Cultura e Società

“Ennio” di G. Tornatore. Recensione di G. Riefolo

22/04/22

Autore: Giuseppe Riefolo
Titolo: “Ennio”
Dati sul film: regia di Giuseppe Tornatore, Italia, 2021, 150′
Genere: documentario

Ennio. La musica viene prima

“La musica è la mia signora”
(Duke Ellington)

La colonna visiva

L’esperienza della visione di questo film è intensa e particolare. Molta musica scopri solo
ora che appartiene ad Ennio Morricone eppure tu la conoscevi, ma non ne sapevi l’autore
e non ti era mai interessato saperlo. In questo modo, durante il film, ricomponi un puzzle
della tua vita che diventa un arazzo coloratissimo.
Mi sono accorto che seguivo il film all’incontrario. C’era prima la musica e poi le scene dei
film, le interviste o i commenti di Ennio che funzionavano come una colonna visiva alla
musica. Le interviste e le confessioni di Ennio davano spessore alla musica e potevi
collegarla ad altre musiche e a tante vicende spesso contigue: “Ennio ha ampliato la mia
visione”, dice Tarantino. Poi i fratelli Taviani che non vogliono rinunciare alla iniziale
musica che Ennio propone loro in modo accennato per Allonsanfànt (1974): ritmi che
tamburellano ed evocano una marcia. Ennio deve insistere perché ascoltino la nuova
versione e loro, increduli, ne riconoscono l’evoluzione. Io ho sentito che la nuova versione
non evocava più solo persone che marciavano, ma gente trionfale che incedeva felice
verso una meta che la musica diceva promessa. Persino Leone che chiede ad Ennio di
rubare un po’ dalla colonna di Un dollaro d’onore (Hawks, 1959) o di falsificare per C’era
una volta in America (1984) l’aria di Per un pugno di dollari (1964). Ho pensato ai pazienti
che mi chiedono, perplessi, se quella determinata scena l’abbiano già raccontata. Questa
volta ho capito meglio la mia risposta in quelle occasioni in cui invito i pazienti a ripetere
comunque quello che vogliono, perché la ripetizione in analisi può essere la felice epifania
di un oggetto nuovo che finalmente ci raggiunge, a meno che non sia una coazione che ne
è l’esatto contrario.

Accompagnamento


C’è poi il particolare dispositivo introdotto da Sergio Leone in Cera una volta in America di
girare le scene con la musica di sottofondo. Nel film vediamo la troupe che gira e la
musica di sottofondo. In questo modo tutto cambia e la tua voce, il tuo gesto deve avere
un tono e un ritmo che cerca di andare insieme (co-ire) a qualcos’altro che ti accoglie e ti
accompagna. Ho pensato ad alcuni momenti felici della mia analisi quando, puntualmente,
durante alcune sedute mattutine dall’esterno veniva la musica di un pianoforte. Spesso
questa musica prendeva il posto del mio discorso e mi fermavo ad ascoltare. In quei
momenti il clima cambiava. Per me e per il mio analista non c’era niente da mettere in
parole, ma quella musica improvvisamente si imponeva come una colonna sonora di quei
momenti: “La musica non può essere raccontata, si può solo fare e farla sentire”. La
colonna sonora cambia il film, perché ne cambia il tono e l’intensità. I protagonisti devono
solo sentire che, mentre vivono una storia, sulla loro testa si compie una melodia.

Ennio


Dopo la musica viene Ennio, l’altro protagonista che ti spiega la fatica per produrre quella
musica: “All’inizio pensavo che la musica del cinema fosse un’umiliazione… scrivendo io
volevo la rivincita”. Un analista (forse chiunque…) segue con curiosità il passaggio
conflittuale fra le due aree nettamente distinte (dissociate?) fra la musica volgare e quella
colta. Petrassi che, dopo aver apprezzato la colonna di C’era una volta in America, si
complimenta con l’allievo di sempre, ma non può accettare l’evoluzione che, grazie a
quell’allievo irregolare, si compie nella musica colta. Infatti esclama: “Complimenti per la
musica! Però avrà modo di recuperare!”. Durante il film ti accorgi che nella stessa
psicoanalisi tutto ciò che all’inizio si evidenzia come un problema, gradualmente diventa
poi una risorsa. È accaduto per il transfert, il controtransfert, per le ripetizioni, inizialmente
viste solo come resistenze fino a poter essere considerate come particolari e felici
“modalità di comunicazione” (Freud, 1913-14). Il film dice che la musica va per conto suo e
l’associazione con le scene la scegli tu e non è lineare. Peraltro, è assolutamente vero
anche per ogni analista col suo paziente: “Se un regista da la sceneggiatura a dieci
musicisti diversi ognuno farà una musica diversa dall’altro. Il problema è capire qual’è la
musica migliore per quel film e non è una cosa facile”.

Commiato


Nel film segui con triste piacere Ennio, che nel disordine del suo studio si muove dirigendo
un’orchestra che sicuramente è li e tutti la vedono, perché la vede lui. Gli analisti sanno
che ciò che è nel transfert esiste davvero in quel momento e tutto si muove ed accade
perché quella è una scena si compie adesso! Gli analisti, nonostante quello che si pensa,
vivono con i loro pazienti un infinito presente.


Aprile 2022

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