I film-sogni di Federico Fellini
Recensione a cura di Sabrina Gubbini
Sabato 19 ottobre, al cinema Trevi, avremo l’occasione di seguire un evento che intreccerà la nostra passione per la psicoanalisi, il cinema e l’arte.
Il momento è dato dalla presentazione de “Il libro dei miei sogni” di Federico Fellini, nella trasposizione e-book curata da Paolo Fabbri, per l’edizione Guaraldi che ne aveva già pubblicato la versione in cartaceo.
Il pomeriggio-sera che ci attende è un’opportunità per rivedere tre dei film più visionari del “maestro”: La voce della luna, Toby Dammit (3°ep. del film Tre passi nel delirio),e La città delle donne che verranno commentati dal curatore del libro, da Italo Moscati, critico cinematografico e teatrale che è intervenuto anche all’evento cinema del Festival di Spoleto, da Fabio Castriota, organizzatore della serata e Andrea Baldassarro che la introdurrà.
“Il libro dei miei sogni” è la raccolta dei disegni che Fellini ha fatto traducendo i ricordi dei suoi sogni in immagini figurate diventate a loro volta immagini dei suoi film: tutto ciò ci fa emozionare. Negli anni ’50 egli intraprese un rapporto analitico con Bernhard, analista junghiano, attratto dalla fama di vecchio saggio che questi si portava appresso; Fellini, dal momento dell’incontro con lui, fortificò la convinzione che bisognasse attribuire all’attività onirica, come produttrice di fantasmagorie, un’importanza superiore a quella dell’attività diurna.
Il regista amava ripetere che senza l’analisi non avrebbe potuto affrontare certe cose fondamentali del suo lavoro. Scrive Mario Trevi, suo amico e analista anch’egli, che Fellini era” ossessionato dall’idea di morire, dalla possibile imminenza della morte, ma tutto quello che lui pensava si trasformava efficacemente in immagini”.
Scriveva C. Musatti in Cinema e psicoanalisi (1950) che gli aspetti dell’immagine filmica “hanno uno stretto riferimento con quei processi del nostro inconscio i quali rappresentano l’oggetto specifico della indagine psicoanalitica” e in un saggio successivo, Psicologia degli spettatori al cinema (1961) sosteneva che esistesse più di una analogia tra la dimensione spaziale del cinema e quella dei nostri sogni; come il cinema così il sogno ci consente di vivere una situazione diversa da quella della nostra vita reale, “con la piena intuibilità però delle stesse vicende di questa nostra vita reale”. Anche il sogno, come il cinema, è “un luogo,un ambiente,uno spazio con tutti i caratteri dello spazio reale e che però non si inserisce e si inquadra nella realtà dello spazio”.
Come lo spazio, anche il tempo del film e del sogno coincidono (ed entrambi sono fuori del tempo reale): entrambi rompono lo svolgimento del tempo reale per sostituirlo con uno interno alla logica dell’uno e dell’altro. Attraverso “la libertà del montaggio” il cinema non conosce, a parità dell’inconscio, uno schema rigido del tempo.
Gli scritti di Musatti hanno avuto una grande importanza perchè hanno consentito di spostare l’attenzione dalla psicologia dell’artista alla struttura dell’opera, tanto da venire tutt’ora utilizzati da coloro che si occupano di critica e di metodologiadel cinema. Lo stesso Ejzenstejn (1964) assunse una posizione analoga quando affermava che la struttura del film rimanda ad un linguaggio interiore che possiede una sintassi opposta a quella del linguaggio verbale; ciò che sembrava notevole ad Ejzenstejn era che le leggi su cui si fonda questa struttura non solo sono ben precise ma sono le stesse che “si trovano alla base di tutta la varietà di leggi governanti la costruzione della forma e della composizione delle opere d’arte”.
Concludo invitandovi calorosamente all’incontro con gli esperti del cinema di Fellini ma, soprattutto, con uno dei più grandi artisti del nostro tempo.