Cultura e Società

Pasolini – Red Amnesia

6/09/14

‘Pasolini’: in concorso, di Abel Ferrara, Italia, 87′

‘Red Amnesia’: in concorso, di Wang Xiaoshuai, Cina, 115′

commento di Elisabetta Marchiori

‘Una sfida rischiosa quella di Abel Ferrara, di girare un film su un intellettuale e un uomo come Pierpaolo Pasolini, facendone vestire i panni a William Dafoe, come quella di Martone lanciata per Giacomo Leopardi. Mentre quest’ultimo, come abbiamo detto, ne racconta l’intera vita in due ore e mezza, da cui scaturisce l’uomo e il poeta, Ferrara decide di raccontare le ultime quarantotto ore di vita di ‘Pieruti’, come veniva chiamato affettuosamente dai familiari, in soli 87 minuti. In questa cornice temporale così limitata Ferrara dipinge con ‘compassione’ (come ha dichiarato) il suo Pasolini, ‘maestro’ in cui figura sembra profondamente identificato nella sua genialità e nelle sue contraddizioni. Si susseguono sequenze di intimità casalinga con la madre (Adriana Asti), la cugina Graziella (Giada Colagrande), Nico Naldini e Laura Betti (Maria De Medeiros); scene del film che Pasolini non ha mai girato con Eduardo De Filippo ( Ninetto Davoli) e lo stesso Davoli (Riccardo Scamarcio); stralci di interviste, citazioni, sequenze oniriche ispirate al romanzo ‘Petrolio’, fino alla scena dell’omicidio, che colpisce per la sua banalità.

Un film frammentato, sicuramente imperfetto, che rimane a tratti in superficie dando una sensazione di svuotamento, in altri sembra pescare direttamente nell’inconscio, risultando disturbante. A mio avviso può essere il punto di forza del film, riesce a rendere il profondo conflitto tra creatività e dipendenza, la dissociazione tra ragione e pulsioni più intime e profonde dell’uomo e dell’artista. Che il regista sente con forza e con altrettanta forza trasmette.

 

‘Red Amnesia’ di Wang Xiaoshuai è un film che si gioca tra il thriller e il dramma, mantenendo alta la tensione emotiva dello spettatore dalla prima all’ultima scena. La storia, ambientata a Pechino, è quella di una donna anziana che ha da poco perso il marito. Vive sola e, nonostante appaia fisicamente fragile, è dotata di un carattere forte e determinato, si prende cura dell’anziana madre ricoverata in un ospizio e impone le sue attenzioni eccessive ai figli, il maggiore sposato e con un bambino, il minore omosessuale (come sa, ma non accetta). La sua vita di tutti i giorni viene disturbata e quindi stravolta da una serie di telefonate anonime e atti intimidatori sempre più inquietanti nei suoi confronti e quelli dei figli, mentre giungono notizie che nel vicinato avvengono furti e aggressioni. La donna prende progressivamente consapevolezza che quanto sta accadendo è la conseguenza di una sua azione commessa nel passato, che non può dimenticare. Per la quale non è consentita ‘amnesia’, se non al prezzo di sangue.

Un film che affronta il senso di colpa non solo a livello individuale (e pertanto universale) ma anche politico e culturale della storia della Cina.

Il regista riesce a rendere molto bene l’idea della minaccia esterna che viene amplificata dai fantasmi interni tanto da rendere difficile distinguere gli elementi di realtà da quelli che sono i sogni, i fantasmi, le allucinazioni della protagonista. Grazie anche alla straordinaria interprete, Lü Zhong, i cui lineamenti del volto si trasfigurano nel corso del film, trasformando una donna inamovibile in una donna terrorizzata e travolta dal rimorso.

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