Parole chiave: pulsione, lutto, assenza, esistenza.
Autore: Giorgio Mattei
Titolo: “Ferrari”
Dati sul film: regia: Michael Mann, Stati Uniti, 2023, 130’
Genere: biografico, drammatico, storico
Della lunga vita di Enzo Ferrari (1898-1988), l’ultimo capolavoro di Michael Mann approfondisce un unico anno, il 1957.
Dopo dieci anni di attività, la fabbrica di Maranello versa in difficoltà finanziarie al punto che il suo fondatore ipotizza, per la prima volta, di venderla. Pertanto, la Mille Miglia in partenza nel mese di maggio rappresenta per la Ferrari un’ottima occasione per risanare le finanze e rilanciare la propria immagine.
Nel frattempo, le vicende lavorative si intrecciano con quelle personali del protagonista, diviso tra due donne e due figli. Dino, il maggiore, è prematuramente scomparso l’anno precedente, mentre Piero, secondogenito allora dodicenne, non è ancora stato riconosciuto.
Un possibile sottotitolo per questo film potrebbe essere “Il peso degli assenti”, che sono davvero tanti: il fratello di Enzo Ferrari, morto nella grande guerra; il figlio Dino; lo stesso protagonista, costantemente assorbito dalle proprie fantasie di corsa, velocità, e vittoria; infine, Alfredo Ferrari, padre di Enzo, che per tutta la durata del film non viene mai nominato, ma che nella realtà ha avuto un ruolo fondamentale nella vicenda biografica del pilota e costruttore modenese.
Alla riuscita del film contribuisce l’ottimo cast, complessivamente omogeneo. Convincono le interpretazioni di Patrick Dempsey e Gabriel Leone, rispettivamente nel ruolo dei piloti Piero Taruffi e Alfonso de Portago. Adam Driver interpreta il protagonista, Enzo Ferrari, in modo tecnicamente ineccepibile, pur mancando talvolta di quella complessità umana e di quella passionalità tutta emiliana che hanno caratterizzato il “Drake”. Su tutti spicca l’interpretazione di Penelope Cruz nei panni di Laura, moglie di Ferrari. L’attrice riesce a rendere magistralmente un personaggio complesso e sofferente, conferendo ad esso profondità e drammaticità.
L’impressione è che i protagonisti del film non siano tanto i personaggi di cui narra le vicende, quanto i motori ai quali Enzo Ferrari ha dedicato tutta la vita. Per buona parte della pellicola si sentono cantare i cilindri delle auto delle Mille Miglia che corrono da Brescia a Roma, per poi risalire nuovamente la penisola, attraverso il passo della Futa, dove il film ci regala un duello spettacolare che inevitabilmente richiama alla mente quello tra Gilles Villeneuve e Renè Arnoux, nel ’79.
Tutta la gara è accompagnata dalla colonna sonora di Daniel Pemberton, capace di fondere il suono dell’orchestra con il rombo dei motori, dando vita a una sinfonia dal sapore wagneriano. E, proprio come nel “Parsifal”, l’uso degli ottoni nei punti più intensi ed emozionanti del film sottolinea la sacralità del momento, lo statuto ineludibile dell’esistenza, l’attimo in cui la corsa smette di essere un’opportunità e diviene tragedia. La musica, il ruggito dei motori, lo stridore di freni e penumatici, ricordano che molto, dell’inconscio, passa attraverso l’udito (Grassi, 2022).
Il film lascia dietro di sé un alone nostalgico, perché riporta agli albori dell’automobilismo, un’epoca mitica. Al riguardo, Enzo Ferrari si domandava, nel 1962: “Chissà se i giovani di oggi riescono a comprendere l’essenza e il fascino dell’automobilismo sportivo di quei tempi”. Sicuramente l’opera di Michael Mann ci aiuta in questo sforzo di comprensione, affascinando spettatrici e spettatori di scena in scena, di minuto in minuto.
Ad amplificare ulteriormente questo senso di nostalgia è anche il fatto di percepire lo scorrere di una pulsione di vita ricca e traboccante, che sgorga dai fotogrammi in rapida successione, come le auto che negli anni Cinquanta sfrecciavano lungo la pista dell’aerautodromo di Modena. Si sente forte, nella nostra epoca, la mancanza di persone dalla statura di Enzo Ferrari.
Così, nello scorrere del tempo, che talvolta ha il suono baritonale di un motore dodici cilindri, altre volte esplode e va a pezzi come un’auto che si schianta a folle velocità lungo un rettilineo, non resta che richiamare alla memoria chi, a modo suo, ha creduto nella vita, e ha continuato a vedere in essa il riflesso delle sue “gioie terribili” (Ferrari, 1962).
Riferimenti bibliografici
- Ferrari E. (1962). Le mie gioie terribili. Bologna, Cappelli.
- Grassi L. (2022). L’inconscio sonoro. Psicoanalisi in musica. Milano, Franco Angeli.