Dati sul film: Marco Bellocchio, Italia, 2012, 110 min.
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Giudizio: 4/5 ****
Genere: drammatico
Recensione: Siamo nel 2009, nella settimana decisiva per la “vita e la morte” di Eluana Englaro. Mentre sullo sfondo scorrono le immagini dei telegiornali, le dichiarazioni (imbarazzanti a dir poco) dei politici e i dibattiti parlamentari, il regista ci mostra tre storie parallele ispirate dalla tragica vicenda. Delle tre storie solo una avra’ un “lieto fine”. Le altre ci lasciano con il fiato sospeso e con molte domande inevase.
Perché andare o meno a vedere il film: Venti minuti di applausi a scena aperta alla fine della proiezione alla recente Mostra del Cinema di Venezia. Nessun premio dalla Giuria. Appassionati ed esasperati dibattiti durante lo svolgersi della nota vicenda, e anche ora sui giornali. Pochi spettatori in sala nelle proiezioni. Teoricamente un tema intrigante per psicoanalisti e affini. Nessun intervento sulla nostra mailing list o sul sito. Film scomodo, difficile, ricco (fin troppo) di temi e di spunti su cui riflettere. In ogni caso da vedere. A cavallo tra docu-film e fantasy, poesia e riflessione. Senza posizioni definite.
La versione dello psicoanalista: Sappiamo molto bene che dentro di noi si muovono opinioni e sentimenti differenti, spesso in contraddizione le une con gli altri. Il pregio e la complessa presentazione del film consistono proprio nell’evitare scorciatoie e semplificazioni. La verità non sta da una sola parte, ognuno ha le sue buone ragioni, nessuno può decidere con leggerezza. La rappresentazione di ambivalenza e conflittualità ha una specifica valenza autoanalitica. Ma il punto centrale, a nostro avviso, consiste nella scelta narrativa delle tre storie. Senza sbocchi quella più simile alla vicenda Englaro; con qualche speranza di trasformazione quella del Senatore e della figlia, che mostra l’attrazione e il fascino degli opposti; esemplificativa della necessità prioritaria quella della tossicomane. Lei è una sorta di “morta vivente”. È lei la vera Eluana del film? Gira per ospedali e Chiese, forse per rubare, forse per cercare una cura, forse per provare a morire (o a essere salvata?). A nostro avviso Bellocchio ha cercato di dirci che, oltre che pensare a chi “vive pur essendo già morto”, forse dovremmo in primo luogo pensare a chi si sente “morto pur vivendo ancora”. Che sia questo il compito prioritario che ci attende nella vita, affrontando la malattia tra acuzie e cronicità. L’ambito al quale dedicare le maggiori energie.