Cultura e Società

La pazza della porta accanto

6/10/14

Conversazione con Alda Merini

regia di A. De Lillo (2014)

produzione Marechiarofilm

commento di Sabrina Gubbini

Nel giugno 1995 venne realizzata un’intervista durata due giorni nella casa milanese di Alda Merini durante la quale l’artista, attraverso un dialogo diventato poi un monologo in fase di montaggio, racconta di sé, del suo mondo poetico e dell’arte. Da quel primo lavoro nacque “Ogni sedia ha il suo rumore”, prova più sperimentale e avanguardistica nella quale il materiale era intervallato dalle performance di Lidia Maglietta che proprio in quel periodo portava sulle scene “Delirio amoroso”.
Diciotto anni dopo, nel 2013, attraverso la tecnica del found footage (tecnica che permette di assemblare e rimodellare in una nuova forma il girato preesistente) la regista ricostruisce integralmente quell’incontro. Il risultato è un misurato e intenso sguardo, rispettoso e intimo insieme, dell’autrice nota per la sua ricca ed eccentrica biografia.
Alda Merini si è definita “la pazza della porta accanto” nel volume in prosa pubblicato da Bompiani nel 1995, Antonietta De Lillo ha scelto lo stesso titolo per la sua conversazione con la poetessa dei Navigli. Una narrazione intima e familiare, oscillante tra pubblico e privato, che si sofferma sui capitoli più significativi della sua esistenza – l’infanzia, la sua femminilità, gli amori, la maternità e il rapporto con i figli, la follia e la sua lucida riflessione sulla poesia e sull’arte.
Le immagini degli esterni sono di Luca Musella, quelle devote, tutte primi e primissimi piani, sono di Cesare Accetta; le sequenze sono ritagliate, ingigantite, allontanate e avvicinate con la consulenza della montatrice Valeria Sapienza, mentre la melodia inquietante eppure affascinante di Philippe Sarde (La vie devant soi) avviluppa con calore il tutto. In fondo, sui titoli di coda, Ascanio Celestini intona una sua canzone, striata di umorismo nero.
In una stanza disordinata, contigua alla camera da letto, tutta imbrattata con le scritte gigantesche sulle pareti (che qui non vedremo) la poetessa racconta, non senza momenti di blasfemia pura, coraggiosi per un’artista sedicente religiosa, la propria vita. I traumi di un’esistenza mortale trovano una radiografia accurata, spietata e imbarazzante.
Si parla di tutto. Interventi densi, saggi, massime a volte frutto di uno stato di trance, con passaggi improvvisi all’invettiva, di una dolcezza furibonda e di una crudeltà inaspettata.
Viveva sola, i suoi mariti erano tutti morti, i suoi ventisei amori svaniti, anche le figlie le erano state portate via, ma per fortuna ci sono i giovani che la assistono, più dei coetanei. Danno e ricevono. “Ovvio che vengano da me. Ho settant’anni, molta più esperienza, la vecchiaia mi piace….Avrei voluto diventare una psichiatra, una psicoanalista o una imbalsamatrice, mi piacciono molto i lavori che mettono a contatto con la morte “.
Il volto di Alda Merini, i dettagli degli occhi, delle mani, del suo corpo, compongono un ritratto senza nascondere le contraddizioni che ne hanno caratterizzato la vita e le opere, riflettendone la grandezza artistica e umana.
Il film, prodotto dalla casa di produzione Marechiaro, è stato presentato per la prima volta alla 31a ed. del TORINO FILM FESTIVAL. La proiezione che vedremo l’8 ottobre nella sede romana della SPI è l’occasione per vedere un film che non è stato ancora distribuito nelle sale, ma che merita la nostra attenzione; a seguire, ci sarà un commento della dott.ssa Rosa Spagnolo e la presenza della regista.

Ottobre 2014

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