Autore: Franco D’Alberton
Titolo: Un Bacio
Dati sul film: regia di Ivan Cotroneo, Italia, 2016, 101 min.
Trailer
Genere: Drammatico
Trama: In una città del nordest tre adolescenti che motivi diversi vivono ai margini della loro realtà scolastica si incontrano e avviano una intensa amicizia che li porta a confrontarsi con i coetanei e con la loro sessualità, con il bullismo, l’omofobia, l’abuso e la trasformazione delle relazioni tra di loro. Sullo sfondo della tranquilla vita di provincia e di storie familiari non troppo problematiche il loro destino si complica in maniera imprevedibile.
Andare o non andare a vedere il film: Andare, ne vale la pena.
La versione di uno psicoanalista:
“Un bacio”, scritto, sceneggiato e diretto da Ivan Cotroneo è un bel film che parla in presa diretta dell’adolescenza e della complessa stratificazione di piani e di linee di sviluppo di questo irripetibile momento della vita. Su di essa si sprecano preconcetti e pregiudizi da parte di un mondo adulto, spesso pervaso da valori, caratteristiche emotive e da un forma di pensiero adolescenziale che accetta di malavoglia il vedersi riproporre l’estrema complessità di questa feconda fase della vita.
Il film propone passioni, dolori, sogni dal punto di vista di un gruppo di adolescenti interpretato dai bravissimi esordienti Rimau Grillo Ritzberger nel ruolo di Lorenzo, Leonardo Pazzagli in quello di Antonio e da una deliziosa Valentina Romani che interpreta Blu, la figura centrale e voce fuori campo. Musiche azzeccatissime, Mika, Lady Gaga, gli Stag, fanno direttamente entrare nella colonna sonora della vita di molti adolescenti.
Volutamente pensato per far riflettere sull’omofobia, sul bullismo e implicitamente sull’abuso sessuale, questo film ha il merito di volare più alto proponendo un ritratto non definitorio, insaturo, in grado di gettar luce sull’intensità delle passioni dell’adolescenza, sulla violenza delle sue emozioni, sui tentativi al limite dell’ allucinazione di realizzare il desiderio anche quando questo cozza con i limiti della realtà o si scontra con il desiderio dell’altro.
Perché una sintesi più matura accompagni l’adolescente sulle soglie del mondo adulto, è necessario che possa contare su un ambiente solido e tollerante che garantisca vi sia un tempo in cui i movimenti adolescenziali possano integrarsi in una affettività più matura, e un filo di un rapporto che consenta di lenire le ferite, ricucire gli strappi nel momento in cui quei tentativi autarchici adolescenziali mostrano i loro limiti.
Per Blu e Antonio, il filo di una relazione forse sarebbe bastato a consentire il tempo necessario per ritrovare il senso della loro storia personale; per Lorenzo il problema sembra più complesso, non del tutto riconducibile alla sua omosessualità, quanto ad una tendenza a non riuscire ad accettare la realtà e le inevitabili frustrazioni dei propri desideri che questa comporta. Qui la trama del film, a mio parere, mostra la sua grandezza mettendo in luce il bullo potenziale che c’è in ognuno di noi mostrando come Lorenzo, che dovrebbe sapere bene quanto possa far male il bullismo, si trovi a usare a sua volta quella modalità di comportamento, non accettando la realtà di un rifiuto. Il bullismo oggi è diventato un fenomeno virale grazie alle tecnologie e alla sua iperbolica riproducibilità nelle varie piazze virtuali, socials, chats, che in parte hanno sostituito i luoghi di incontro dei ragazzi. La realtà ultima che lo sottende rimane quella di consentire al soggetto di proteggersi da elementi infantili, aspetti di sé fragili o non accettati, diversità presunte o reali, costituendo un fuori di sé in cui far confluire quelle parti, sbarazzandosene, facendole vivere a un altro al proprio posto per poi accanirsi a dileggiarle in lui. Naturalmente dipende dalla quantità e dalla qualità di questi meccanismi e a patto che il bullismo non entri a far parte del carattere di una persona con strutturate caratteristiche violente esso è difficilmente riconducibile al concetto bullo/cattivo, non bullo/buono. Questo film può costituire un ottimo strumento a disposizione di insegnanti ed educatori per aiutare i nostri ragazzi a comprendere come le conseguenze di modalità impersonali di attribuzione ad altri di aspetti non riconosciuti in sé stessi, possono trasformarsi in veri e propri strumenti di tortura in grado di rendere intollerabile l’esistenza di altre persone. Bello anche il riferimento ai due tempi dell’esperienza del trauma in cui Blu ci fa capire come gli effetti di un’esperienza traumatica non si misurino al momento in cui essa si svolge ma, come un meccanismo ad orologeria, in un tempo successivo, quando la maturazione e l’esperienza successiva rendono emotivamente significativo e pertanto traumatico qualcosa che in precedenza non era stato avvertito come tale. La presenza di un adulto in grado di stare vicino alla persona traumatizzata consente che il trauma possa andare verso una sua elaborazione.
I genitori ne escono abbastanza bene, ridimensionati nelle loro aspettative adolescenziali, ammaccati dagli urti con le richieste della vita, mantengono una serie di fragili contraddizioni e una vitalità che consente loro di cercare un rapporto con i figli anche nei momenti in cui questo sembra non essere possibile.
In definitiva un film tenero e struggente che proprio per la sua intrinseca tendenza a presentare i problemi senza soluzioni predefinite -tranne che nella piccola sliding door finale- propone interrogativi e domande che fanno uscire dal cinema lo spettatore arricchito, con più strumenti e punti di vista su un insieme di questioni complesse e sfaccettate che riguardano l’adolescenza e, perché no, l’essere genitore.
aprile 2016