Parole chiave: Genitorialità; Sensi; Sordità
Autore: Mirella Montemurro
Titolo: “CODA – I segni del cuore”
Dati sul film: regia di Sian Heder, 2021, 111′
Genere: Drammatico
Dopo diversi riconoscimenti cinematografici internazionali “CODA – I segni del cuore” conquista anche tre premi Oscar: al miglior film, alla migliore sceneggiatura non originale e a Troy Kotsur, come migliore attore non protagonista.
Il lungometraggio è un riuscito remake del pluripremiato film francese La Famiglia Belier e vede nel cast attori non udenti, tra cui il premio Oscar Marlee Matlin (“Figli di un dio minore”, 1986) e il neo premiato Troy Kotsur.
C.O.D.A. è l’acronimo di Child of Deaf Adults (bambino in una famiglia di non udenti) e questo film, che lo assume come titolo, è un’opera profonda che lascia nello spettatore una grande emozione e solleva, in particolare tra gli addetti ai lavori, alcuni interessanti interrogativi. Se la madre è una persona sorda, cosa accade nella diade con il figlio? Quale è la ritmicità che la coppia crea?
Una ricerca longitudinale dell’Università di Gallaudet durata quindici anni ha messo sotto osservazione un gruppo di ottanta famiglie che comprendevano genitori e figli sia udenti che sordi. Questo studio ha cercato di esplorare le modalità comunicative che i genitori adottano con i propri figli e ha sottolineato l’importanza dei cosiddetti comportamenti di genitorialità intuitiva, quelli che portano a spontanee compensazioni attraverso altri canali sensoriali (Atti del Convegno CODA ITALIA, 2004 https://www.codaitalia.org/wp-content/uploads/2021/12/2004_Comunicazione-e-linguaggi_atti_unito.pdf).
Il testo della canzone di Joni Mitchell Both Sides Now descrive bene ciò che un figlio udente di genitori sordi possa provare, transitando continuamente tra il mondo dei suoni e quello dei segni – “Ho guardato le nuvole da entrambi i lati ora, da sopra e sotto” – la canzone arriva in un momento chiave di “CODA” dalla voce celestiale di Ruby. È lei la giovane protagonista, una dolce diciassettenne, unica persona udente nella sua famiglia. Nelle prime ore del mattino Ruby lavora sulla barca di famiglia per aiutare suo fratello e i suoi genitori nell’attività di pesca sulla costa del Massachusetts. La ragazza, sempre al fianco della propria famiglia come ponte di collegamento tra i due mondi, inizia finalmente ad avvertire una passione personale, soggettivante, per il canto. Il suo maestro Bernardo si accorge del vero talento della giovane e la spinge a considerare una prestigiosa scuola di musica per il suo futuro. Ruby si trova davanti a un bivio, a un’ambivalenza, a tratti logorante, tra il desiderio di differenziazione e la difficoltà di separarsi da una famiglia inabile e del tutto dipendente da lei.
La giovane protagonista vive costantemente tra questi due mondi tanto distanti, un po’ immergendosi nell’uno e un po’ nell’altro. È significativa la reazione che Ruby ha quando il maestro Bernardo le chiede cosa provi quando canta: la ragazza gli risponde con il linguaggio dei segni, la sua lingua madre. Jackie, la madre, sembra volere una famiglia all’“unisono”, respingendo ogni comportamento della figlia che rimarchi un’alterità. È il padre che interviene, agendo una funzione separante. È lui che inizia a mostrarsi interessato a quanto sta accadendo nel mondo interno di Ruby e, in una scena toccante, tuona alla moglie: “Ruby non è mai stata una bambina”, una dolorosa consapevolezza di un asfittico rovesciamento dei ruoli.
Riprendendo il testo della canzone di Mitchell – “Ho guardato le nuvole da entrambi i lati ora, da sopra e sotto”- con l’immagine delle due nuvole/mondi non possiamo non pensare alla stanza di analisi, dove anche l’analista si ritrova immerso nel mondo “sordo” del paziente, condizione necessaria per poter successivamente riemergere differenziato. Borgogno (2008, p. 594) scrive: “Dobbiamo prima rimanere coinvolti e non avere paura di essere e di mostrarci ‘mischiati’ e ‘meticci’ nelle dinamiche di transfert e di controtransfert”.
Bibliografia
Borgogno F. & Vigna-Taglianti, M. (2008) Il rovesciamento dei ruoli: un «riflesso» dell’eredità del passato piuttosto trascurato. Rivista Psicoanalisi, (54) (3): 591-603.
Aprile 2022