Forse il padre sogna una casa e una famiglia armonica, con interessi comuni e relazioni affettive solide….. su cui si possa contare, un luogo di scambi razionali, colti ed eleganti…….magari sull’arte e sulla vita come arte…… una casa rifugio….una famiglia che placa le ansie della vita……dei figli con cui si può chiaccherare dei propri interessi, perchè li condividono…e sono bravi anche loro… se ne intendono….una mano sulla spalla dinanzi al caminetto acceso, un quadro…………..
La casa e la famiglia, nel sogno, diventano il luogo, concreto ed emotivo, nel quale difendersi e proteggersi dalla vita che scorre e cambia; un luogo per mantenersi all’interno delle (proprie) tradizioni, per valorizzare i ricordi….non si avverte in queste scene di famiglia il conflitto, la rabbia, il rifiuto da parte delle giovani generazioni ….nè fermenti di ribellione e voglia di buttare tutto all’aria…….
Ciascuno di noi vorrebbe sognare un sogno così, con un padre così! Bello e forte come Burt Lancaster, riempie di spessore e di fiducia…. ma una fiducia del tessuto dei sogni….
Questo papà sembra sognare uno scorcio del ‘700 inglese in cui i pittori presero a dipingere scenette patetiche o divertenti, buffe o drammatiche a volte osservate nella vita quotidiana degli uomini e delle donne del loro tempo,(((I ritrattisti erano molto richiesti e si domandava loro di fare i fotografi, cioè di essere più fedeli possibili al modello reale, ma per mostrare di essere creativi essi immettevano il soggetto in una scenetta: la bambina carezza il suo cagnolino, una ragazza trattiene il fiocco che ha sul cappello agitato lievemente dal venticello di un pomeriggio tranquillo…..)))
In questo clima si inserisce la moda delle scene di conversazione, ritratti di famiglia in interni, sobri, eleganti, misurati….una famiglia riunita sullo sfondo di rovine classiche nello stile di Francesco Guardi, di famiglie nelle case di campagna sullo sfondo di giardini…..giardini all’inglese naturalmente, sobri, dovevano riflettere la bellezza della natura, comporre scenari armoniosi, pacificanti……
In questo gusto pittorico c’era l’ostilità puritana per il lusso, ma anche l’ostilità inglese per il barocco e il rococò, intesi a magnificare il potere della chiesa e dei nobili……………in Inghilterra non si costruivano castelli ma case di campagna…………….sullo stile del rinascimento italiano (di Palladio), …senza lo sfarzo e l’eccesso e l’opulenza che caratterizzava il barocco…..
Dunque ritratti e ritratti di famiglie nelle loro case… opere piene di grazia, di un senso di immediatezza e spontaneità….che consentono di seguire con amorevole dedizione le vicende della borghesia…di quel tempo, ((((queste vicende sono colte come all’interno di una concezione della vita come teatro, di pose e atteggiamenti studiati per dare il senso dell’armonia e dell’equilibrio…)))) queste pitture rappresentavano una classe sociale emergente che amava dare l’impressione di essere sicura del suo avvenire, salda e credibile….nella sua rivolta contro i vecchi sistemi di potere e le vecchie generazioni dominanti….
Il modello inglese verso la metà del ‘700 si impose in tutta Europa come ideale della ragione, della misura e della sobrietà…
Poi come sappiamo nel giro di pochi anni scoppia la rivoluzione francese, i vecchi ideali si infrangono…..Anche nell’arte si rompe la fiducia nel classico ….tra gli stessi pittori si riaprono le lotte generazionali tra le accademie, la tradizione e il nuovo che voleva irrompere… infatti irrompe il bizzarro, lo strano e lo stravagante, il neo-gotico….siamo alla rottura dell’armonia, del sogno illuministico di un mondo ordinato (anche se già l’illuminismo non è solo questo)…..
Ma in questo scorcio di secolo tutto questo non è ancora avvenuto, la famiglia viene sentita e proposta come rifugio…la casa come rifugio dalla volgarità del mondo fuori…naturalmente questa non è solo la concezione dominante in quell’epoca, ma è anche una posizione mentale che ciascuno di noi ha avvertito e vagheggiato in diversi momenti della vita.
Ma, tornando al nostro padre-professore, qualcosa interrompe bruscamente il sogno del padre-professore risvegliandolo, come una rivoluzione francese.
Cosa si trova davanti il padre quando viene richiamato alla realtà in modo violento?
