di Paolo Fonda
Questo articolo va inteso, forse, più come un “work in progress”, vista la necessità di ben più ampi approfondimenti di una situazione in continua rapida evoluzione e con tanti versanti da considerare. Tratterò principalmente del “The Han Groen Prakken Psychoanalytic Institute for Eastern Europe” (PIEE), che opera dall’aprile 2002, ma non si può prescindere dal quindicennio precedente in cui furono gettate solide basi ed iniziò lo sviluppo della psicoanalisi nell’Europa orientale. Con l’istituzione del PIEE le molteplici e ricche iniziative portate avanti da vari comitati, istituti nazionali e società, così come da singoli gruppi di analisti, sono, per la maggior parte, confluite in un unico organismo o vi hanno trovato un coordinamento o un riferimento.
Parlando di Est Europa, intendiamo qui l’Europa post-comunista e comprendiamo in tale area pure i paesi extra-europei nati dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Si tratta di un area di vastissime dimensioni, abitata da 420 milioni di abitanti, che ha in comune non molto di più che decenni di un regime totalitario e le difficoltà economiche che ne sono conseguite. Una parte di quest’area, con ben 120 milioni di persone, è entrata ora a far parte dell’Unione Europea.
La caduta della cortina di ferro ha suscitato profondissime emozioni, alcune evidenti ed immediate, altre inconsce e più difficili da decifrare. Veniva meno una profonda scissione geografica e politica, ma soprattutto umana, conseguenza di guerre ed efferati totalitarismi che avevano dissanguato e traumatizzato il continente europeo nel Novecento. Due realtà che ai tempi di Freud erano collegate e familiari, con i decenni erano diventate sempre più sconosciute ed estranee, ed ora riemergevano, improvvisamente, l’una nella coscienza dell’altra. Avveniva, così, anche l’emozionante incontro tra coloro che, dalle due parti, avevano in comune l’interesse per la psicoanalisi. Ognuno vi portava, oltre all’entusiasmo, anche parti della propria storia e si mobilitavano, d’ambo i lati, affetti e fantasie inconsce intense, anche perturbanti, non sempre facili da gestire. Dall’Ovest ci si poteva portare antiche radici familiari, traumi, sensi di colpa, solidarietà, curiosità, sconcerto che un mondo, peraltro così familiare e così vicino, fosse stato per più di mezzo secolo così lontano. Dall’Est una grande curiosità, un enorme entusiasmo, un arretrato di problemi da elaborare e tanta voglia di imparare, con tutte le idealizzazioni e anche i sentimenti di umiliazione che ciò comportava.
In fondo, anche Sigmund Freud era di origine “orientale”, nato a Pribor nella Repubblica Ceca, e, così, tanti pionieri della psicoanalisi e tanti dei primi pazienti diventati oramai famosi. “La famiglia di Freud appartiene alla generazione di ebrei diffusa sul territorio dell’Europa sud-orientale. I suoi genitori venivano dalla Galizia: suo padre era nato in una piccola città chiamata Tismenitsa (nella regione ucraina di Ivano-Frankivsk), mentre sua madre era nata a Brody (regione di Lviv). Da giovane la madre di Freud era vissuta ad Odessa e più tardi nella stessa città il padre tentò di avviare degli affari. E’ noto che Freud stesso conosceva bene la realtà della vita in Ucraina e sapeva addirittura alcune parole di ucraino. […] Come E. Jones aveva notato, la maggior parte dei pazienti di Freud venivano dall’Europa dell’Est. E’ difficile comprenderne le ragioni. Potrebbero ricollegarsi alla loro migliore capacità di retribuire il trattamento, così come alla loro predisposizione al metodo psicoanalitico di indagine dell’inconscio (come pensava Freud), al loro maggiore bisogno di essere curati o nelle radici orientali di molti analisti: oltre a Freud stesso anche M.Eitington, Lou Andreas-Salome, W. Reich e altri. E’ molto probabile che il più famoso paziente di Freud fosse Serguei Konstantinovich Pankeev (1886-1979), figlio di un proprietario terriero di Kherson, noto nel mondo analitico come l’Uomo dei lupi.” (Pushkareva and Romanov, 2002, p.116)
Negli anni Novanta fu, pure, sollevata la questione se le società e le culture dell’Est fossero poi adatte a recepire la psicoanalisi, percepita oramai come qualcosa di squisitamente occidentale, quasi che l’inconscio, le pulsioni i conflitti e i meccanismi di difesa non fossero elementi costitutivi del Homo sapiens in generale. Più recentemente, si sono sentite delle perplessità simili riguardo alla Cina ed ad altre culture che si stanno ora affacciando nel mondo psicoanalitico. Tali obiezioni appaiono paradossali dopo lo sforzo fatto nel Novecento per dimostrare l’universalità dell’Edipo. A questo proposito è ora, forse, divertente leggere una lettera circolare scritta dall’allora segretario dell’IPA Otto Rank nel 1923: “il professore [Freud] ritiene che dovremmo riconoscere il gruppo di Mosca. Sono certamente terribili sia personalmente che professionalmente, ma almeno avremo un certo controllo su di loro. Non sono poi peggio del gruppo di New York.” Kafka (2007) riportandola commenta: “Mentre un sano scetticismo è ben radicato nella nostra cultura psicoanalitica, considerato il successivo sviluppo della psicoanalisi a New York e, come possiamo vedere oggi anche nell’Europa dell’Est, gli scettici non hanno poi avuto l’ultima parola.”
Ci sarebbe molto da riflettere e da scrivere su questi ed altri aspetti, così come sulla ricca storia dello sviluppo della psicoanalisi in questi vent’anni in un area così vasta e variegata per lingue, cultura, storia, ma ciò merita senz’altro una trattazione a parte e mi limiterò solo ad alcuni accenni.
Cenni storici
L’unico paese comunista in cui la psicoanalisi era miracolosamente sopravissuta non in clandestinità è stata l’Ungheria, dove già nel 1975 l’IPA aveva riconosciuto uno Study Group, che nel 1989 diventava Component Society. Analisti IPA in clandestinità, o molto limitati nelle loro attività, prima del 1989, c’erano stati anche nella repubblica Ceca, in Polonia, Serbia e Croazia, e avevano lasciato dei virgulti che avevano potuto riprendere a svilupparsi dopo la caduta del Muro di Berlino. Negli altri paesi si è dovuto, invece, incominciare pressoché da zero.
Un caso a parte è anche la Germania dell’Est che, dal 1989, è anche analiticamente diventata pienamente parte della Germania e, pertanto, non è entrata nei programmi internazionali per l’Est Europa.
