamento. Ma non ti arrendere. OK?
Ok
Ok
Ho tanta paura papà.
Lo so. Ma vedrai che andrà tutto bene. Sarai fortunato. So che lo sarai. Adesso è meglio che smetto di parlare, altrimenti ricomincio a tossire.
Va bene, papà. Non c’è bisogno che parli. Non ti preoccupare.-

La prosa è asciutta, e viene ripresa nel film, quasi integralmente, con solo qualche deroga, per alleggerire la terrificante atmosfera. L’autore non usa le virgolette, perché, verrebbe da interpretare, la punteggiatura blocca, separa ed il legame, invece, senza virgolette emerge più solido, più forte, più ricco di convergenze, in un dialogo intrecciato a voci nude ed a mente, come poi continuerà nel futuro, in un gioco di identificazioni ed ascolti reciproci, in un insieme di probabili sviluppi psichici che cominciano a evolvere. Così è, quando funziona, il dialogo, muto talvolta, fra genitori e figli, una presenza interna a cui fare riferimento nel momento del bisogno.
Anche la scena del film è scarna, grigia, con pochissime sfumature, evocativa. Si succedono i flash: il padre di fronte ad un pianoforte in una casa abbandonata, preme qualche tasto e con quelle note ricorda al figlio che sua madre lo suonava davvero bene, rendendo viva l’immagine lontana della donna e del loro legame triadico passato, offrendo uno spazio, un limite ed un confine per la creazione del mondo interno del figlio.
In questi dialoghi, conversazioni naturali ed autentiche fra padre e figlio, di cui vi sono numerosi esempi nelle pagine del libro e del film, si ritrova l’essenza della funzione paterna, che dovrebbe riuscire a creare un clima di fiducia e sicurezza di fronte all’imprevedibile. Il padre, infatti, prova a contenere la sofferenza depressiva, ponendo un limite all’orrore del mondo, e consente al ragazzino di andare oltre la dipendenza e a proiettarsi nel futuro che verrà, superando la tragedia contingente. Attraverso la morte del padre il figlio, identificandosi introiettivamente in lui, può accedere alla speranza, che permette di fronteggiare le conseguenze delle proprie azioni, apprendere dall’esperienza e pensare.(Meltzer 1983).
L’autore commenta che molti dei dialoghi del libro sono mutuati direttamente da conversazioni con il figlio, coetaneo del giovane protagonista, e da domande spontanee che lui gli ha posto, messe in bocca, appunto, al ragazzino del libro.
Abbiamo un padre che ascolta ed un figlio che s’interroga…in un’atmosfera emotiva intima, commovente dove il silenzio e la desolazione grigia dei luoghi, più evocativamente drammatici in effetti, nel libro più che nel film, fanno da sfondo alla relazione.
A cosa serve, quindi, la lettura di La Strada o la visione di questo apocalittico film?
“Si può anche seguire la lettura come fosse quella di stati mentali, aree di turbolenza e disperazione” (1) di ognuno di noi. I film che esplorano le angosce sulle catastrofi naturali o provocate dall’incuria degli uomini, anche epidemie o trasformazioni mutanti del corpo, rivestono, inoltre particolare fascino sugli adolescenti, perché oltre a riflettere l’ubiquitaria paura dell’ ignoto sottolineano l’angoscia per i cambiamenti corporei e psichici legati alla crescita adolescenziale e alla discordante lettura del mondo.
Cosa succede quando si diventa adulti e si affronta la vita su- La Strada-?
Perché aggiungere altro orrore alle nostre quotidiane angosce?
Qual è il posto di questo libro-film-sogno rispetto ai tempi duri attuali dove non ci sono più valori in cui identificarsi ed in cui i ragazzi rischiano di perdere se stessi, tra squadre di cannibali, veri o metaforici, e pericoli di ogni tipo?
Il padre de La Strada recita in uno dei suoi monologhi:
…quando non mi resta altro provo a sognare i sogni del ragazzo
…poi trovano uno scarafaggio, una prima forma di vita, che vola via.
Il padre si assume la responsabilità del figlio, è garante della sua vita, non ha paura di indicargli un percorso, difficile e doloroso, che lo porterà a mettersi alla prova da solo. Decide, dolorosamente, di non portarlo con sé nella morte, accettando le incognite sul suo futuro per farlo vivere, e in questo modo non lo perde e non si perde il ragazzo e l’esperienza del padre, perché continua a vivere in lui.
Gli adolescenti hanno bisogno di adulti che non abbiano paura dei cambiamenti anche se si tratta di coinvolgersi in esperienze intensamente traumatiche, hanno necessità di genitori che con il coraggio, la coerenza e la fiducia nella vita dimostrino di poter comprenderli e gli diano prova, che si può andare incontro al futuro quanto più imprevedibile esso sia.
– Il futuro è una partita a snakes and ladders-(Bion 1977), non si sa mai che sorpresa possa arrivare.
La capacità di andare verso l’ignoto, forse accettando anche di perdersi in un mondo talvolta frammentato, con la fiducia che, prima o poi, si ritroverà la strada maestra, ed un po’ di calore dentro di sé, anche quella mamma che il giovane protagonista ha perso all’inizio della storia e che poi per certi aspetti ritrova,
Quando la donna lo vide lo abbracciò e lo tenne stretto. Oh, gli disse,come sono contenta di vederti (Pag 217),
per tornare, infine, a La Strada,(libro e film), costituisce, infatti, una delle caratteristiche del Percorso analitico e rappresenta uno dei Compiti evolutivi fondamentali dell’adolescente.

(1) Vedi Scansani A.,La strada,le strade. Narrazioni da un luogo familiare. Letto al Centro Psicoanalitico di Roma il 28/1/2012

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