Greta Thumberg
Autori: Elisabetta Marchiori e Anna Talamini
Titolo: “I am Greta”
Dati sul film: regia di Nathan Grossman, Svezia, 2020, 97’, in streaming
Genere: documentario
“Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo”
Un venerdì, di quelli in cui ancora si poteva stare insieme e vicini, di quelli che sembra un secolo fa, un’adolescente, studentessa liceale, è arrivata in seduta con il volto dipinto di verde, quattro righe sulle guance come quando si gioca agli indiani, reduce da una manifestazione del movimento Friday For Future. Era gioiosa, vitale, e ha raccontato eccitata della sua ammirazione per Greta Thumberg, che sostiene: “Non sei mai troppo piccolo per fare la differenza”. Era stata una manifestazione pacifica, colorata, intrisa di speranza di cambiamento. Stava condividendo un’esperienza buona, si era sentita a suo agio in mezzo a tante persone – cosa per lei inusuale – e di avere un valore e uno scopo condiviso. Quella ragazzina spettinata stava chiedendo alla terapeuta di confermarle il senso di quell’esperienza, di mettersi nei suoi panni.
In tanti, alla sua età, si sarebbe voluto cambiare il mondo, che in effetti è cambiato, ma non certo secondo le speranze e i desideri di allora.
In quel momento, seduta sulla sua comoda poltrona, la terapeuta si era immedesimata con la paziente, ma si era sentita anche profondamente in colpa, complice di una sorta di “omissione di soccorso”, di non aver fatto abbastanza per rendere accogliente il nostro pianeta alle generazioni successive alla sua.
Quegli stessi sentimenti di colpa, inettitudine e impotenza si vanno amplificando di giorno in giorno in questo momento storico: non solo il riscaldamento globale è continuato a crescere, insieme a quello dell’atmosfera e dell’acqua, ma le micro-plastiche sono arrivate ovunque e i fenomeni di subsidenza hanno raggiunto livelli allarmanti. A questo si aggiunge la pandemia in corso. Risuonano quindi drammatiche e profetiche le parole che Greta ha pronunciato nel discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York del 23 settembre 2019: “Venite da me per avere speranza? Come osate!? Voi avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre vuote parole. […] Le persone soffrono. Le persone stanno morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa”.
La visione del documentario “I am Greta” oggi dovrebbe essere obbligatoria per tutti gli adulti, perché ora più che mai quel “How dare you” è un richiamo che non può rimanere inascoltato, dovrebbe essere “una spina nel fianco” e non dare pace finché non si sia fatto abbastanza.
A filmare Greta, l’attivista svedese che nel 2018, a sedici anni, ha dato il via al movimento Friday For Future, riuscendo a mobilitare milioni di persone, soprattutto giovani, nella lotta per proteggere il mondo da cambiamenti climatici che lo spingono verso la distruzione, è il regista trentenne Nathan Grossman. Grazie ad una segnalazione, “d’istinto” (https://hotcorn.com/it/film/news/nathan-grossman), inizia a seguirla già nelle prime fasi della sua protesta, quando se ne stava seduta come la piccola fiammiferaia di fronte al Parlamento svedese a scioperare ogni venerdì dalla scuola, senza prevedere il seguito che avrebbe avuto. In accordo con Greta e con la sua famiglia la accompagna, insieme al padre, in tutto il suo percorso durato un anno “sabbatico” per dedicarsi alla causa, parlare dei cambiamenti climatici e per denunciare i leader mondiali e con loro tutti gli adulti: “Come mai non avete fatto niente quando era ancora il tempo di agire […] Finché non vi concentrerete su cosa deve essere fatto anziché su cosa sia politicamente meglio fare, non c’è alcuna speranza”.
Greta ha incontrato personaggi politici come Macron e Obama, ha parlato al Parlamento europeo e alla Camera dei Comuni del Regno Unito, è stata ricevuta da Papa Francesco ed è approdata a New York in barca a vela, dopo due settimane di traversata transoceanica, per partecipare al vertice delle Nazioni Unite sul clima: “Non voglio essere quel tipo di persona che dice che è importante la lotta per il clima e un attimo dopo attraversa il mondo in aereo soltanto perché è più facile”.