Nel 1987 Han Groen Prakken, allora presidente dell’EPF, e l’ungherese Gyorgy Hidas, liaison officer dell’IPA per L’Europa dell’Est, organizzarono un primo incontro con rappresentanti di potenziali candidati orientali a Budapest. L’anno successivo, Han Groen Prakken ed Eero Rechard si recarono in Lithuania, su invito di un gruppo di psicoterapeuti interessati alla psicoanalisi, e, casualmente, arrivarono lo stesso giorno che questo paese dichiarava la propria indipendenza. Eero Rechardt, ad un intervistatore della televisione lituana che chiedeva come si potesse definire la psicoanalisi, rispose: “La psicoanalisi è la libertà della mente.” La grande avventura era cominciata!
Difficoltà, rigidità e incomprensioni iniziali all’interno dell’IPA e dell’EPF non riuscirono a fermare la pressione né dell’entusiasmo e dell’ eccezionale motivazione degli orientali, né degli occidentali, che ne erano rimasti affascinati. Si susseguirono i Seminari Est Europei organizzati dall’EPF (Budapest 1989, Belgrado 1990, Pultusk-Polonia 1991, Vienna 1993, Vilnius 1994, Constanta-Romania 1995, Mosca 1998, Kiev 2000, Praga 2002), durante i quali, per un weekend, analisti dell’Ovest e aspiranti candidati dell’Est discutevano di psicoanalisi e cercavano di trovare il modo di organizzare un training analitico.
Nel 1990 cinque Lituani si trasferirono a Helsinki e vi iniziarono il loro training. Altri candidati si trasferivano a Parigi, negli USA ed in altri paesi. Ma, presto, si capì che quello non poteva essere una via fruttuosa per lo sviluppo nell’Est, poiché, tranne rare e preziose eccezioni, la durata del training portava i candidati a stabilirsi definitivamente nei paesi ospitanti.
Fu solo dal 1993 in poi che l’atteggiamento dell’IPA mutò e che, con Eero Rechardt, chair dell’EPF East European Commitee (EEC), Han Groen Prakken e John Kafka, co-chairs dell’IPA EEC, iniziò una fertile e intensa collaborazione e decollarono definitivamente i progetti di sviluppo nell’Est.
Nel 1994 si tenne in Estonia la EPF East European Summer School of Psychoanalysis, la prima di, oramai, già 16 scuole annuali, tenute poi in vari paesi (Lituania, Lettonia, Slovenia, Croazia, Bulgaria, Romania, Ucraina) e diretta da molti anni da Tamara Štajner-Popović. Si comiciò con l’insegnare “che cos’è la psicoanalisi”, in un progetto di outreach il cui scopo era di fornire le basi per eventuali motivazioni ad un training analitico, ma anche di creare un’informazione di base più vasta. Non ultimo, e col tempo sempre più importante, è stato, anche, il fine di far percepire una psicoanalisi di qualità, quella col “marchio IPA”, per differenziarla dalle “imitazioni” più o meno selvagge, che numerose avevano cominciato, subito, a proliferare in tutta l’area.
Nel 1996 Hans-Volker Werthmann e Horst Kaechele con altri colleghi tedeschi, con un corposo sostegno economico della DPV, si prodigarono ed iniziarono a Frankfurt e ad Ulm le prime “shuttle analysis” di alcuni candidati moscoviti.
Nel 1999, ideata da Lilo Plaschkes, iniziò la EPF East European School for Child and Adolescent Psychoanalysis, che per 10 anni si è tenuta in Croazia ed è ora migrata in Slovenia, con finalità inizialmente solo di outreach, mentre, dal 2009, integrata da altri seminari nell’arco dell’anno, diventa la sede del training ufficiale PIEE per la psicoanalisi infantile e dell’adolescenza.
Nel 2000, organizzato da Michael Rotmann, che era succeduto a Rechardt come chair dell EPF EEC, si teneva in Polonia il primo degli East European Candidates Seminars riservati ai Candidati in training. Aira Laine l’ha condotta negli anni successivi e l’ha poi allargata ai Direct Members nell’ambito della permanent education. Questi seminari hanno migrato annualmente in Ungheria, Serbia, Estonia, Russia, Lettonia, Romania, Italia e Lituania.
Tutti questi tre tipi di scuola annuale hanno la durata di sei giorni e comprendono 30 ore di insegnamento comprendenti lezioni plenarie seguite da discussioni in piccoli gruppi, discussioni di casi clinici in gruppi, workshops, consultazioni individuali sul lavoro clinico, proiezione e discussione di film. Ad ogni scuola partecipano dai 60 ai 110 studenti e dai 10 ai 20 insegnanti-analisti di training. L’aspetto forse meno evidente, ma non per questo meno importante, è la comunicazione e l’interazione informale durante le pause, i pasti, i tempi liberi, le serate. Oltre alla possibilità, largamente fruita, di “chiedere ciò che non si è mai osato chiedere” nelle situazioni più formali, in tali spazi si trasmette una serie di preziose informazioni su autori da leggere, piccoli accorgimenti nel lavoro clinico, comunicazione di frammenti di esperienze ed altro ancora. C’è, anche, la possibilità di vivere una dimensione più umana, meno idealizzata dei docenti, il che, a mio avviso, può favorire la distinzione tra il transfert sull’analista personale da quello sull’istituzione idealizzata e sul gruppo dei “sapienti”, che tenderebbe ad infantilizzare i candidati. Suppongo, inoltre, che favorisca l’apprendimento una soffusa atmosfera generale di affettività positiva, senza andare a considerare, qui, ciò che accade ai livelli più profondi dello psichismo grippale, con i significati dei rituali, dei pasti comuni ecc.
Le relazioni plenarie presentate nelle scuole, che sono state in totale già 37, vengono pubblicate sul web dell’PIEE (www.hgp-piee.org) e stampate in inglese e alcune anche in russo, in modo che i partecipanti possano usarle anche nei gruppi dai quali provengono.
Nel 1999 iniziarono in parallelo due programmi seminariali per candidati dell’Est, autofinanziati e realizzati da gruppi di analisti su base volontaria. L’ “Amsterdam Psychoanalytic Training Programme for Eastern Europe” quadriennale, iniziato da Han Groen Prakken e poi diretto da Antonius Stufkens (che, per sei anni, ha fatto parte anche dello Staff del PIEE), si è svolto con quattro classi, all’insegnamento delle quali hanno contribuito più di quaranta analisti olandesi. Vi hanno partecipato 33 candidati, 20 dei quali sono già diventati Direct Members.
Contemporaneamente, Eero Rechardt iniziava lo “Helsinki project”, che provvedeva anche all’organizzazione delle analisi di training. Vi hanno partecipato, beneficiando dell’insegnamento di trenta analisti finlandesi, altri 10 candidati dell’Est, 8 dei quali sono già Direct Members. Questi corsi quadriennali sono sorti indipendentemente, ma in accordo con i Comitati IPA e EPF prima e con il PIEE dopo, e sono stati integrati con l’insegnamento fornito dalle Scuole del PIEE.
