Cultura e Società

“Il capo perfetto” di F. León de Aranoa. Recensione di G. Mattei

9/02/22
"Il capo perfetto" di F. León de Aranoa. Recensione di G. Mattei

Autore: Giorgio Mattei

Titolo: “Il capo perfetto”

Dati sul film: regia di Fernando León de Aranoa, Spagna, 2021, 120’

Genere: commedia, drammatico

Julio Blanco, reso magistralmente da Javier Bardem, è un imprenditore di mezz’età che dirige la fabbrica di bilance ereditata dal padre. L’azienda, leader nel settore, si appresta a ricevere l’ennesimo premio e il film racconta i giorni che precedono l’evento.

Il ritmo della narrazione, inizialmente lento, contribuisce a creare un’attesa nello spettatore, che fin dalle prime scene non riesce a distinguere chiaramente se sta guardando un film comico o drammatico. Blanco, nel monologo iniziale in cui afferma che l’azienda è come una famiglia e i dipendenti sono come figli, risulta poco convincente: proprio mentre lo pronuncia, un suo dipendente, padre di due figli, viene licenziato.

Con il proseguire del film, s’incrina sempre più l’immagine dell’azienda-famiglia e dell’imprenditore-padre: il ritmo si fa incalzante, si viene quasi risucchiati da una serie di vicende che di comico hanno ben poco. Ma il film non si abbandona mai al tragico, come del resto non si abbandona del tutto al registro comico o drammatico. La ragione di ciò risiede, credo, nel punto di vista adottato: quello del “capo perfetto.” Si potrebbe dire, metaforicamente, che il film sia girato in soggettiva, e che la prospettiva da cui sono viste le cose sia quella di Blanco, per il quale non c’è spazio per l’altro. Il baricentro di Blanco cade completamente dentro al suo stesso perimetro, non può oscillare in quello spazio intermedio tra sé e gli altri che gli consenta di apprendere dall’esperienza. Non si dà quindi altra possibilità se non quella di un’estenuante ripetizione, resa emblematicamente nell’atto di appendere l’ennesimo premio ricevuto al muro, sulla parete colma di analoghi riconoscimenti.

Così, piuttosto che il buon padre dell’azienda-famiglia, Blanco si rivela un “padrino”: al posto del principio di responsabilità paterno mostra caratteristiche che includono lo sfruttamento interpersonale, la calunnia, il clientelismo e la menzogna.

Il titolare della Blanco Básculas non è però l’unico personaggio controverso del film, anche le sue vittime si rivelano a loro volta ingranaggi di un sistema che ha come unico fine il proprio tornaconto. È un argomento, questo, che affronta Christophe Dejours nel libro “L’ingranaggio siamo noi” (2021), in cui richiama l’attenzione sulla responsabilità individuale nei meccanismi che perpetuano l’ingiustizia sociale attraverso il lavoro, sostenendo che “l’impresa neoliberista e il sistema economico non funzionano mai per loro sola logica interna. C’è bisogno dell’apporto del lavoro vivo, che poggia sulla libertà della volontà. Bisogna dunque per forza ammettere che il sistema neoliberista, anche se fa soffrire quelli e quelle che lavorano, non può mantenere la sua efficacia e la sua stabilità se non grazie al consenso di quelli e quelle che lo servono” (p. 11). Sono tesi che prendono le mosse dalle riflessioni di Hannah Arendt (1964), e che lo psicoanalista francese ha approfondito e arricchito attraverso i suoi studi nel campo della psicodinamica del lavoro (Dejours, 2011, 2020).

Tornando al film, è interessante notare che, pur essendo incentrato sul lavoro, non accenna né alla crisi economica del 2008, né alla crisi pandemica. Solo alla crisi migratoria è lasciato spazio — ma indirettamente, sottolineando piuttosto le problematiche di integrazione e contrapposizione culturale — insieme alla crisi della paternità, già nota da tempo (Zoja, 2000).

In conclusione, quella che emerge è una tesi amara: non c’è alcuno spazio per la speranza, per il cambiamento. Questo aspetto è anche il principale limite del film, che non propone soluzioni, neppure a “buon mercato”, ed è avaro di ironia: proprio come “il capo perfetto.”

Riferimenti bibliografici

Arendt H. (1963). La banalità del male. Milano, Feltrinelli.

Dejours C. (2011). Sul lavoro: una domanda a Christophe Dejours. Rivista di Psiconalisi, 57(4), 983-1004.

Dejour C. (2021). L’ingranaggio siamo noi. Lavoro e banalizazione dell’ingiustizia sociale. Milano-Udine, Mimesis.

Dejours C. (2021). Lavoro vivo. Milano-Udine, Mimesis.

Zoja E. (2000). Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre. Torino, Boringhieri.

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