Mi colpisce molto che il padre-professore sembra trovarsi, di colpo, dinanzi ad un gruppo di sconosciuti, letteralmente non li ha mai visti, quando apre gli occhi dal sogno vede un gruppo caotico, chiaccherone e volgare, che non ha niente a chè fare con la sua famiglia: gente sempre in corsa, sempre al telefono, litigiosa, violenta, promiscua…….lui si sente completamente estraneo……lui non c’entra niente con loro…..
La casa-rifugio che il padre-professore vagheggia nel suo fantasticare si popola proprio di quelle volgarità ed eccessi che egli desiderava sfuggire…..assiste impotente a urla e sfoghi tra la madre e i figli-amanti, a rapporti confusi e incestuosi……..in una dimensione strana però, di sconcerto più che di emozioni……….
Si potrebbe pensare che ci troviamo nel cuore del conflitto di Edipo….se non fosse che non abbiamo l’impressione di avere dinanzi individui che vivono l’esperienza di conflitti interni, ci sentiamo piuttosto in presenza di un caotico fare, senza significato emotivo….
Questo gruppo agitato sembra mimare i conflitti, in realtà sembra essere formato da individui impastati insieme, incastrati in un rapporto confuso da cui nessuno riesce a districarsi, immersi negli stessi modi di fare, nelle stesse idee, nello stesso funzionamento psichico, sostanzialmente evacuativo….la paura e l’angoscia dinanzi alla vita la comunicano a noi, spettatori, ma non sembrano viverla, la evacuano in agiti, accuse e ripicche….senza viverle in termini personali……
Le scene ci porterebbero a immaginare che la matrice di questo funzionamento psichico sia la madre, lei stessa caotica, priva di tenerezza, confusa.
Ma poi ci chiediamo: è sola questa madre? Dov’è un partner con cui condivide la crescita dei figli, pronto ad aiutarla a lasciarli andare? Questa madre i figli se li tiene incollati addosso, ha bisogno della loro presenza, amore e comprensione….in una sorta di inversione dei ruoli….
Il padre-professore non è accanto a lei a regolare le distanze generazionali, anzi la guarda con un’aria pacatamente rimproverante, si mantiene isolato, rifugiato nella sua casa di fantasticherie nostalgiche. Ricordiamo la faccenda della punteggiatura……………………….
La matrice di questa disperazione inelaborabile che coinvolge i figli è allora una coppia genitoriale incapace di indicare loro una via di sviluppo e di emancipazione; i due genitori non riescono, entrambi, ad affrontare il dolore, non soffrono nè godono, vivono come spaesati e intontiti, non aiutano i figli a separarsi, in una sorta di ottusità emotiva………
In definitiva in questo modo i genitori non sostengono anzi proprio non hanno la prospettiva di figli che crescono sviluppando ciascuno le sue potenziali diversità, specificità…. non vedono la prospettiva di un percorso conflittuale da parte dei figli per disidentificarsi da quello che essi stessi rappresentano, per cercare il proprio personale punto di vista sul mondo………………..
Questo noi intendiamo quando parliamo di Edipo, non è tanto un desiderio di fare l’amore con il genitore, quanto la spinta delle nuove generazioni a rompere la dipendenza infantile per emergere come individui adulti, capaci di superare le vecchie generazioni, desiderosi di fare a meno di loro e anche di tentare di diventare umanamente migliori….il sogno sano e vitale di ogni giovane.
Anche i figli sognano?
All’inizio della vita il bambino è tanto dipendente dalle cure primarie per la sua stessa sopravvivenza che sembra in una posizione del tutto passivo-ricettiva. Proprio per questo, fin dall’inizio, il bambino ha bisogno che gli venga riconosciuta la sua quota di attività.
Il bambino cerca di creare le condizioni affettive di cui ha bisogno (es. di Franca con l’analista).
E’ importante che gli adulti lo riconoscano come partecipante attivo della relazione, con bisogni e ritmi diversi, nuovi e inediti per loro.
Il bambino cerca continuamente esperienze che gli diano il senso della sua attività, il piacere di trovare che le cose rispondono alle sue azioni: tirare il trenino legato ad una corda, far tintinnare i campanellini sospesi sulla culla con i calci, poi il gioco del cucù, il rocchetto, gli adulti che sorridono, che si illuminano dinanzi ai suoi movimenti….
Sentire che il mondo gli risponde è un elemento di fiducia nella sua crescita.
Se i genitori non gli riconoscono questa attività i bambini vivono già, da subito, il conflitto tra il bisogno di protezione, che li porterebbe ad adattarsi ai ritmi degli adulti, e il bisogno di diventare se stessi che li porterebbe a disturbare gli adulti e a protestare.