Una ricca attività di outreach in vari paesi, così come il progressivo sviluppo di training di candidati dell’Est, è stata svolta dal Paris Institute, anche se non integrata, a causa della diversità linguistica, con le altre attività organizzate dagli IPA ed EPF EEC. Alla costituzione del PIEE buona parte di questa attività vi è confluita, quando Gilbert Diatkine, che già negli anni Novanta coordinava l’attività del Paris Institute per l’Est, vi ha assunto la funzione di Associate Director for Training. Numerosi analisti francesi sono stati molto attivi sia nell’outreach che nel training che ha interessato una trentina di candidati, sette dei quali sono già diventati analisti. In particolare, la ricca attività seminariale dell’Istituto di Parigi, viste anche le modalità con cui è organizzato il training francese, è sempre stata aperta alla partecipazione dei candidati francofoni dell’Est.
Il PIEE
Nel 1999 il Board dell’IPA stabiliva che una delle tre priorità era: “Aiutare la psicoanalisi a rimanere vitale, svilupparsi e occupare il suo posto nel mondo contemporaneo, in particolare in quei paesi dove non è correntemente praticata. […] E’ probabile che la futura, ancorchè modesta, crescita dell’IPA nei prossimi anni verrà dalla regione Europea, dato il particolare investimento dell’IPA e della FEP nell’Europa Orientale.”
Un’importante concretizzazione di questo indirizzo si è avuta nel 2002, quando l’IPA (con Daniel Wildlocher e Alain Gibeault) e l’EPF (con David Tuckett) si accordarono, con un memorandum d’intesa, di costituire il The Han Groen Prakken Psychoanalytic Institute for Eastern Europe (PIEE), conglobandovi le attività degli East European Committees dell’EPF (sostanzialmente le Scuole) e dell’IPA (le competenze sul training), attribuendogliene delle nuove, quali la ricerca, e dotandolo di ulteriori mezzi, quali i prestiti finanziari per candidati. L’ambito geografico di attività assegnata al PIEE è costituita da quei paesi dell’Europa dell’Est dove non ci sono ancora Società dell’IPA, dunque non Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Serbia, poiché queste avevano già allora propri istituti di training, né la Romania, che era già stata riconosciuta Study Group. L’attività di training del PIEE viene infatti a cessare laddove si costituiscono degli Study Groups, poiché questi, con l’aiuto degli Sponsoring Committees provvedono al training da sé. Finora il PIEE ha aiutato Mosca, la Croazia e la Lituania a dotarsi di Study Groups. E’ prevedibile che nei prossimi anni ne sorgeranno altri 6-7 nelle altre realtà locali dalle quali provengono i candidati del PIEE. Quando nell’area assegnata saranno attivi sufficienti Study Groups, il PIEE verrà sciolto.
Di solito rimane una collaborazione tra gli Study Groups e il PIEE in quanto, specie all’inizio, le potenzialità didattiche dei piccoli gruppi sono limitate e per i loro candidati e nuovi membri la frequenza alle Scuole PIEE resta ancora preziosa. Attualmente, l’attività del PIEE comprende la Russia al di fuori di Mosca (Sankt Petersburg, Rostov, Stavropol ed Irkutsk), Ucraina, Bielorussia, Moldova, Bulgaria, Slovenia, Lettonia, Estonia, Armenia, Georgia, Kazakhstan.
Secondo le Guidelines for Training del PIEE: “Chiunque viva e lavori in un’area dell’Est Europa dove non ci sia un gruppo istituzionale dell’IPA (Study Group, Provisional o Component Society) e voglia diventare un analista dell’ IPA ha, fondamentalmente, due vie per realizzare ciò. La prima è che, come chiunque in ogni parte del mondo, può chiedere di essere accettato in un qualsiasi istituto di una Società Componente dell’IPA. Alla fine del training, se ne soddisfa i requisiti, diventa Membro di tale Società e tramite ciò ottiene l’appartenenza all’IPA.
Una seconda possibilità è quella di espletare il training nel PIEE, che porta alla Direct Membership dell’IPA. In questo caso il PIEE si occupa del suo training, dei colloqui di selezione e della valutazione finale.” (PIEE Guidelines for Training 2002).A sette anni dalla sua istituzione, il PIEE ha completato il training di 44 Direct Members e 78 Candidati sono attualmente in training. 25 Direct Members, sparsi in 9 paesi e non ancora appartenenti a degli Study Groups, fanno riferimento al PIEE, che offre loro parte della post-graduate education, con le scuole, e assistenza nell’organizzazione dei loro gruppi. Oggi vi sono complessivamente circa 200 Membri IPA nell’area Est Europea, se contiamo oltre al PIEE anche le Società e gli Study Groups.
Outreach
Fin dall’ esordio, negli anni novanta, si realizzò che, all’ epoca, il lavoro doveva essere fatto soprattutto attraverso gli EPF East European Seminars and Schools per creare, all’inizio, un essenziale ambiente facilitante, il solo terreno da cui possono crescere motivazioni consistenti per il training ed in cui l’holding ai neonati analisti potesse avere successo.
Molti analisti pensano che, nella discussione generale sulla crisi della psicoanalisi dei nostri giorni, è apparso chiaramente come la crisi sia più profonda in regioni dove gli analisti lavorano isolati dalle università, dalle istituzioni sanitarie e da un contesto culturale e psicoterapeutico più vasto.
Fin dall’inizio eravamo profondamente convinti che la psicoanalisi nell’Europa dell’Est non poteva mettere del tutto radici se solo pochi e ben formati analisti fossero stati paracadutati in un ambiente dove nessuno conoscesse nulla sulla psicoanalisi, dove tutte le istituzioni (università, ospedali,etc.) e quasi tutti gli psichiatri e gli psicologi non accettassero né riconoscessero la psicoanalisi, dove i gruppi di psicoterapeuti interessati alla psicoanalisi diventassero ostili, essendo ignorati totalmente dagli analisti e dalle istituzioni psicoanalitiche. In un tale isolamento, da dove ai primi analisti arriverebbero i pazienti? Inoltre: in un tale isolamento gli analisti non potrebbero pubblicare una rivista, né tradurre qualunque libro psicoanalitico (perché non vi sarebbero né abbastanza autori né lettori). Né è possibile immaginare come le persone potrebbero maturare una corretta motivazione a diventare analisti, se non sanno proprio cos’è la psicoanalisi ed, in particolare, cos’è il lavoro analitico clinico.
Abbiamo avuto bisogno dei Seminari e delle Scuole Europee dell’Est anche perché là potevamo incontrare e meglio conoscere le persone dell’Est ed il diverso ambiente socioculturale in cui vivono e debbono lavorare, al fine di supportare meglio quelli di loro più dotati e motivati nel loro training psicoanalitico
Una delle funzioni dell’outreach, così come del training, è anche quella di analizzare e ridimensionare il “mito della psicoanalisi”, dell’idealizzazione con cui molti si avvicinano e che, se seducente all’inizio, porta poi al travisamento dello strumento di cui ci si deve appropriare.
