Cultura e Società

“Ennio” di G.Tornatore. Recensione di F. Petrì

28/02/22

Autore: Fiorella Petrì

Titolo: “Ennio”

Dati sul film: regia di Giuseppe Tornatore, Italia, 2021, 150′

Genere: documentario

Una vita veramente sorprendente quella di Ennio Morricone, ricostruita con profonda ammirazione e con una eccezionale regia da Giuseppe Tornatore.

Il documentario inizia facendoci vedere il Maestro, pur in età molto avanzata, steso per terra, a fare i suoi abituali esercizi di ginnastica nel completo silenzio, cadenzato solo dal tic tac di un orologio. Tic tac, suono reale che, come tanti altri, hanno caratterizzato le sue composizioni rendendole uniche; pensiamo, ad esempio, all’indimenticabile urlo del coyote in “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone del 1966.

La narrazione della storia artistica e umana di Morricone continua nel mostralo ragazzino, costretto a seguire le orme paterne di suonatore di tromba, tradendo, così, il suo desiderio di studiare medicina. Comprendiamo che quella del conservatorio, inizialmente, fu una scelta forzata, dettata soprattutto dalla necessità di aiutare economicamente la famiglia.

Per me suonare la tromba era un’umiliazione”, svela durante l’intervista. Solo il dirottare verso lo studio di composizione, in contrapposizione timida e silente al padre, gli permette di sviluppare il suo amore per lo studio della musica, che gli ha permesso di far emergere e consolidare il suo talento di eccezionale compositore creativo.

Nel suo raccontarsi, Morricone colpisce per la semplicità, l’umiltà, la modestia del genio: si prova tenerezza nel vederlo commuoversi per i ricordi del passato. Mi è sembrato che spesso trasparisse quel vissuto di umiliazione infantile/adolescenziale sempre pronto a riemergere, quando, ad esempio, inizialmente credeva di essere considerato – e forse si giudicava – un compositore di “serie B”. Infatti si era allontanato dalla composizione accademica per dedicarsi soprattutto a quella di colonne sonore per il cinema, deludendo il suo celebre e carismatico maestro – altra figura paterna autorevole e critica – Goffredo Petrassi. E ancora, un vissuto di umiliazione si avverte nell’espressione del suo volto, quando parla del fatto di essersi dovuto confrontare con il disatteso desiderio dei ripetuti mancati conferimenti del premio Oscar, sempre sfiorati; pensiamo, per dirne uno, allo stupendo film “Mission” di Roland Joffè del 1986. Poi però gli Oscar sono arrivati: il primo alla carriera ricevuto nel 2007 per le cinquecento colonne sonore fino ad allora create e il secondo, nel 2016, a ottantasette anni, per la colonna sonora del film di Quentin Tarantino  “The Hateful Eight”. In questa occasione sorprende come, con la solita aria umile e sentitamente commossa, Morricone abbia dedicato il premio alla moglie, esprimendo tutto il suo affetto e la riconoscenza per essere stata da sempre il suo punto di riferimento nella vita e nel lavoro, la prima attenta ascoltatrice delle sue colonne sonore appena composte.

Il documentario coinvolgente e calibrato di Tornatore è un susseguirsi di frammenti di film, concerti, interviste, voci di celebri registi, attori, cantanti italiani e internazionali, da cui nasce il ritratto non solo di un artista geniale, ma anche di un uomo attento, intelligente, di poche parole, modesto, esclusivamente dedito alla sua professione, costantemente immerso nella ricerca delle potenzialità espressive del linguaggio musicale e nell’utilizzo di ardite sperimentazioni sul suono.

Bernardo Bertolucci paragona Ennio Morricone ad un camaleonte, capace di adattarsi alle immagini dei film e alla storia che raccontano. La metafora del camaleonte è stata utilizzata da Freud, che riprende in una nota le parole di Frazer : “Al pari di un camaleonte, il ricercatore non prevenuto dovrebbe cambiare colore via via che cambiano i colori del terreno su cui si muove” (Freud 1912-13, 113).

Questo mi rimanda al “metodo” del geniale compositore che, quando gli veniva chiesto di comporre una colonna sonora per un film – come si evince dal documentario – se lo “studiava” attentamente. Poi, nel suo caotico studio, associava le immagini viste e la storia, a note, suoni, rumori, versi di animali, creando nella sua mente una melodia che solo allora sarà trascritta sul pentagramma per accompagnare il racconto filmico. Ci si renderà ben presto conto che indimenticabili film non saranno soltanto impreziositi dalle colonne sonore create da Morricone, ma finiranno per venire trasformati dall’ulteriore viva voce narrante della melodia.

Il “metodo” adottato da Morricone mi sembra abbia una vaga analogia con il lavoro dello psicoanalista, dove sensibilità, soggettività, fantasia, immaginazione, associatività, nel fluire del pensiero, rendono ogni incontro con la persona di cui ci si prende cura irripetibile, contribuendo alla comprensione e alla nascita di una nuova idea di sé e dell’altro.

Morto nel 2020 a novantuno anni, pur lasciando un vuoto forse incolmabile nella creazione musicale contemporanea, il Maestro ci lascia composizioni che rappresentano delle pietre miliari dei nostri tempi per le emozioni che, ascoltandole, riescono a evocare.

Bibliografia

Freud S. (1912-1913) Totem e tabù. O.S.F., 7.

28 febbraio 2022

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