Cultura e Società

Il signor Diavolo di P. Avati commento di A. Moroni

30/08/19
Il signor Diavolo di P. Avati commento di A. Moroni

Autore: Angelo Moroni

Titolo: Il signor Diavolo

Dati sul film: regia di Pupi Avati, Italia, 2019, 86’

Genere: Horror, Mistery, Thriller

 

Roma, 1952. Il giovane ispettore del Ministero di Grazia e Giustizia Furio Momenté viene convocato da un suo superiore per una missione in Veneto. Nell’entroterra veneziano, un ragazzino di nome Carlo ha ucciso un coetaneo, convinto che fosse posseduto dal diavolo. Per motivi politico-elettorali la questione va trattata in modo da evitare scandali che ricadano su sacerdoti e suore coinvolti nella vicenda. La madre della vittima è una donna molto potente, da sempre sostenitrice della Democrazia Cristiana ma, dopo l’uccisione del figlio, sta assumendo una posizione assai critica nei confronti della Chiesa e di chi politicamente la sostiene. Compito di Momenté è quello di chiudere velocemente il caso, evitando che esponenti del clero locale vengano portati a processo. Durante il lungo viaggio in treno da Roma, Momenté studia i verbali degli interrogatori condotti dal Giudice Istruttore, a partire da quello di Carlo. Arrivato in una Venezia cupa e impregnata di  segnali inquietanti, il giovane ispettore deve fare i conti con verità scomode, nonché con una cultura contadina intrisa di superstizione e violenza.  Pupi Avati torna al suo vecchio amore per il genere horror gotico rurale, filone che a più riprese il regista ha frequentato nella sua lunga carriera (vedi “La casa dalle finestre che ridono”, 1976; “L’arcano incantatore”, 1996; “Il nascondiglio”, 2007”). In quest’ultimo suo film, dalla fotografia scabra, asciutta, appositamente ipoilluminata per creare un’atmosfera sinistra e macabra, confeziona un “gotico padano” che ci ricorda lo stile di Eraldo Baldini (2003), e che si presta a differenti chiavi di lettura. L’ambientazione, tutta filmata inlocationsperiferiche e lagunari, tra Gorizia e Grado, in una sorta diFar Eastitaliano abbandonato a se stesso e alle sue ancestrali ritualità magico-animistiche, ricostruisce fedelmente la cultura contadina post-bellica italiana degli anni ‘50.Si tratta di un film che potremmo definire come un “oggetto enigmatico”, decisamente perturbante, se non a tratti disturbante, nel suo far regredire volutamente lo spettatore ad un’epoca della storia italiana che non siamo usi frequentare o rivisitare. Ad Avati interessa utilizzare il genere horror per portare avanti una denuncia di carattere sociale e politica di più ampio respiro, agganciandola a temi attuali, che non si allontanano molto da quel tipo di cultura. Si tratta di un’accusa contro il potere, sia esso religioso sia politico, nel suo intento, atemporalmente diabolico, di controllare le coscienze, facendo leva sulle emozioni più primitive. Non molto diverso, sembra sottilmente comunicarci il regista, è sventolare un rosario in un video di Facebook per fare propaganda politica, piuttosto che credere nel Diavolo nel veneto democristiano degli anni ‘50. Il “signor Diavolo” è dunque il Potere e la sua arroganza che, come una coazione a ripetere interminabile, si ripropone nella Storia. La violenza, di cui il film è intriso, ha lo scopo di piegare le masse ai voleri del Potere, attaccando il legame sociale attraverso la sollecitazione di un pensiero magico, sempre inconsciamente e transgenerazionalmente presente. La violenza del Potere politico, tende quindi deliberatamente a strutturare un pensiero concreto, magico, onnipotente: tutti aspetti tipici di un funzionamento mentale primitivo che rimanda all’Orda Primordiale. Il pensiero onnipotente viene descritto da Freud come il fenomeno psichico secondo il quale “è determinante (…) non la realtà dell’esperienza, bensì quella del pensiero” (1909).

Il concetto è ampiamente ripreso in Totem e tabù (Freud, 1912-1913), dove viene definito come la forma di pensiero primitivo che sta a fondamento della magia e dell’animismo. Questo tipo di pensiero, sembra indicarci Avati nel suo film, può ripresentarsi anche nel mondo attuale, sotto varie forme. È una forma in sé a-storica, ectopica, inconscia, muta, ma sempre operante: è da questo rischio, è da questo “signor Diavolo” che dobbiamo ben guardarci. Anche se sappiamo bene che ci sono fasi della Storia in cui pare che il Diavolo, oltre che le  pentole, riesca a fare, purtroppo, anche i coperchi.

 

Riferimenti bibliografici

 

Baldini, E. (2003), Bambini, ragni e altri predatori, Torino, Einaudi.

Freud, S. (1909), Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva,O.S.F., Vol. 6, Torino, Boringhieri, 1974

Freud, S. (1912-1913), Totem e Tabù, O.S.F., Vol. 7. Torino, Boringhieri, 1974

 

Agosto 2019

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