Negli ultimi anni l’attività del PIEE si è spostata, sempre di più, dall’outreach verso il training, passando progressivamente ai neoformati analisti ed ai gruppi locali, ora molto più preparati, maggiori parti dell’attività di outreach nelle rispettive aree. Sono sorte, così, molte attività seminariali locali, gestite da membri e candidati PIEE, dedicate prevalentemente agli psicoterapeuti e ai professionisti delle salute mentale. Tali attività sono autofinanziate e il PIEE, patrocinandole, si limita a favorire il contatto tra gli organizzatori e gli analisti qualificati disponibili a insegnarvi. E’ questo ora l’humus in cui sorgono le nuove motivazioni al training. Per alcune aree l’attività di outreach rimane, però, ancora agli inizi ed è necessario formare appropriatamente a ciò i colleghi locali.
E’ avvenuto così che nella Summer School, che è l’evento annuale più impegnativo, ci sia stato un espandersi della parte dedicata al training, con sempre più candidati e anche Direct Members, che chiedono di partecipare. Non è, però, diminuita la pressione dei numerosi gruppi, provenienti da aree dove il training non è ancora iniziato, che insistono per partecipare nell’ambito della finalità outreach. Il numero dei partecipanti è così salito a 110 già alcuni anni fa. E’ stato necessario, a questo punto, fissare rigidamente tale limite e rifiutare ogni anno decine di richieste, affinché la scuola non perdesse la sua peculiarità organizzativa e la sua indispensabile tradizionale atmosfera.
Il training
Il problema più difficile da risolvere nell’organizzare il training, seguendo sostanzialmente il modello Eitington, è stato, senza dubbio, quello dell’analisi personale, in quanto nell’Est (ad eccezione dell’Ungheria) non c’erano analisti di training e l’esperienza della migrazione dei candidati all’Ovest per il periodo dell’analisi si è subito rivelata deludente. Considerando che i pionieri di quasi tutte le Società occidentali alla fin fine avevano avuto delle analisi non “ortodosse” nel setting e nella durata e che, per stabilire un primo nucleo di analisti in un paese, era nuovamente necessaria una certa flessibilità, si escogitarono modelli diversi.
Dei candidati dai Paesi Baltici e da San Pietroburgo si sono recati dai loro analisti di training ad Helsinki per delle “analisi concentrate”, facendo quattro sedute in due giorni durante il fine settimana o un maggior numero di sedute ogni secondo weekend.
Le “shuttle analysis”, iniziate in Germania, si sono svolte, invece, inizialmente con blocchi di sedute in tre periodi annuali di circa sei-otto settimane ciascuno, durante i quali il candidato risiedeva nella città del suo analista e faceva un numero di sedute settimanali superiore alle tradizionali quattro. Si sono, poi, aggiunte altre modalità, quali sedute concentrate in dieci giorni di ogni mese. Dopo una decina di anni di tale modalità di analisi, che ha interessato circa il 70 % dei candidati nel PIEE (gli altri hanno potuto avere analisi standard), possiamo genericamente dire che dalle valutazioni nelle seconde interviste, dalle opinioni dei supervisori e dalla valutazione del lavoro analitico con i primi casi in trattamento, il risultato sembra soddisfare le necessità del training. Rimane, comunque, un modello di analisi da capire meglio e da sottoporre, ora che si è accumulata una sufficiente casistica, a una più sistematica ricerca. Tuttavia, tale modalità è sempre stata considerata una necessità temporanea da superare, per passare ai tradizionali modelli di analisi. Ora questi stanno diventando disponibili in quasi tutti i paesi in cui opera il PIEE, così che, entro qualche anno, si dovrebbe rientrare del tutto nell’analisi standard. Va precisato che sedute vie skype o telefono non sono interdette durante gli intervalli dei periodi shuttle, ma numericamente non possono essere contate ai fini delle 100 sedute annue minime necessarie alla validazione per il training “shuttle”. Abbiamo constatato, con soddisfazione, che molti Membri dopo la valutazione finale hanno continuato la loro analisi e alcuni sono anche ricorsi ad una seconda analisi, così come avviene di frequente anche all’Ovest. E’ da notare che, se all’inizio ci si poteva anche preoccupare che l’eccesso di entusiasmo potesse premere per un bruciare le tappe, in realtà la durata dei training con shuttle analysis si compie in genere comunque in 8-10 anni.
Di una preziosa esperienza, ma purtroppo unica nella storia dell’Est, hanno beneficiato nove candidati Bulgari che hanno potuto fare un’analisi standard a quattro sedute settimanali nella loro lingua madre con Nikolai Kolev, analista di training della Società svedese di origine bulgara, che si è ritrasferito a Sofia per alcuni anni. Grazie a ciò la Bulgaria è ora già in condizioni di richiedere lo status di Study Group.
Oggi per i candidati sono disponibili delle analisi di training standard, oltre che naturalmente nelle Component Society e negli Study Groups (Ungheria, Rep.Ceca, Serbia, Polonia, Romania, Croazia e Mosca), anche in Bulgaria, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovenia e Sankt Petersburg. La necessità di ricorrere alla “shuttle” sta così, rapidamente, rientrando.
La selezione dei candidati non è semplice, poiché deve spesso superare ostacoli linguistici nella comunicazione durante le interviste di selezione e le diversità socio-culturali tra intervistatore e intervistato. C’è, poi, la difficoltà legata all’assenza di riferimenti collaudati nel valutare l’idoneità ad un analisi con un setting particolare come quello shuttle, che prevede un’alternanza di periodi di intensa immersione nella relazione analitica a lunghe interruzioni tra i blocchi di sedute (Sebek, 2000). Anche l’effetto della pluriennale “vita da shuttle” con lunghe permanenze in un paese straniero, molto diverso dal proprio, dove il candidato spesso non conosce la lingua locale né ha particolari attività da svolgervi, è difficile da prevedere.
Comunque, si fanno due interviste iniziali e due a distanza di un paio d’anni, quando si autorizza l’inizio dei casi in supervisione.
Meno complicato è stato il problema delle supervisioni, poiché poteva svolgersi in parte durante i periodi di “shuttle” e in parte via email. Attualmente lo skype, consentendo un migliore contatto anche visivo e un’immediata interattività, offre notevoli vantaggi sull’email, ma si richiede comunque un minimo di sedute di supervisione in vivo. Dopo vent’anni, un numero sempre maggiore di analisti di training locali comincia ad offrire in loco analisi di training e supervisioni regolari, ma, soprattutto, nella madrelingua sia dei candidati che dei loro pazienti.