Fare esperienza di questo conflitto è importante per crescere, esso si ripropone in molte occasioni e svolte della esistenza, a scuola, nella adolescenza, nell’uscita dalla scuola, con i gruppi, suil lavoro con i capi, nel matrimonio, ecc..
L’identità di ciascuno di noi evolve grazie agli scambi con gli altri, potremmo dire che abbiamo una identità dialogica e intersoggettiva, ognuno di noi è frutto dell’impatto con un gruppo. Il bisogno di sentirsi collegato agli altri è forte come quello del cibo, per la sopravvivenza psichica.
Proprio per questo forte bisogno degli altri il bambino necessita di essere incoraggiato a non adattarsi troppo e a “cominciare a esistere” psicologicamente come individuo separato.
Il primo legame emotivo con gli altri, come dice Freud, è un legame identificatorio, attraverso le identificazioni noi sviluppiamo le nostre capacità di amare e pensare.
Ma il primo legame identificatorio non è con delle persone, è piuttosto uno stato di immersione fisica e mentale nel contatto con l’ambiente-genitoriale, una sorta di bagno turco che prolunga lo stato intrauterino dopo la nascita, come vediamo in questo film osservando i ragazzi intorno alla madre, l’attaccamento incestuoso-indifferenziato di Konrad, la sollecitudine dei due ragazzi più giovani che si occupano dei genitori…..
Quando nasciamo facciamo, ad un certo livello, come un tutt’uno con l’ambiente di accudimento che è percepito solo in modo vago, come una nebulosa, una atmosfera, una temperatura, un ritmo…. stagliarsi da questo sfondo è il lavoro di crescere, per farlo abbiamo bisogno che gli adulti, a partire dai genitori e poi i maestri, offrano riconoscimento alle nostre differenze….anche quando sono inattese, o rompono le loro aspettative……
Questo primato dell’identificazione significa anche che le cose che assorbiamo dall’ambiente sono tante, e spesso nella vita ci accorgiamo inaspettatamente di avere problemi simili a quelli dei nostri genitori; non solo problemi anche dei modi di fare simili, anche la maniera di vivere la preoccupazione, l’ansia, la paura…….o di non viverle, di eluderle (Gaburri Ambrosiano 2003).
Per esempio con il modo dei genitori di sentire profondamente e implicitamente il mondo esterno alla famiglia: la dipendenza o la paura o la fiducia o l’ansia che essi avvertono verso il mondo fuori casa.
Ricordiamo che il bambino avverte i segnali di paura e disagio dei genitori, molto prima di percepire consapevolmente ciò che annusa.
A questo livello il nostro padre-professore non può veicolare ai figli se non il fastidio diffidente verso il mondo fuori della casa che si è costruito come un rifugio armonico….lui non esce di casa, mentalmente prima che fisicamente…perfino i suoi amati quadri di idilliache scene inglesi gli vengono portati a domicilio……..La madre vive chiusa nei suoi agiti impulsivi e non guarda fuori………..
Il passaggio generazionale è intriso di violenza, esso implica un cercare la propria realizzazione e, dunque, fare a meno dei genitori…….farli fuori in quanto genitori.
Proprio per questa violenza i bambini e poi i giovani hanno bisogno di avvertire che gli adulti guardano con tenerezza alle loro differenze, come Ursula nel romanzo di G. Marquez restituisce al figlio la libertà di seguire per la sua strada……………..
Al contrario, spesso il bambino può avvertire che i genitori hanno terrore delle sue differenze, non sono disponibili ad osservarle con tenerezza, con interesse e curiosità, hanno paura del giudizio del gruppo, degli altri………
Il bambino comincia a camminare, a controllare gli sfinteri, si allontana dai genitori, esplora, poi si riaccosta nel desiderio di trovare un gioioso riconoscimento dei suoi passi in avanti….ma se i genitori hanno paura della gente avranno paura che il loro piccolo si avvicini agli altri; se soffocano i propri desideri chiederanno al bambino di fare altrettanto; se sono genitori secondo un ruolo consegnato e conformistico vorranno un “bravo bambino”; se non hanno abbastanza fiducia in se stessi rincorreranno il bambino per ricevere fiducia da lui e così via. Una madre, un padre, possono avere bisogno di essere al centro dello sguardo del bambino, di imporsi a lui, se egli distoglie lo sguardo da loro precipitano nella sfiducia e nella depressione.
