Autore: Flavia Salierno
Titolo: “Fuori era primavera. Viaggio nell’Italia del lockdown”
Dati sul film: regia di Gabriele Salvatores, Italia, 2020, 75’, Festa del Cinema di Roma, Sezione “eventi speciali”
Trailer:
Genere: documentario
Ricordiamo, come voci sussurrate di fantasmi, quelle che chiamavano dalle finestre dei palazzi di Wuhan, in Cina, nel gennaio 2020. Le ascoltavamo quasi distrattamente tra le notizie di un telegiornale, forse pensando che non avrebbe mai riguardato il nostro bel Paese. Invece, il resto è storia. O meglio, ci piacerebbe che lo fosse. E Gabriele Salvatores ce la ricorda, nel film, proprio partendo dalle immagini dei grandi palazzi cinesi. Ma anche da quelle straordinarie di paesaggi sterminati che la natura ancora è in grado di donare, malgrado l’uomo. Il regista, quindi, ci porta immediatamente nel messaggio che anche vuole mandare, oltre la testimonianza di uno degli eventi più catastrofici del nostro secolo.
Ci conduce nuovamente in quello che è stato di fatto un trauma collettivo, destinato a tramandarsi alle future generazioni. Avremmo voluto scordare, infatti, andare aventi, e probabilmente lo abbiamo fatto negando il pericolo ancora in agguato. Diniego amplificato dalla collusione di chi lo utilizza per portare avanti un’illusione. O un inganno. Avremmo voluto gustarci il film di Salvatores in modo distaccato, guardando da lontano il senso di sgomento, di impotenza, di paura di fronte allo sconosciuto virus, che ha il potere di sconvolgere esistenze, abitudini, e di mettere in risalto la fragilità di un sistema intero. Il film ci ricorda, invece, tutto questo, e anche l’angoscia claustrofobica della mancata libertà. Carcerati senza aver commesso reati. Nel guardare le immagini, riproviamo tutta la grande varietà di emozioni provate durante la chiusura. Il pianto, il riso, la condivisone, la rabbia, l’appartenenza, lo sgomento, la tensione, l’abbattimento, il conforto e lo sconforto. I frame si muovono dal nord al sud d’Italia, tra i malati, i morti, i medici e gli infermieri esausti, ma anche tra momenti di ritrovato contatto con i sè persi dietro il veloce scorrere della quotidianità. O il contatto con la famiglia convivente, quando non è foriera di terribili disagi. I nomi degli anziani, morti al Pio Albergo Trivulzio, si alternano a sprazzi di risa per scene buffe da chiusura in casa. Le bare e le torte nel forno si susseguono, nel film, esattamente come le immagini che abbiamo vissuto in quegli strani mesi dal marzo al maggio 2020. La solitudine, ma anche la condivisione, l’isolamento, la ricerca dell’altro attraverso i mezzi telematici. Le terapie intensive, col silenzio assordante dei malati impegnati nelle loro dure battaglie per la vita, i canti dalle finestre, i balli sopra i tetti, la ginnastica negli spazi chiusi e spesso troppo piccoli delle case di città.
Ricordo, come tutti, credo, quando Salvatores lanciò la proposta di inviare a lui i video della propria esperienza di lockdown, per farne un’opera collettanea. “Fuori era primavera”, infatti, ringrazia tutti coloro i quali hanno contribuito a lasciare traccia di un’esperienza così unica, per renderla indelebile, e soprattutto, accessibile ai posteri che la guarderanno.
L’organizzazione del materiale, in una miscellanea tra archivio e inedito, ha seguito un ordine cronologico, dalla prima propagazione del virus in Cina, ai decreti di Conte, la fase uno, la fase due. E vede la collaborazione di istituzioni, scuole di cinematografia e vari enti. Tutto è montato rigorosamente in smart working. Il film esce nelle sale il 26 ottobre 2020, come evento speciale.
Salvatores non poteva sapere che quando sarebbe uscito il suo film, ci avrebbe trovati ancora, di nuovo, immersi nella paura dilagante.
L’angoscia si rinnova, e sappiamo bene quanto un trauma, se ripetuto, abbia ancor di più una maggiore incidenza, causando una reazione ancora più profonda. La visione del film a un Festival, quello di Roma, segnato profondamente dalla tristezza dei numeri dei positivi al virus che si triplica di giorno mi giorno. Parlando di lockdown, che emoziona ancor dei più perchè si usano i verbi al tempo presente.
Rieccoci qui, quindi, immersi nuovamente nel dubbio. Ma forse più stanchi e più arrabbiati, perchè, se anche l’ignoto può cogliere alla sprovvista, il già noto non dovrebbe arrivare di sorpresa. Sembra un gioco di parole, e vorremmo fosse solo retorica, questa che invece è nuda e cruda realtà. Fuori era primavera, quindi, solo qualche mese fa, ora ci affacciamo all’inverno, e speriamo di non farne un altro film.
Ottobre 2020