Meno difficile è stato affrontare l’organizzazione dell’insegnamento seminariale teorico. Le Scuole del PIEE hanno progressivamente spostato il baricentro della loro attività dall’iniziale outreach al training dei candidati. Durante le Scuole si svolge anche l’attività di selezione e valutazione finale dei candidati, così come anche la mentorship. Ogni candidato deve, infatti, scegliere un mentore tra i membri del Board e dello Staff PIEE. Il PIEE si avvale della generosa attività offerta da più di quaranta analisti di training di vari paesi europei ed americani, i quali da anni, con un progressivo ricambio, insegnano nelle scuole e nei seminari, offrono consultazioni cliniche individuali, collaborano nelle interviste e nelle valutazioni. Ma ciò che più conta, offrono ai candidati uno staff internazionale con approcci teorici e clinici diversi, educando al dialogo e al confronto e non all’incomunicabilità tra scuole diverse. I futuri analisti vengono così precocemente inseriti nell’ambiente psicoanalitico internazionale. Si cerca, così, di ovviare anche al pericolo che nella vasta area dell’Est si crei un cluster di piccoli gruppi autarchici ed autoreferenziali, nei quali possano, poi, magari prendere spazio tendenze narcisistiche di leader locali. E’ anche un modo per contrastare l’illusione di una concezione ideologica della psicoanalisi, come menzionava Sebek (1999, p.986): “La pluralità della conoscenza psicoanalitica era frustrante per coloro che collegavano la psicoanalisi con un inconscio idealismo utopistico e l’illusione di una “ideologia” corretta e definitiva – l’oggetto potente che potesse rafforzare una identità personale incerta”
La diversificazone e il dialogo sono anche rafforzati dal fatto che altri candidati frequentano, a seconda delle lingue straniere che parlano, seminari negli istituti di training a Parigi, in Germania, Finlandia, Austria, Italia.
Nel 2006, conclusi i programmi olandese e finlandese, il PIEE ha iniziato in proprio ad Odessa un’attività seminariale in lingue russa simile al “Amsterdam Psychoanalytic Training Programme”, sempre al ritmo di quattro intensi weekend annuali per un quadriennio, che offrono in totale ad ogni classe 240 ore di insegnamento. Il tutto è sempre integrato con le tre scuole annuali. Nel 2009 è iniziato il secondo corso con 22 candidati, mentre nel 2010 hanno terminato il quadriennio i 13 candidati del primo corso. Ai partecipanti viene fornita una reading list generale e per ogni seminario una serie di letture sui temi trattati. Per ogni seminario vengono anche tradotti in russo alcuni articoli della letteratura analitica internazionale, che rimangono poi a disposizione per essere pubblicati in libri e riviste.
Va, anche, ricordato che molti dei candidati e membri hanno dato un contributo molto ricco nel tradurre e nel curare le edizioni di moltissimi testi psicoanalitici in molte delle lingue dell’Europa dell’Est, specie in russo, che continua ad avere la funzione di lingua franca in molte aree anche al di fuori della Russia. Tant’è che, oggi, i testi psicoanalitici tradotti in questa lingua sono già parecchie centinaia.
La valutazione finale dei due casi trattati in supervisione è il momento centrale in cui si evidenziano i risultati del percorso del training basato sul modello tripartito. Nel contempo è, anche, un feed-back sulla validità del training del PIEE.
Il Comitato del Training PIEE coincide con il Board e lo Staff, allargato agli analisti di training che, di volta in volta, partecipano alle interviste o alle valutazioni dei candidati.
Poiché una formazione adeguata degli analisti di training richiede parecchi anni, si è pensato di ovviare temporaneamente alla carenza di analisi di training in loco con l’introduzione della figura del “analista autorizzato ad analizzare candidati”. Dopo non meno di un anno dalla sua elezione a Direct Member, questi può chiedere la valutazione di un suo terzo caso per ottenere l’autorizzazione a trattare un numero limitato di candidati. Si ha così un’ulteriore selezione, il cui scopo è di fornire ai candidati, in alternativa alla shuttle analysis, un’analisi standard nella loro lingua madre e nel luogo dove vivono. Pur adottando il PIEE fondamentalmente il modello Eitington, nelle particolari circostanze in cui si trovano gli abbozzi dei nuovi gruppi, tale scelta è più che giustificata, considerando anche che nell’IPA è tutt’altro che unanime l’opinione e la prassi che l’analisi dei candidati debba essere svolta soltanto da analisti di training. Rimangono, però, comunque riservate agli analisti di training le supervisioni, le selezioni dei candidati e la loro valutazione finale, così come le shuttle analysis, considerate più impegnative.
Nel 2009, dopo la conclusione del “Amsterdam Psychoanalytic Training Programme for Eastern Europe” un gruppo di docenti olandesi, condotto da Thijs de Wolf, in collaborazione con il PIEE, inizia un nuovo programma, denominato sinteticamente “Training for Trainers”. Sono sei seminari di un weekend in un biennio, dedicati ai nuovi Membri del PIEE e degli Study Groups che si preparano a svolgere funzioni di training. Non è, però, collegato alla nomina ad analista di training. Il fatto che ben una trentina di Direct Members vi sia interessata sta a dimostrare la necessità e l’utilità di iniziative post-graduate, che dovrebbero ampliarsi in futuro.
La ricerca
Con l’aiuto della raccolta dati sono state messe a fuoco le peculiarità della supervisione durante e dopo lo shuttle training. Un primo lavoro fu pubblicato da Gábor Szonyi, Tamara Stajner-Popovic (2008).
Sono stati discussi i seguenti temi di ricerca. Sono a differenti livelli di realizzazione, alcuni ancora un idea, altri sono già uno studio in corso, con collegamenti col PIEE:
1) confronto di candidati PIEE e candidati di regolari istituti di training all’esito (qualifica, per es. valutazione cieca comparata dei lavori di qualifica e delle opinioni delle commissioni d’esame).
2) Usando gli EPF Working Parties for Education, cioè il progetto sulle competenze, per confrontare similitudini e differenze nella valutazione retrospettiva dei membri della importanza relativa delle componenti educazionali che riguardano competenze differenti. È un programma che continua. Può coinvolgere anche analisti e candidati formati presso il PIEE rispettivamente con uno shuttle training e compararlo con altri gruppi.
3) un questionario retrospettivo sulla shuttle analisi per gli attuali membri che hanno avuto uno shuttle training. È una fase test che combina un questionario sulle esperienze della propria analisi personale con domande sulla shuttle analisi, in cooperazione con l’ EPF Working Party on education. Studi di singoli casi saranno aggiunti.
I temi verranno fatti circolare tra i membri e candidati PIEE, rispettivamente tra membri e candidati di Società dell’Europa dell’Est istituite e Study Groups, per collegare persone interessate ad unirsi alla ricerca.
Ciò potrebbe anche dare un contributo alle discussioni sul training che tanto spesso occupa e preoccupa l’IPA.
