
Parole chiave: Illusione, ricerca identitaria, transizione di genere
Autore: Maria Grazia Gallo
Titolo: “Emilia Perez”
Dati sul film: regia di (J.) Audiard, 2025,130’, attualmente in sala
Genere: dramma, musical, thriller, commedia, telenovela
Sfavillante, esuberante, travolgente e multiforme: il film “Emilia Perez” del regista francese Jacques Audiard è candidato a stravincere (film più premiato ai Golden Globe, già vincitore di due premi a Cannes e molto altro ancora) e a far parlare di sé, nel bene e nel male.
Tutto questo eccesso credo sia la sua forza e il clamore anche assordante suscitato va ascoltato perché, come dice l’avvocata Rita nel film (Zoe Saldana), “ascoltare è accettare”.
Il film trae ispirazione dal romanzo “Ecoute” di Boris Razon e alterna il racconto e la recitazione al canto singolo e corale, ai ritmi della danza e a coreografie dove i corpi sono vere e proprie scenografie.
Il film racconta di una transizione di genere che diventa anche emblematica di cambiamento/i di vita, di seconde chances e trasformazioni, ricerche identitarie che intrecciano la vita di quattro donne; una cosa le accomuna: l’essere tutte imprigionate in gabbie esistenziali da cui redimersi e reinventarsi.
La storia è questa: l’avvocata Rita Mora Castro di Città del Messico ha appena vinto una causa e scagionato un cliente facendo passare un femminicidio come un caso di suicidio della moglie.
Lo spietato narcotrafficante e potente boss del cartello messicano Manitas Del Monte (una straordinaria Karla Sofìa Guascòn) la intercetta e ingaggia con una richiesta precisa: in cambio di un grosso compenso, dovrà aiutarlo a realizzare il suo desiderio di cambiare corpo e genere che non sente gli appartengano e poter così cambiare anche vita. Dovrà mutare identità, sparire e allontanare la moglie e i figli facendosi credere morto.
Manitas vuole qualcosa che forse anche lei desidera intimamente senza dirselo fino in fondo: cambiare vita e liberarsi dalla gabbia e prigione di un ruolo che non le corrisponde, sacrificando parti di sé e le sue capacità al servizio di pregiudicati, uomini di potere corrotti, delinquenti e assassini che scagiona.
Accetta perchè quella domanda di cambiamento riguarda anche lei ed è già coinvolta così come lo saranno, a ricaduta, altre vite, altre donne.
Ed è qui che si sviluppa il resto della storia che, come annuncia il primo brano della colonna sonoracantato dalla stessa Rita/Zoe Saldana, parla “di violenza, di amore, di morte. Di un Paese che soffre”.
Manitas, da boss minaccioso ma dalla voce esile e sibilante, si trasforma in Emilia, una donna affascinante e di mondo, dai modi gentili e sofisticati (sempre K.S. Guascòn, doppiata da Vladimir Luxuria); la sua non sarà solo una transizione fisica e completa di genere , ma un vero e proprio stravolgimento identitario: da boss del male ad “angelo” benefattore si umanizza e fonda un’associazione che si occupa di ritrovare i cadaveri di tutti i desaparecidos per restituirli ai loro cari e recuperarne l’identità, così come sta tentando di fare con se stessa, resuscitando parti morte e sacrificate di sé.
In questo riscatto, quasi un percorso di redenzione per entrambe dal proprio passato, anche Rita, l’avvocata dei malfattori, sarà strettamente coinvolta come sua collaboratrice.
Ma l’aspirazione ad un corpo e ad una vita diversi non può portare a piena soddisfazione, come spesso emerge dalla clinica: bisogna fare i conti con i limiti inevitabili, di un corpo e di una vita che non saranno mai quelli idealizzati e ai quali mancherà sempre qualcosa e si tratta di elaborarne il lutto. (Chiland, 2011)
Non si è più quelli di prima, ma neanche del tutto quello a cui si anela e ci si sente “a metà”; Emilia ce lo dice con le note dolenti di una canzone: “metà lei, metà lui; … metà dentro, metà fuori; metà tutto, metà niente”.
In lei riemerge struggente la genitorialità e le mancano i due adorati figli: li richiama a sé fingendosi una parente.
La canzone con cui il figlio di Emilia riconosce in lei l’odore del padre che tanto gli manca è di un lirismo commovente: “l’odore di montagne, di caffè, di cibo piccante, di olio del motore… Di sassolini roventi per il sole, del sigaro di quando ci hai abbracciati l’ultima volta”.
Il passato fa quindi irruzione nella vita di Emilia, non esente da pericoli sia reali, sia psichici, di destabilizzazione: tra desideri realizzati in parte o inappagati e struggenti rimpianti.
Non voglio spoilerare ulteriormente la trama e il suo finale, ma vi lascio ad un film che non ha solo come tema il transgender ma è esso stesso transgender, fluidità e commistione di generi e di stili narrativi: musical, thriller, melodramma, tragedia, telenovela dove le parole transitano nelle canzoni (ora dolenti, ora gioiose, ora di denuncia) e poi ancora nel ritmo dei balli e di grandi coreografie. Un film potente e al contempo delicato, “tosto” come da tanti spettatori l’ho sentito definire, ma nel contempo “bellissimo” nel suo essere” fuori misura” in tutto, al di là di qualunque verità assodata o pregiudizio e per questo “sorprendente”.
Una cosa è certa: non potrà lasciarvi indifferenti.
Bibliografia
Chiland C. (2011) Changer de sexe. Illusion et Réalité, Paris, Odile Jacob
Boris R. (2018) Ecoute, Stock