Cultura e Società

L’uomo nell’alto castello – Commento di S. Monetti

2/10/24
L’uomo nell’alto castello - Commento di S. Monetti

Parole chiave: Perturbante, Proiezione, Scissione, Super-io, Nazismo

Autore: Stefano Monetti

Titolo della Serie:”L’uomo nell’alto castello”

Dati sulla Serie: USA 2015-2019, registi vari, 40 episodi, Prime

Genere: fantascienza


Questa serie trasmessa da Prime è tratta dall’omonimo romanzo ucronico The man in the high Castle di Philip Dick (1962), scrittore di romanzi di fantascienza dai quali sono stati tratti molti film, considerato da Emmanuel Carrère “una specie di Dostoevskij della nostra epoca” (Carrère, 1993).

Dick ipotizza che i nazisti abbiano vinto la Seconda Guerra Mondiale, battendo sul tempo gli Alleati nell’invenzione della bomba atomica. Gli USA degli anni Sessanta sono divisi tra gli Stati dell’Est, facenti parte del Reich, e quelli dell’Ovest, sottomessi all’Impero Giapponese; i due Imperi sono separati da una zona neutrale che si estende negli Stati centrali degli USA. I protagonisti della serie sono alti ufficiali nazisti e giapponesi, nonché membri della Resistenza americana contro gli invasori.

Il soggetto è molto originale, perciò finisce per rivelarsi costrittivo per la sceneggiatura; le possibili variazioni sono ridotte e, specialmente nelle stagioni intermedie, si percepisce un po’ di ripetitività.

Le immagini, spesso ottenute con la grafica computerizzata, sono piuttosto classiche per una serie. In generale i colori sono poco accesi e imprigionano in un grigiore costante i protagonisti, probabilmente per esprimere la tonalità depressiva e paranoica che innerva la società nazista. Le tonalità si ravvivano nei locali trasgressivi di New York e della zona neutrale, in cui si gode di maggiore libertà. Qui l’atmosfera è permeata di un’euforia maniacale che fa dimenticare la repressione nazista.

La serie si avvale di una riuscita combinatoria di elementi reali e immaginari, mescolando vari generi, tra la fantascienza, lo spionaggio e il film storico. Vi sono personaggi realmente esistiti come il gerarca nazista Heinrich Himmler, che diventerà Führer dopo la morte per vecchiaia di Hitler, o John Edgar Hoover, che presterà i suoi servizi di spionaggio non all’FBI, come nella realtà, ma al Reich.  

La protagonista, la ribelle Juliana Crain, ha spesso un ruolo marginale. Inizialmente mantiene un assoluto rispetto della vita umana, incarnando l’archetipo della madre pietosa e protettrice, per poi cedere alla violenza che la circonda. La sua centralità negli eventi si mostra come un evidente obbligo narrativo, senza possedere una necessità strutturale interna all’opera. Ciò può essere letto come una metafora dell’impotenza degli oppositori di fronte al nazismo, ma la conseguenza sulla serie è una certa acefalia, per cui spesso si perde il filo della narrazione tra più personaggi che sembrano disporsi senza un ordine. Tra gli altri personaggi va menzionato Nobusuke Tagomi, il Ministro giapponese del commercio, il quale, in uno scenario dominato dalla necessità dell’azione, conduce una vita scandita dai rituali, consultando l’I Ching e curando le sue piante. Egli ricorda il sovrano azteco Montezuma decritto da Todorov (1982) il quale, con i Conquistadores che premevano alle porte della sua città, volle affidarsi ai cerimoniali religiosi. Lo stile del Ministro deriva dal connubio specificamente giapponese tra tradizione e tecnologia ma può essere considerato come un elemento psicoanalitico: la ricerca del pensiero negli esiti psichici della sospensione dell’azione. Non a caso, in un racconto dall’afflato mistico come quello di Dick, egli arriverà per primo alla verità.