Gli aspetti finanziari
Quello che spiccava subito dopo l’apertura dell’Est era il divario tra l’alto livello culturale di tali nazioni e l’estremamente basso livello economico, lasciato dal crollo dei regimi. L’investimento affettivo degli aspiranti candidati sui loro progetti analitici era inversamente proporzionale alle loro possibilità economiche. Qq
Tuttavia, la loro partecipazione finanziaria alle iniziative (seminari, conferenze, training) c’è sempre stata e, oltre alle proprie spese di viaggio di non poco conto, il loro contributo è passato dagli inizi pressoché simbolici a livelli significativi con il miglioramento delle economie dei loro paesi. Attualmente, i fruitori delle attività contribuiscono con le loro quote già al 27% del bilancio del PIEE, mentre l’IPA ne finanzia il 31% e l’EPF il 34%. Tale trend, pur temporaneamente rallentato dall’attuale crisi economica che colpisce maggiormente le più deboli economie orientali, è, comunque, in crescita. Al bilancio del PIEE contribuiscono direttamente anche la German Psychoanalytic Association, l’Italian Psychoanalytical Society e la Association for Child Psychoanalysis. Altre società collaborano sia con il sostegno economico ad alcuni candidati, sia con il supporto logistico alla loro permanenza durante le shuttle analysis, sia favorendo la partecipazione alle loro attività seminariali o congressuali.
All’inizio, l’IPA ha assegnato tramite il PIEE dei prestiti ai candidati per il loro training. Ne sono stati assegnati 23 per un totale di più di 150.000 dollari. Oramai, 11 assegnatari sono già diventati Direct Members e hanno iniziato a restituire il prestito, mentre altri seguiranno a breve. I prestiti sono stati essenziali perché in certi paesi si potessero iniziare i primi training, che non potevano che essere dispendiosi shuttle. Particolarmente preziosa è stata, nel 2003, l’assegnazione al PIEE del Sigourney Award, che ha permesso di istituire alcune scholarships. Queste hanno consentito il decollo del training in Ucraina, un grande paese, ma particolarmente sfortunato anche sul piano economico. Ora la situazione è migliorata pressoché ovunque, sia economicamente che per quanto riguarda la crescente disponibilità di training in loco. Attualmente i candidati PIEE, come i candidati delle altre aree geografiche, possono concorrere solo all’assegnazione di prestiti per il training tramite l’IPA Candidates Loan Panel.
I nuovi gruppi
In una prima fase, sull’onda anche dell’entusiasmo iniziale, si è data necessariamente la priorità alla formazione dei singoli analisti, senza interrogarsi troppo su come avrebbero poi, terminato il training, formato uno Study Group in grado di funzionare. Ma non sempre le cose si sono poi rivelate semplici. Come nelle migliori tradizioni della storia dei gruppi psicoanalitici in tutto il mondo, anche all’Est si è visto che delle persone, per il fatto di essere analizzate, non sono necessariamente in grado di formare un buon gruppo di lavoro. Tra i pionieri compaiono a volte tensioni e conflitti, che possono paralizzare l’attività dei gruppi, portando finanche a precoci scissioni. Questo aspetto si sta rivelando cruciale, poiché lo scopo del PIEE, essendo una struttura a termine, non è quello di formare un grande numero di analisti, ma, soprattutto, quello di portare alla formazione di Study Groups che siano in breve tempo in grado di organizzarsi e rilevare la complessa e difficile formazione delle successive generazioni di analisti.
Si sta evidenziando uno svantaggio legato alla distanza, non solo geografica, che di fatto esiste tra l’Istituto e i gruppi locali che si stanno formando. Questi, per ora, non partecipano alla scelta dei loro futuri colleghi-analisti, ma se li vedono arrivare già scelti dal PIEE. In fin dei conti le Società Componenti sono loro stesse, delegando i propri analisti di Training, a scegliere i colleghi e hanno, poi, ancora una verifica al momento del voto con il quale questi devono essere accettati come membri. Non si può, pertanto, dare per scontato che chiunque il PIEE selezioni, possa, poi, necessariamente essere ben accetto, accordarsi ed integrarsi con il resto del gruppo locale. Per tali motivi, ultimamente, il PIEE pone particolare attenzione alla formazione e al funzionamento dei gruppi di Membri e di Candidati nella fase che precede la richiesta dello status di Study Group.
Uno dei vantaggi del PIEE è, invece, che, a differenza degli altri Istituti psicoanalitici, seleziona e forma dei candidati che non saranno mai nella stessa Società di cui fanno parte i membri del Board e dello Staff dell’Istituto. Sono ,pertanto, esclusi già in partenza i pericoli di collusioni e appartenenze a sottogruppi con problemi di transfer irrisolto, che tanto spesso creano tensioni negli Istituti. Non disturbano il processo formativo né le preoccupazioni di singoli formatori di crearsi gruppi di allievi per rafforzare la propria posizione negli equilibri di potere societari, né le pressioni societarie sugli allievi perché si uniformino alle scelte teoriche dominanti. L’assenza di queste dinamiche, che in alcuni istituti tradizionali contribuiscono non poco all’infantilizzazione dei candidati (Kernberg, 1996, 2000), unita alla premura di considerare i candidati stessi non solo come studenti, ma come colleghi con una ricca vita professionale alle spalle, riteniamo che stia dando buoni frutti.
Alcune riflessioni
Nell’Est Europa si è visto che l’interesse per la psicoanalisi era stato, fin dall’inizio, ben più ampio di quello importato o sorto dalle attività degli psicoanalisti occidentali. Sorprendentemente, per un area in cui i libri di Freud nelle biblioteche erano tenuti sotto chiave e pressoché inaccessibili e dove la connotazione di questa “scienza borghese” era sempre solo negativa, c’è stata un incredibile esplosione di interesse.
” Se come misura della popolarità della psicoanalisi in Russia prendiamo la quantità di materiale tradotto qui pubblicato, la psicoanalisi godette di una straordinaria popolarità all’inizio del XX secolo e di nuovo sta accadendo ora. […]. Un edizione di 40.000 copie “Introductory lectures on psycho- analysis” di Freud pubblicata nel 1989 venne esaurita istantaneamente. Lo stesso anno comparivano a Mosca tre edizioni parallele dei principali scritti teorici di Freud, per un totale di più di 500mila copie (Etkind, 1992, Fisher, Fisher, 1995).” (Kadyrov, 2005, p. 469)
Si può dire che già negli anni Novanta quasi non c’era città che non annoverasse almeno un gruppo di psicoterapeuti interessati ad operare in senso psicoanalitico. Molti di questi continuano ad inviare dei rappresentanti alle Scuole Estive del PIEE ed incessantemente altri, nuovi, chiedono di accedervi.
Questo intenso interesse sembra naturalmente legato ad una forte richiesta di interventi psicoterapici da parte della popolazione. I motivi di ciò sono indubbiamente complessi. Una delle ipotesi è che la società totalitaria, che aveva costretto a lungo i singoli in una sostanziale passività che però garantiva condizioni di vita sufficienti seppur basse, sgretolandosi abbia, improvvisamente, fatto cadere sulle spalle degli individui problemi di sopravvivenza e scelte che sollevano angosce prima in buona parte depositate nelle strutture sociali. Ora ognuno deve fare affidamento solo sulle proprie forze, solo sulla forza del proprio io. Questi, barcollante sotto un carico inusitato, non può non risentirne nei propri punti fragili, lanciando segnali di sofferenza e di angoscia. Inoltre, come scrive Kafka (2003, p.11): “Il collegamento tra un rapido cambiamento sociale e la crescita della psicoanalisi non è casuale. Un esame della nostra storia rivela che l’analisi non si è mai sviluppata e fiorita in uno stabile ambiente medio prevedibile. La psicoanalisi, dopotutto, ebbe il suo inizio nel luogo di nascita della modernità. La Vienna di Freud, un ambiente caratterizzato da insuperate rapidità e profondità di cambiamento ideologico, sociale e politico. Anche se i cambiamenti sono differenti, la profondità e la velocità del cambiamento nell’Europa dell’Est, sin dalla caduta della cortina di ferro, si avvicina a quelle viste alla nascita della psicoanalisi.”
