Cultura e Società

Gravity

8/10/13

Dati sul film: Regia di Alfonso Cuaròn, USA-GB, 2013, 92 min.

Trailer: 

Genere: Drammatico/Fantascienza

Trama: La brillante dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) è alla sua prima missione spaziale, insieme all’esperto astronauta Matt Kovalsky (George Clooney) che è al suo ultimo viaggio prima della pensione. Quella che doveva essere una tranquilla passeggiata spaziale di routine per la manutenzione del telescopio Hubble, si trasforma in una esperienza catastrofica: una pioggia di detriti derivanti da un satellite russo che è andato distrutto, li investe improvvisamente mentre stanno ultimando il loro lavoro fuori dallo Shuttle. Vengono così a trovarsi soli nel silenzio dell’universo, in totale assenza di gravità. Fluttuanti nell’oscurità, non hanno apparentemente chance per salvarsi, anche per via dell’ossigeno che va via, via esaurendosi. Forse l’unico modo per sopravvivere è avventurarsi nello spazio alla ricerca della salvezza…

Perché andare a vedere il film: Appartenente a tutti gli effetti al recente filone di “fantascienza esistenziale” (vedi “Moon”, di Duncan Jones, 2009), “Gravity” si avvale di un comparto tecnico che si sposa magistralmente con una regia spettacolare, kubrickiana, per la sua attenzione quasi ossessiva al visivo come veicolo di emozioni profondamente umane. La sceneggiatura suddivide il film in due parti che stanno in un equilibrio non sempre perfetto tra loro: nella prima domina il senso del vuoto, della perdita di punti di riferimento, il senso di precarietà dell’individuo di fronte a un universo sconosciuto e ostile. La seconda parte riecheggia alcuni stereotipi cinematografici peraltro di grande pregio, come “Alien”, di Ridley Scott (1979), spostando il baricentro narrativo sul piano dell’azione, della lotta totale per la sopravvivenza, per tornare, dopo il volo di Icaro, alla madre Terra. Il film del regista messicano Cuaròn promuove riflessioni profonde, al limite del filosofico, circa i rapporti tra fragilità della condizione umana e mezzi tecnologici che cercano di spingere tale condizione oltre i suoi limiti, obbligando tuttavia l’uomo a ripensare questi stessi limiti. I due principali attori protagonisti, Sandra Bullock e George Clooney sono in grado di rappresentare molto efficacemente il faticoso percorso del desiderio umano verso una rinascita psicologica dopo un evento catastrofico e annichilente.

La versione dello psicoanalista:Il film, soprattutto nella prima parte, si presta molto bene a rappresentare le emozioni travolgenti implicate in un “cambiamento catastrofico”. Il filo rosso che lega tutte le sequenze che compongono il racconto, è l’intreccio simbolico tra l’ontogenetico e il filogenetico, là dove il trauma sottolinea la fragilità umana come conflitto eterno tra spinta all’indifferenziato e “spinta a esistere” (Gaburri, Ambrosiano, 2008). Le sequenze iniziali in cui la dottoressa Stone precipita nel vuoto cosmico roteando su se stessa rimandano infatti a un trauma della nascita che poi la sceneggiatura sviluppa come conflitto interno alla protagonista tra l’abbandonarsi alla morte oppure lottare per la vita tornando “coi piedi  sulla Terra”. Tale spunto sottolinea quindi quanto il dramma individuale della protagonista rappresenti quello universale, collettivo dell’essere umano. L’uso della “parola primordiale”, “gravity”, densa di ambivalenze e chiaroscuri perturbanti, evidenzia ulteriormente la volontà del regista di aprire un discorso sulla condizione umana, sulla sua precarietà e sul suo bisogno assoluto di legami e relazioni intersoggettive. La coppia Stone-Kovalsky, legata al cavo della tuta da astronauta, nelle sue imprevedibili e pericolose fluttuazioni nell’oscurità dello spazio, evoca le evoluzioni a tratti imprevedibili e drammatiche di certe comunicazioni emotive profonde tra paziente e analista durante passaggi difficili del processo analitico. 

Ottobre 2013   

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