Ma che tipo di persona è Greta? Il lavoro di Grossman, oltre a farla conoscere come attivista, ha anche questo obbiettivo: offrire un ritratto tridimensionale di una ragazza “speciale” che ha avuto un successo planetario e tanti detrattori, odiatori e complottisti addosso. Tutti – o quasi – sanno che faccia ha, ricordano il suo broncio, le sue camicette stropicciate, le treccine alla Pippi Calzelunghe e la sua Sindrome di Asperger, ma non è facile cogliere l’insieme della sua persona. Anzitutto, dice Greta, riferendosi al suo disturbo “Non direi che ne soffro, ce l’ho!”. Greta appare consapevole, riconosce i suoi limiti, i suoi sintomi (mutismo selettivo, ansia, depressione, tende a non sentire la fame, a essere ossessiva, ad avere difficoltà nelle relazioni) ed è riuscita a usarli a suo vantaggio, per portare avanti l’enorme sfida in cui si è cimentata. La Sindrome di Asperger è diventata per lei “un superpotere”, rendendola capace di dedicarsi e concentrarsi su un unico tema specifico.
Ricordiamo che Greta ha avuto la copertina del Time come persona dell’anno, è la più giovane donna nominata per il premio Nobel per la Pace, ha ricevuto il French Normandy Freedom Prize e il premio Ambassador of Conscience di Amnesty International.
Prima di questo, Greta è semplicemente un’adolescente che vuole essere vista e ascoltata, che ha paura per il suo futuro, che sfida i leader mondiali che la ascoltano stupiti e spiazzati, incassano, ma rispondono balbettando, “con parole vuote”, e non agiscono. La mancanza di attenzione e ascolto autentici da parte degli adulti, che non incarnano valori a cui fare riferimento e essere interiorizzati costruttivamente, mina lo sviluppo di un narcisismo creativo delle persone in crescita. Vediamo nel film adulti che non sono in grado di raccogliere le sfide che l’adolescente gli lancia. Greta, come il bambino della favola “I vestiti dell’imperatore”, si accorge che tutto ciò che vede è una bugia, che agli incontri in favore del clima il menù è fatto di carne e pesce, che gli adulti non sono disposti a sacrificare i privilegi che hanno in nome di un futuro che non vivranno.
Grossman riesce a filmare Greta con tatto e delicatezza in momenti di intimità, quando balla da sola, se ne sta tra i suoi peluche a casa o accarezza i suoi cani, si prepara in qualche stanzetta d’albergo in vista di un discorso o un incontro, fa preoccupare il padre perché non vuole mangiare o riposare, viaggia in treno o cerca di resistere alle intemperie in barca a vela. Sono momenti in cui si vede Greta che smette il broncio, che ride, che si irrita, che si racconta nei suoi dubbi, che si lascia prendere dalla tristezza per la sua solitudine.
Il film, presentato all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia e a disposizione in streaming su varie piattaforme, pur non avendo particolari pregi cinematografici, riesce a integrare l’immagine pubblica di Greta con quella fino ad oggi poco conosciuta di una persona con tante fragilità ma estremamente resiliente, che è riuscita a trovare uno scopo nella vita che le ha permesso di dotarla di senso e di farla stare meglio. È un film che amplifica la potenza del messaggio di Greta restituendole un’autenticità che i media offuscano, ci sfida, ci commuove e ci pone direttamente una domanda molto scomoda: che tipo di persona sono io?
Oggi più che mai gli adulti sono chiamati “ad agire come se la propria casa fosse in fiamme” e restituire il futuro – e il presente – a chi ha diritto di viverlo, ora che i ragazzi vivono in una sorta di limbo, una situazione stressante e caotica che non solo infrange il diritto all’istruzione e alla cultura, ma anche a una crescita sana, a un percorso evolutivo armonico. Una serie di studi stanno dimostrando che bambini e adolescenti, forzati a cambiamenti dello stile e dei ritmi di vita, all’isolamento sociale, alla mancanza di attività fisica, sviluppano un rischio elevato di effetti psicologici negativi, sintomi ansiosi, depressivi e del neurosviluppo. I ricercatori, sottolineando la necessità dell’assunzione di misure di contenimento del contagio, raccomandano univocamente di mettere in atto strategie efficaci nei confronti dei bambini, degli adolescenti e delle famiglie, che consentano di rendere questa esperienza meno traumatica, per proteggere la vulnerabilità delle giovani generazioni, proteggendo la loro salute fisica e mentale.
Greta Thumberg e la piccola paziente con il viso dipinto vengono a dirci che hanno il diritto di non essere espropriati del corpo e della voce, perché richiedono cambiamenti e investimenti senza produrre immediati profitti.
Dobbiamo esserne consapevoli: li stiamo “deludendo e tradendo” e “se scegliamo di fallire non ci perdoneranno mai”.
Gennaio 2021