La parte degli angeli ( G.B. 2012)
Regista: Ken Loach
Presentato al festival di Cannes 2012
Premio della Giuria al Regista
Trailer :
Giudizio: 3 stelle
Recensione-Trama
Fierezza, durezza sono le modalità sociali e relazionali attraverso le quali viene esaltata la terra libera di Scozia che, non a caso, ha come particolarità nel suo stemma, il fiore del cardo che sorge nella brughiera e respinge chi lo volesse raccogliere perché particolarmente spinoso. Spinosi, duri, primitivi e indomabili sono anche i rapporti interpersonali di una parte della società di giovani che il film prende come protagonisti: quattro piccoli delinquenti dediti al furto, fruitori di droghe e tutti provenienti da famiglie multiproblematiche; finiscono in un gruppo che dovrà dedicarsi ai lavori sociali per redimersi; avranno accanto una buona figura “paterna” nell’assistente sociale che li seguirà e darà loro una ulteriore possibilità di vivere un’esistenza senza eccessi.
Il film è ambientato tra Glasgow e le distese delle Highlands, terre dove l’whisky è una produzione non solo importante per l’economia di quelle terre, ma è un liquore che è parte integrante dell’identità nazionale. La “parte degli angeli” è quella parte di whisky che ogni anno evapora e viene chiamata così con una frase delicata e un poco magica. Sarà anche questa magia/furbizia/scaltrezza che permetterà al principale protagonista di ideare un piano delinquenziale, ma anche ironico, per riprendere in mano con autonomia la sua vita e quella della ragazza che ama. La svolta risolutiva sarà, da un lato, il provare teneri e dolci sentimenti di affetto e protezione per il figlio neonato e dall’altra l’ideazione di un inganno boccaccesco e divertente perché mette in ridicolo chi, per il denaro che possiede, ma senza una cultura scozzese che lo sostenga, pagherà un milione di sterline un barile di liquore ambrato…..
Specifico Psicoanalitico
La paternità e i sentimenti di grandiosità che essa provoca uniti alla forza che essa genera per pensare alla protezione della partner e del bambino, sono il motore che permette al protagonista, allevato nella violenza, ma probabilmente in grado di saper ancora amare, di trovare la soluzione al suo problema: dare stabilità al suo presente e di tutelare la sua famiglia, la famiglia che Robbie si è formato e che lui desidera ardentemente che sia diversa da quella da cui è partito. Una possibilità trasformativa attuata. Il regista non ci dice se Robbie saprà accontentarsi di questa occasione per rientrare nella normalità sociale, ma lo spettatore ha la sensazione che potrebbe essere così. La particolare sensibilità gustativa, dotazione genetica, gli permetterà di inserirsi in un ambiente in cui l’uso e la produzione dell’alcool sarà portatore di lavoro e non solamente di patologica dipendenza. E’ questo un punto di vertice originale e diverso che comunica la potenzialità terapeutica di una ulteriore possibilità esistenziale attraverso affetti teneri e lavoro concreto.
Perché andare o non andare a vedere questo film
E’ un film gradevole, semplice nella trama e insieme acuto nella descrizione dei personaggi. I dialoghi sono, a volte, divertenti e la vita del protagonista può diventare una commedia sebbene il suo inizio sia stato tragico e lui può definirsi un uomo segnato dal destino. Siamo messi di fronte a uno spaccato di vita giovanile che è ai margini della società cosiddetta civile, giovani che vivono alla giornata, non hanno niente da perdere anche se rischiano spesso e tanto. Si ingegnano con arguzia e sopravvivono per questo talento di aggrapparsi alla vita con una forza di sopravvivenza che li salva anche nei momenti più difficili. Una brillante idea di un giovane sposta l’asse della possibilità che l’uso dell’alcool sia solo dannoso per l’individuo…e fa diventare l’ambrato liquore scozzese una forma di riscatto. E’ il sogno che diventa realtà? Può essere! Perché la speranza non deve mai morire.