Nelle scene ambientate nel Reich americano si vede all’opera il perverso e inquisitorio senso del dovere che caratterizza l’apparato dirigente militarizzato dei nazisti. Tale rigidità superegoica precipita nella scissione che pervade gli ufficiali, i quali possono essere contemporaneamente teneri padri di famiglia e spietati assassini. Un contrasto tra aggressività-rigidità e umanità-disperazione, che prende letteralmente corpo nel personaggio dell’Obergruppenführer John Smith, nel suo viso monolitico dal quale emerge a volte uno sguardo profondamente angosciato. I suoi occhi esprimono la sofferenza individuale nel sostenere ciò che il nazismo richiede: un’alleanza inconscia psicopatica, ovvero un comune disconoscimento degli aspetti feroci del nazismo stesso. Questa modalità di funzionamento di sociale è stata descritta nel romanzo di Moravia Il conformista (1951), dal quale Bernardo Bertolucci trasse il film omonimo (1970).

La doppia morale nazista divisa tra tenerezza familiare e sadismo sociale è stata al centro di numerosi romanzi divenuti celebri film, come Il bambino col pigiama a righe (Herman, 2008) e La zona dinteresse (Glazer, 2023). Questa duplicità può essere compresa tramite due concetti kleiniani (Klein, 1946): la scissione, mediante la quale si mantengono due posizioni contraddittorie come la malvagità e la bontà, e l’espulsione delle proprie parti cattive, proiettate in un nemico esterno, che diviene un persecutore da annientare. Una  contraddizioneche pervade anche lo spettatore, indotto a identificarsi nello spietato Smith quando egli si preoccupa dei suoi problemi familiari per essere successivamente sconcertato dai crimini commessi dal medesimo Smith.

Tale scissione è esasperata da un evento cruciale: il giovane figlio di Smith ha una malattia neurologica incurabile, per la quale le leggi naziste prevedono l’eutanasia, come storicamente avvenne nel tristemente noto “programma T4”. Nonostante i tentativi del padre di nascondere tale malattia, il figlio si consegna spontaneamente ai sanitari nazisti per andare incontro al suo destino, diventando un eroe. La normalizzazione del male raggiunge qui l’apice di un figlio che si sacrifica per l’ideale del padre. Come se Edipo, venuto a conoscenza della profezia, si uccidesse per non mettere a rischio l’incolumità di Laio. Una versione conservatrice dell’Edipo insomma, che evidenzia il narcisismo mortifero del delirio nazista di superiorità razziale.

Nel romanzoDick introduce il tema dello pseudobiblion, ovvero inventa un libro fasullo che costituisce un elemento narrativo: essoè diffuso segretamente dalla Resistenza e narra di una vittoria degli Alleati nella seconda guerra mondiale, mostrando che un altro mondo è possibile.Nella serie il romanzo è rappresentato da un insieme di pellicole clandestine che creano un gioco di specchi, in quanto il mondo ivi narrato è quello dello spettatore. Come nel più classico dispositivo perturbante qui ciò che sembra estraneo diventa familiare e viceversa (Freud, 1919).

Bibliografia:

Amis M. (2014). La zona d’interesse. Torino, Einaudi, 2015.

Boyne J. (2006). Il bambino con il pigiama a righe. Milano, Rizzoli, 2013.

Carrère E. (1993). Io sono vivo voi siete morti. Milano, Adelphi, 2022.

Dick P. K. (1962). L’uomo nell’alto castello. Roma, Fanucci, 2001.

Freud S. (1919). Il perturbante, O.S.F., 9.

Kaes R. (2009). Le alleanze inconsce. Milano,Borla, 2010.

Klein M. (1946).Nota su alcuni meccanismi schizoidi.In Scritti 1921-1958. Torino, Bollati Boringhieri, 2006.

Moravia A. (1951). Il conformista. Bompiani, Milano.

Todorov T. (1982). La conquista dell’America. Torino, Einaudi, 2014.

Ottobre 2024

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

Cosa ha fatto il Nazismo alla Psicoanalisi. Intervista a Laurence Kahn a cura di A. Migliozzi

Leggi tutto

Superio

Leggi tutto