Dati sul film: regia di Lorraine Lévy, 2012, Francia, 105 min.
Giudizio: 3/5 ***
Genere: drammatico
Trailer:
Trama :
Joseph è un ragazzo di Tel Aviv impaziente di compiere i suoi 18 anni, partire per il servizio di leva e diventare un chitarrista rock. E’ ancora un ‘brutto anatroccolo’ dai movimenti impacciati ed una massa di capelli ispidi in testa, convinto però del suo sogno e pieno di fiducia nel futuro: trae nutrimento dalla sua vita tranquilla all’interno di una famiglia agiata, dai forti valori religiosi e culturali ebrei. La bella madre è medico, il padre è un autorevole alto ufficiale dell’Areonautica, la sorella minore è intelligente e graziosa. Fra tutti loro gesti d’amore e di comprensione.
Dall’altra parte di quel muro che ferisce la Cisgiordania con la divisione fra Israele e la Palestina, ormai a partire dalla primavera del 2002, oltre la barricata di filo spinato ed il rigido posto di blocco, un coetaneo musulmano, il bel Yacine, dal sorriso sereno e lo sguardo intenso e sicuro, pure coltiva un suo sogno: diventare medico per la sua povera comunità e per le vittime di guerra. Anche la sua famiglia si regge su solidi principi e, pur vivendo in modeste condizioni, non teme i sacrifici necessari a mantenere gli studi del ragazzo a Parigi. La madre segue con serenità e dolcezza i figli e la casa, il padre ingegnere, che la guerra ha ridotto ad essere soltanto un meccanico di autofficina, esprime appieno il suo orgoglio di arabo quando suona e canta alle feste del villaggio, il fratello maggiore conta sul grande progetto di Yacine, la sorellina fantastica ancora nel mondo delle bambole che il fratello le porta dalla Francia.
A sconvolgere la vita di entrambe le famiglie saranno le analisi del sangue di Joseph per il servizio di leva che, rivelando l’incompatibilità biologica con i suoi genitori, rendono necessaria una ricostruzione: la madre araba e quella ebrea partorirono all’ospedale di Haifa nella stessa notte, in piena guerra del Golfo. Sotto un bombardamento di scud iracheni, durante l’evacuazione della nursery, avvenne lo scambio dei neonati tenuti in incubatrice, con la consegna sbagliata all’una del figlio dell’altra.
Perche’ andare a vedere il film:
Lo scambio di persone e di vita, è macchina narrativa che cinema, teatro e letteratura conoscono bene, da Howitt a Kielowski, da Plauto, a Shakespeare, a Dostoevskij ed alla quale fa qui ricorso anche la regista francese, collegandosi a sofferte vicende personali da lei raccolte fra gli stessi abitanti israeliani ed arabi di quei territori. E’ così che veniamo condotti nella questione arabo-israeliana attraverso una prospettiva più emotiva, intima, personale, calati nel profondo disorientamento che i due ragazzi ed i componenti delle due famiglie provano nel perdere le proprie coordinate identitarie di riferimento. “Non ho voluto fare un film politico-dichiara la Levy, che appartiene ad una famiglia ebrea vittima di antiche deportazioni-bensì un invito alla speranza. Ognuno di noi deve mettersi nei panni dell’Altro perché è l’unico modo per comprendersi gli uni con gli altri e vivere nello scambio e nella reciprocità”. Coerente con quanto dice, la regista ha girato il film in quattro lingue, a Tel Aviv e con un cast di attori e di tecnici francesi, israeliani e palestinesi.
Il film si sviluppa in un gioco di rispecchiamenti tra madri, padri, figli, fratelli e sorelle, in un progressivo sciogliersi della diffidenza e del sospetto, innescando un processo di conoscenza e riconoscimento di sè e dell’Altro. I conflitti interni si intuiscono dagli sguardi, il conflitto violento della guerra rimane sullo sfondo. Forse tutto troppo semplice, ma si riesce a condividere la speranza che un destino diverso possa avere inizio dal cambiamento interno di ognuno di noi.
La versione dello psicoanalista:
‘Dunque Io sono l’altro?’ Chiede sconvolto Joseph alla madre che gli ha spiegato il perchè non potrà prestare servizio di leva nell’esercito israeliano. “Je est un autre” scrive nel 1871 Arthur Rimbaud, tormentata voce di quel processo di disgregazione dell’unità e continuità del senso e del concetto di identità, che dalla fine del 1800 prepara il terreno alla nascita e sviluppo della psicoanalisi. Ne “Il figlio dell’altra” il conflitto arabo-israeliano, la guerra implacabile fra storia di ataviche incomprensioni, diviene la drammatica ed esemplare cornice per una riflessione sull’identità, che ben svela quelle dinamiche interne che permettono lo sviluppo del sentimento di identità che “si forma e si trasforma nel tempo, e lascia dietro di sè resti infigurabili dell’assolutamente Altro, dello straniero che l’Io è. Un sentimento perturbante, che include nell’identità il familiare e l’estraneo, se stesso e l’alterità” (Lucio Russo, 2009). E’ ancora Joseph che proprio dirà: ‘Sono il mio peggior nemico e devo amarmi lo stesso”.
In quest’ottica la storia di questo, che ha sviluppi a volte poco verosimili, diventa profondamente vera.
Marzo 2013