Cultura e Società

Dark – Commento di A. Moroni

13/07/20
Dark - Commento di A. Moroni

Autore: Angelo Moroni

Titolo: “Dark”

Dati sulla serie: creata da Baran Bo Odar e Jantje Friese, Germania, USA, 2017-2020 Netflix (tre stagioni)

Genere: Fantascienza, Drammatico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima e ambiziosa produzione tedesca di Netflix, questa serie tv creata dal regista svizzero Baran Bo Odar e dalla talentuosa sceneggiatrice tedesca Jatje Friese, spicca per la sua complessità narrativa, derivante dall’esplicita volontà di intrecciare il racconto di fantascienza centrato sul tema della discronia con quello della riflessione storica. E si tratta della Storia di una nazione dalle vicissitudini a loro volta complesse, la Germania. Il racconto prende le mosse nel 2019, a Winden, piccola città di provincia, sede di un’imponente centrale nucleare, e sviluppa le vicissitudini di tre famiglie attraverso varie generazioni. La storia di Winden è funestata dalla sparizione di alcuni ragazzi in circostanze misteriose e le indagini della polizia locale non portano a nulla. Il mistero si fa sempre più oscuro, “dark”, poiché molti degli abitanti della città non sono ancora a conoscenza di una sorta di maledizione che si è abbattuta sulla popolazione,da tempo immemore: ogni trentatré anni si ripetono alcuni misteriosi e tragici avvenimenti. Lo spettatore viene gradualmente portato a scoprire un intreccio che si dispiega in modo spiazzante attraverso il sovvertimento dei piani temporali. Passato, presente e futuro si confondono come in un romanzo di Philip Dick, romanzo che sembra tuttavia aver il sapore di un “Heimat”, progetto cinematografico del regista tedesco Edgar Reitz, che nell’arco di sei film girati dal 1979 al 2013, ricostruì gran parte della storia del Novecento tedesco.  Un tipo di progettualità, tipica del Nuovo Cinema tedesco (corrente alla quale appartengono tra gli altri Herzog, Fassbinder e Wim Wenders) nella quale è la riflessione sull’origine di un’identità collettiva, nazionale, a porsi come il vero fulcro stilistico-narrativo. La cifra fantascientifica e la sua funzione di intrattenimento non sono tuttavia elementi secondari della sceneggiatura di “Dark”. Il “viaggio nel tempo” rimane uno degli aspetti essenziali dell’intera architettura drammaturgica, così come la costruzione dei personaggi, in gran parte adolescenti, come da consueto copione di questo genere cinematografico.

Al di là di questi stilemi, “Dark” non è in verità una serie accessibile a tutti. È infatti molto difficile da seguire e obbliga lo spettatore a un vero e proprio lavoro psichico per legare insieme i molteplici piani temporali nei quali si svolge il racconto nel corso delle tre stagioni. Si passa rapidamente dal 2019 al 1953, per poi essere proiettati improvvisamente nel 2053, e ritornare ancora indietro, nel 1986, tanto che a tratti sembra di essere sulle montagne russe di una temporalità appositamente disarticolata e spiazzante. La narrazione non è tuttavia mai caotica, ma anzi sempre inserita, episodio dopo episodio, in cornici narratologiche impeccabilmente costruite, prive di sbavature di sorta, governate da un montaggio e da dissolvenze magistrali. I personaggi sono moltissimi ed è difficile distinguerne uno più significativo dell’altro. È la coralità, il “collettivo” ad essere il vero “personaggio” dell’intera serie, quasi che Odar e Friese desiderino implicitamente indicarci un sottotesto che rimanda ad una “gruppalità interna” che abita l’individuo e la sua identità. La Storia di una nazione, il dolore su cui essa si fonda, il transgenerazionale, stanno all’origine dell’identità del singolo, ed è il tessuto intersoggettivo, il legame tra individui, a sostenere il Sé. Molti sono, a tale proposito, i rimandi psicoanalitici, ma anche filosofici, che questa serie evoca. Husserl (1959), soprattutto, in tema di “intersoggettività”, ma anche Gadamer (1998) rispetto al rapporto tra dolore e conoscenza, e naturalmente anche il Freud di “Totem e Tabù” (1912-13), nonché, più recentemente, il Kaës (1976) che ci parla della mente individuale come “apparato pluripsichico”.

 

Riferimenti bibliografici

Freud, S. (1912-13), Totem e Tabù, O.S.F. 7, Torino, Boringhieri, 1992.

Husserl, E. (1905), Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (1893-1917), Milano, Franco Angeli, 2001.

Husserl, E. (1959), La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Milano, Il Saggiatore, 2015.

Gadamer, H.G. (1998), Il dolore. Valutazioni da un punto di vista medico, filosofico e terapeutico, Roma, Apeiron, 2004.

Kaës, R. (1976), L’apparato psichico dei gruppi, Roma, Armando, 1996.

 

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