Inizialmente in alcuni ambienti dell’IPA c’era la preoccupazione che dei gruppi psicoanalitici occidentali non-IPA, con un’attività “missionaria” particolarmente aggressiva, si accaparrassero nell’Est posizioni di predominio poi difficili da intaccare, ma tale timore si è rivelato esagerato. In realtà, si è assistito al sorgere spontaneo di numerosi istituti di formazione in psicoanalisi ed in psicoterapia “fatti in casa”, all’inizio basati ingenuamente su poche e affrettate letture, poi sviluppati più o meno seriamente. Si è creato, così, un ampio mondo di formazione analitica parallelo a quello che l’IPA ha faticosamente cercato di instaurare. Alcuni si limitano a formare psicoterapeuti ad orientamento analitico, altri non esitano a sconfinare ambiziosamente nell’area della formazione psicoanalitica. Molti di questi istituti cercano collegamenti e collaborazione con il PIEE o con analisti IPA. A volte tale ricerca è strumentale ad ottenere una specie di legittimazione internazionale, altre volte è un sincero desiderio di imparare e migliorare i propri standard di formazione. Sia allievi che insegnanti dotati di tali istituti, che ravvisano i limiti dell’ambiente in cui si trovano ad imparare o ad insegnare, a volte entrano poi con una buona motivazione nel training PIEE. E’ necessario individuare gli interlocutori locali con i quali è utile e opportuna una collaborazione e quelli che, per la loro scarsa serietà, vanno evitati.
Tuttavia, la situazione che si è venuta a creare è anche una sfida per il PIEE. Rispetto alle potenziali richieste, sia dei pazienti che degli aspiranti analisti, è realistico considerare come sarà relativamente molto limitato il numero di analisti IPA che si potranno formare nei prossimi decenni. A questo punto, il senso dei nostri sforzi non può certo essere quello di avere il monopolio della psicoanalisi, cosa che, peraltro, non succede in nessun paese del mondo. Dall’altro lato a cosa servirebbe incrementare numericamente i candidati e disseminare il territorio con presenze scialbe e non molto diverse, o addirittura di livello inferiore, rispetto a quelle formate dai gruppi non-IPA?
L’unico ragionevole obiettivo è quello di formare dei gruppi di analisti “firmati IPA” che per il loro “marchio registrato”, in un ampio spazio di libera concorrenza, si distinguano per la qualità della loro formazione (avuta e che forniscono), del loro lavoro clinico, della ricerca, delle pubblicazioni. Non si tratta di sostenere, arrogantemente, un’identità fatua senza altre basi che il nome o il lignaggio, ma di creare una sostanziale ricchezza da offrire a chi la può utilizzare. Ciò che contraddistingue gli analisti dell’IPA e le loro comunità non sono le ascendenze genealogiche, ma la qualità della loro produzione scientifica e dell’ “ambiente nutriente” che, per la ricchezza di stimoli e conoscenze, permette la formazione di nuove generazioni di analisti di qualità. Il mandato del PIEE è la riproduzione di tutto ciò.
L’istituzione del PIEE è stata una prassi nuova per l’IPA, così come per l’EPF. Si è trattato, in sostanza, di non lasciare un’area così vasta e culturalmente ben attrezzata a uno sviluppo spontaneo, che, visto il lungo isolamento e le difficoltà economiche, avrebbe potuto richiedere decenni per poter decollare.
Inizialmente un aspetto del problema poteva essere se considerare l’IPA, l’EPF e le Società psicoanalitiche delle mere associazioni corporative, volte alla tutela dell’esercizio professionale di coloro che già vi aderiscono, o se intraprendere delle iniziative sulla spinta anche di motivazioni ideali, che considerassero la psicoanalisi uno strumento prezioso, non solo per la cura dei pazienti, ma anche per lo sviluppo scientifico e culturale di ogni società moderna. Non si poteva lasciarne prive o mal dotate comunità così vaste. L’ampia e generosa risposta alla campagna per la raccolta di fondi per le attività nell’Est, che chiedeva ai Membri dell’IPA di donare “l’equivalente di un’ora analitica”, ha dimostrato che la seconda impostazione è fortemente sentita. Oltre che individualmente, il sostegno è stato generoso in tutti questi anni da parte di molte Società Componenti, Istituti e gruppi di analisti che hanno dato vita ad iniziative basate sempre sul lavoro volontario. Grazie a questa spinta motivazionale, da quasi venti anni, molte decine di analisti esperti, non solo europei ma anche americani, insegnano gratuitamente nelle tre scuole, nei seminari per candidati e, frequentemente, tengono seminari presso i gruppi locali. E’ solo così che pressoché tutto ciò che esiste oggi, all’Est, si è potuto realizzare.
Ovviamente, anche ciò ha i suoi limiti. La spinta dell’entusiasmo, nel dare e ricevere aiuto, non può durare a lungo e comporta, anche, dei rischi, quali paternalismi, infantilizzazioni, dipendenze, sopiti risentimenti ecc. Arriva, inesorabilmente, l’ora in cui la mitica età dell’oro, o, se la mettiamo sull’edipico, la luna di miele, adempiono la loro funzione ed è necessario mutare il registro dei rapporti. L’iniziazione, una specie di passaggio all’adolescenza, è il momento cruciale rappresentato dall’acquisizione dello status di Study Group, che comporta la separazione dal PIEE e l’assunzione di nuove responsabilità anche generative, pur con l’assistenza di uno Sponsoring Committee, fino al raggiungimento della piena autonomia come Component Society. Questo momento è delicato, perché spesso il gruppo di nuovi membri e candidati deve lavorare assieme per la prima volta, in quanto quasi sempre convergono nello Study Group analisti che, prima, operavano in vari gruppi di psicoterapeuti esistenti già da lunga data, a volte anche in concorrenza tra loro. I rapporti con i gruppi preesistenti non sono facili da scindere o da modificare. In questi momenti può essere di fondamentale importanza che i membri degli Sponsoring Committees possano avere già una dimestichezza con la realtà locale e con le generali condizioni in cui la psicoanalisi si è sviluppa nell’Est. Tenendo conto che, attualmente, esistono all’Est cinque Study Groups, ma che, in un paio d’anni, tale numero potrebbe più che raddoppiare, appaiono oltremodo utili le riunioni annuali degli Sponsoring Committees, recentemente istituite dal International New Groups Committee, dove la delicata transizione dal PIEE ed altri non facili problemi della crescita dei nuovi gruppi possano essere discussi e dove esperienze e strategie possano essere messe al confronto.