Per offrire aiuto ai figli nel loro percorso di crescita occorre che i genitori abbiano, a loro volta, fatto esperienza della separazione …..
Il professore, quando Konrad arriva da lui ferito in cerca di aiuto, lo porta nella stanza segreta della sua propria madre…….nella stanza che per lui ancora ora rappresenta il luogo della massima protezione e armonia e serenità…….possiamo immaginare che il difficile viaggio per emanciparsi dalla madre non sia stato compiuto da lui….che i suoi sogni di scene di famiglia in un interno lo tengano distante dalla sua famiglia attuale, in silenziosa armonia con la famiglia dell’infanzia e con una madre idealizzata……..
Cosa sognano i figli?
Cosa sognano i figli quando pensano al padre? magari sognano un padre che li seduca ad uscire dal legame primario e dalla dipendenza che questo implica….sognano un padre interessato al mondo fuori di casa, capace di allontanarsi dall’eden domestico, dalla fantasia del domestico come eden.
Sognano il padre come guida verso il mondo fuori: il padre esce di casa, si allontana dalla tana protettiva.
L’ultima nota che vorrei proporvi è che il bambino ha bisogno di stabilità che rende il mondo prevedibile, ma ha altrettanto bisogno di ciò che è discrepante, disgiuntivo, inaspettato, ha bisogno di quelle esperienze che rompono l’eden primario e fanno incuriosire verso il mondo, là fuori.
Il padre offre un coinvolgimento più stimolante e nuovo, meno sintonizzato e protettivo, più sorprendente, proprio per questo separante. L’identificazione con questi aspetti paterni è fondamentale. Se l’identificazione con il padre non è possibile qualcosa manca allo sviluppo dell’individuo. Questo bisogno di identificarsi con il padre è un movimento naturale di complessificazione del sé, di apertura ad altre corde espressive ed emotive, se fallisce costringe ad isolare importanti aspetti del sé prima che emergano alla vita.
Per allargare le nostre considerazioni potremmo dire che un padre e una madre che non offrono ai figli questa prospettiva di crescita sono spesso facile preda di ideologie fanatiche, mascherate magari in ideologie per bene, ma fanatiche nel senso che promettono soluzioni rapide e veloci ai problemi della vita.
I figli allora sentiranno una grande sfiducia in se stessi, potranno essere facile preda anche essi di gruppi aggregati in modo fanatico, i branchi senza pensiero e senza emozioni.
Federico ha militato in “Prima linea”….perché? perché era lì. Perché i suoi amici erano lì. Ha fatto cose che oggi, a circa sessanta anni, lo tormentano perché non sa trovare un significato a ciò che ha fatto. Non aveva ideali o motivi politici consapevoli, voleva solo ribellarsi, non sa a cosa. Il gruppo gli dava la possibilità di sentirsi grande, e uomo, di fuggire da due genitori neutri e isolati, che non gli avevano mai chiesto niente di lui, lavoravano a testa china, non sognavano. Non si era mai accorto di soffrire di questa loro indifferenza a lui, l’azione senza alcun pensiero gli aveva offerto una via d’uscita dal dolore sconosciuto.
Mario è un ragazzo perbene, ligio lavoratore, educato, conformista all’inverosimile, non ha mai dato preoccupazioni ai suoi genitori, “già ne avevano tante per conto loro”, ha ingurgitato regole su regole come fossero verità rivelate. Ma da piccolo, quando nessuno potevo vederlo, picchiava i bambini più piccoli, ora, quando la sua ragazza lo rimprovera di qualcosa, spacca le porte a pugni e i vetri delle finestre ferendosi le mani…non sa come mai…
Sisto è un bell’uomo, gran conquistatore di cuori femminili cui non sa resistere, per gentilezza e amicizia, lui non si innamora. Sisto è stato in gioventù un militante di Lotta Continua, gran picchiatore, ideologo e teorico del suo piccolo gruppo. Ora si dedica agli altri, ha scelto un mestiere umanitario, e va avanti bene seducendo tutti. Ma non ama. Nemmeno odia. Volteggia nella vita come un danzatore provetto, perfino la portinaia dello stabile dove ho lo studio mi dice: ma che bei tipi vengono da lei! Sisto vuole fare una analisi per non fare una analisi, ma per accontentare la sua attuale donna che è incinta…ha paura, cosa farà come padre? Cosa trasmetterà a suo figlio?
Federico, Mario, Sisto lavorano, conducono una esistenza normale, adattati quanto basta per non essere riconoscibili come clandestini della vita.
18-maggio 2007