
Parole chiave: amore, potere, solitudine
Autore: Mirella Montemurro
Titolo: “Anora”
Dati sul film: Regia di Sean Baker, USA, 2024, durata min 138’ attualmente in Sala
Genere: Drammatico
“Anora”, il film di Sean Baker che ha ridefinito i confini del cinema indipendente americano, ha dominato la stagione dei premi cinematografici con uno straordinario bottino di riconoscimenti. Premiato con la Palma d’Oro a Cannes, il film ha poi trionfato agli Oscar conquistando ben cinque delle sei nominations ricevute: miglior film, miglior regia a Sean Baker, miglior attrice protagonista a Mikey Madison, miglior sceneggiatura originale e miglior montaggio.
La narrazione, che a prima vista evoca paragoni con “Pretty Woman”, ne sovverte radicalmente le aspettative romantiche. Baker costruisce un’opera stratificata che esplora con spietata lucidità le dinamiche di classe, potere e ricchezza nella società contemporanea.
Anora e Vanja, entrambi poco più che ventenni, incarnano il drammatico incontro tra due solitudini profondamente diverse ma ugualmente devastanti. Freud ne “Il perturbante” scrive (1919, p. 114): “quanto alla solitudine, al silenzio e all’oscurità, sono situazioni legate all’angoscia infantile di cui la maggior parte degli esseri umani non riesce a liberarsi mai completamente”.
Anora, spogliarellista dal temperamento vivace, vede nell’incontro casuale con Vanja la possibilità di riscatto da una vita precaria. Vanja, giovane rampollo russo, figlio di un potente oligarca, trascorre invece la sua “parentesi americana” in uno stato di perenne autodistruzione, oscillando tra abuso di sostanze e comportamenti ipomaniacali che mascherano un vuoto esistenziale profondo.
La struttura narrativa del film è abilmente bipartita. La prima metà segue la rapida e vertiginosa escalation della loro relazione: dall’incontro in un night club alla lussuosa dimora di Vanja, fino alla proposta di matrimonio e alle nozze improvvisate a Las Vegas. È qui che Baker opera un brusco cambio di registro: ciò che sembrava una fiaba moderna si trasforma in un frenetico gangster movie dai toni pop, con sequenze grottesche che richiamano il kubrickiano “Arancia Meccanica” e scorribande notturne che mescolano tensione e goffa comicità.
Il dramma raggiunge il suo culmine con l’arrivo dei genitori di Vanja, catalizzatori di una dolorosa presa di coscienza. È in questo frangente che i protagonisti rivelano la loro vera natura: Anora emerge come una giovane donna di straordinaria intelligenza emotiva e resilienza, mentre Vanja si rivela un guscio vuoto, un ragazzo profondamente depresso che ha cercato nella relazione con “Ani” solo un diversivo temporaneo per sfuggire al dolore di figlio trascurato e affettivamente abbandonato.
Particolarmente emblematica è la scena dell’amplesso in cui Anora, percependo la meccanicità con cui Vanja si approccia al sesso, sussurra: “Vai piano, vedrai sarà più bello” – un tentativo di stabilire una connessione autentica che si scontra con l’incapacità del ragazzo di accedere alle proprie emozioni.
Baker trasforma così una storia d’amore apparentemente semplice in una profonda riflessione esistenziale sulla natura delle relazioni umane e sui meccanismi psicologici che le governano.
Il film si distingue come un’opera di rara potenza emotiva che, attraverso una narrazione visivamente audace e performances attoriali straordinarie, esplora le complessità dell’animo umano in un mondo dove classe sociale e potere economico continuano a determinare destini e possibilità di redenzione.
Bibliografia
Freud, S. (1919). Il perturbante, O.S.F., vol. 9.