Cultura e Società

Ida

24/03/14

Dati sul film: regia di Pawel Pawlikowski, Polonia, Danimarca, 2013, 80’

Trailer:

Genere: drammatico

Trama

Siamo nella Polonia degli anni ’60. Anna (Agata Trzebuchowska) è una giovane orfana cresciuta in un convento che si accinge a prendere i voti. La Madre Superiora le comunica la necessità, prima di farlo, che incontri la sorella della madre, Wanda (Agata Kulesza), sua unica parente, che si era rifiutata non solo di adottarla, ma sino ad allora anche di vederla. Wanda è un procuratore del regime ed è conosciuta come ‘la sanguinaria’ per le tante condanne a morte emesse nei confronti dei ‘nemici del popolo’. Da lei, donna ancora affascinante ma rovinata dal fumo e dall’alcool, che riempie la sua solitudine con sgradevoli uomini sconosciuti, la ragazza scoprirà di chiamarsi Ida, di essere ebrea e che i suoi genitori sono morti a causa della persecuzione nazista. Ida esprime il desiderio di recarsi al suo paese natale per visitare la loro tomba e Wanda, che porta con sé segreti e dolori ancora inconfessabili, si propone di accompagnarla. Le due donne intraprendono un viaggio alla ricerca delle proprie radici e della propria identità, che le porterà entrambe a decidere del proprio destino.

Andare o non andare a vedere il film?

Vincitore del Premio della Critica a Toronto e del London Film Festival, questo film del regista polacco Pawel Pawlikowski si deve vedere, assolutamente. Girato in bianco e nero, con sfumature di grigio che lo rendono pieno di luce, una fotografia che trasforma ogni inquadratura in un quadro perfetto con l’uso sapiente della macchina da presa, il film trasporta lo spettatore in quello “spazio privilegiato in cui l’inconscio diffonde a pioggia i propri raggi luminosi per rendere visibile l’invisibile e pensabile l’impensabile” (G.P.Brunetta) che è il cinema. Armonizzando con rara maestria storia, immagini, parole e musica, il regista sembra procedere con la formula leonardesca ripresa da Freud “per via di levare”. Ogni elemento della narrazione filmica risulta necessario, teso a estrarre l’essenza delle due protagoniste e da queste far emergere la loro ‘umanità’ universale di sopravvissute. Per farci toccare, per dirla con René Girard, ‘le cose nascoste sin dalla fondazione del mondo’.

La versione di uno psicoanalista

Ida si muove nel mondo cauta, distaccata, mai spaventata, con lo sguardo stupito e curioso, quasi ‘senza memoria e senza desiderio’. Ida ha conosciuto, nella sua vita, il convento, le suore, Dio. La sua storia, la sua esperienza, i suoi ricordi, sono racchiusi lì dentro. Quello che ‘assaggia’ della vita ‘fuori’ le fa chiedere ‘e poi? e poi? e poi?’. La domanda dei bambini, con gli occhi lucidi, quando si legge loro una fiaba. Wanda, invece, ha fatto esperienza del mondo, e lottato per sopprimere interamente i ricordi, impietrire l’anima. Spesso barcolla ubriaca, ma guida decisa e rabbiosa la sua auto verso il proprio passato che, con le sembianze di Ida, così somigliante alla sorella, le si para di fronte. ‘Lo so chi sei’, la riconosce. Quando Ida le chiede ‘Chi sei tu?’, lei risponde ‘Ora non sono niente’. Il suo sguardo è intenso, cinico, disperato, annebbiato dal fumo di una sigaretta sempre accesa tra le dita, determinata a scoprire, a qualsiasi costo, verità che non poteva più nascondersi, con il desiderio di condividere con Ida ‘memoria e desiderio’. Si scontreranno entrambe con ‘lo strato roccioso’ di ciò che non può essere detto ma che, nell’incontro, si può mostrare. ‘Immagini, malgrado tutto’ (G. Didi-Huberman).

Marzo 2014

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