Un ulteriore problema che si sta ponendo al PIEE è: quali sono i limiti del suo compito, fino a dove diffondere i gruppi analitici. Questo interrogativo si pone in particolare per la Russia, date le sue dimensioni, poiché le richieste di training continuano a provenire da numerose grandi città con prestigiose università e non è possibile, per il momento, dirottarle tutte verso i due neocostituiti Study Group moscoviti, che non sono ancora in grado di farsene carico. Se, da un lato, non è pensabile che il PIEE, e pertanto l’IPA e l’EPF, si occupino della diffusione dei gruppi analitici in tutte le città della Russia, non ha nemmeno senso riempire tale enorme area con analisti isolati, che non potranno frequentare dei gruppi di colleghi situati a migliaia di chilometri di distanza. Al di fuori di Mosca si impone, pertanto, per il PIEE la scelta di limitare e concentrare la propria attività in alcune località, dove già esistono candidati e membri, quali San Pietroburgo e l’area di Rostov-Stavropol nel sud, oltre che forse Irkutsk per l’area Siberiana.
Ci sono, poi, altre considerazioni da fare. Nella prima fase si sono accolte le richieste di training da qualsiasi località provenissero ed erano, prevalentemente, di medici e psicologi di ottimo livello culturale ed accademico, con una fortissima motivazione. Con l’espandersi delle conoscenza della psicoanalisi e della pratica psicoanalitica e psicoterapica, che ha avuto una diffusione e una popolarità assolutamente imprevedibile, è aumentato anche il numero delle richieste di training. Si pone, pertanto, il problema di selezionare, tra queste, una seconda generazione di candidati, che non sia inferiore per qualità e motivazione alla precedente, affinché non si scada al livello di fornitori di una certificazione internazionale, che sul mercato sembra molto apprezzata. In relazione alla necessità di un’accurata selezione di un numero limitato di candidati, in relazione alla loro qualità, alle capacità delle strutture didattiche disponibili e alla loro collocazione geografica, che non li condanni all’isolamento professionale, il PIEE ha sentito la necessità di ribadire ulteriormente alcuni criteri per la selezione: “Una commissione istituita ad hoc considererà, soprattutto, i seguenti aspetti: adeguatezza di personalità per il lavoro psicoanalitico, disposizione al pensiero psicologico, motivazione, integrazione ed attività nel gruppo locale di colleghi, età (preferibilmente 35-45) background culturale, tipo di laurea universitaria (preferibilmente con training in professioni sanitarie) conoscenza delle lingue straniere, esperienza clinica in psicoterapia, esperienza clinica con pazienti psichiatrici, numero di partecipazioni a scuole PIEE e attività educazionali psicoanalitiche, possibilità di partecipare regolarmente a PIEE Schools and Seminars, fattibilità del progetto di training psicoanalitico, possibilità finanziarie di completare il training. Qualità in un area possono compensare mancanze in altre, ma l’ impressione generale dovrebbe essere alta. Su questa base il PIEE selezionerà ogni anno un numero limitato di nuovi aspiranti.” (PIEE Guidelines for Training 2008) Le valutazioni dei due intervistatori vengono discusse nell’ambito del Comitato di Training.
L’attenzione del PIEE non deve essere rivolta solo alla riproduzione degli analisti e delle istituzioni analitiche, ma anche all’integrazione sia degli analisti che dei loro gruppi in due direzioni. La prima nella comunità analitica internazionale, esigenza sempre più pressante con la globalizzazione, la seconda, altrettanto importante, è l’integrazione nell’ambiente scientifico-culturale locale, affinché gli analisti non finiscano con l’essere stranieri in patria.
L’integrazione nella comunità più ampia è, peraltro, perseguita fin dall’inizio, oltre che con una ricca presenza internazionale in tutte le attività PIEE, anche favorendo e sostenendo un’ampia partecipazione dei candidati e dei membri orientali sia ai congressi internazionali che a quelli delle società già consolidate con ricche tradizioni scientifiche. Anche nelle attività dell’IPSO i candidati PIEE sono presenti.
Dopo l’attivazione dell’Istituto Latino Americano di Psicoanalisi (ILAP) si sono avuti con regolarità scambi di esperienze. Alcuni membri dei due Board hanno insegnato nelle scuole dell’istituto gemello traendone utilissimi stimoli alla riflessione comune sul lavoro in atto.
Qualche prospettiva
Oggi, dopo una ventina d’anni da che i primi training sono iniziati e dopo che molti risultati sono stati ottenuti: sviluppo di nuove Società e Study Groups, incremento del numero di analisti e soprattutto di analisti di training, ci si chiede come muovere i passi successivi.
Nell’Est Europa si sta formando un cluster di Study Groups e di Società di medie e piccole dimensioni, che potrebbe essere utile sostenere, affinché il loro sviluppo non sia stentato. Volgendo un po’ lo sguardo allo sviluppo dei gruppi analitici già consolidati in altre aree del mondo durante il secolo di vita della psicoanalisi, si possono forse individuare alcune modalità di crescita che seguono delle fasi lente, ma quasi obbligate. All’inizio i pionieri imparano “la psicoanalisi degli altri”, se ne appropriano e la praticano, accumulando esperienza e conoscenza. Poi, nei primi decenni ogni gruppo cresce ed approfondisce la propria identità, che comporta anche una feconda integrazione della psicoanalisi con la cultura locale. Si creano, così, le condizioni per il formarsi delle scuole di pensiero psicoanalitico con una maggiore o minore impronta nazionale e le condizioni che favoriscono il dispiegarsi di talenti personali, poiché a questo punto sono radicati in un humus adeguato per dare i loro frutti. Ma è proprio questa lunga maturazione che, affinché si arrivi ai risultati più preziosi, deve essere seguita e sostenuta, evitando sia intrusioni colonialistiche dall’esterno, che ibridazioni selvagge con le tradizioni culturali locali. Il timore che all’Est si formino degli second rate analysts mi sembra inconsistente e non va confuso con la suddetta necessità di una lunga maturazione dei gruppi e della loro produttività scientifica.
Il PIEE sta accumulando esperienze che non dovranno essere disperse, ma trasmesse ai nuovi gruppi di analisti che nascono e che dovranno nei prossimi anni formare i propri istituti di training. Nella fase conclusiva del PIEE ciò sarà di cruciale importanza. Questo processo è già iniziato con il progressivo inserimento di un crescente numero di analisti di training dell’Est, man mano che si qualificano, nelle scuole e nei seminari e nelle strutture del PIEE.
Potrebbe essere utile che, dopo l’estinzione del PIEE, venissero mantenute per un certo periodo alcune delle sue attività, quali le scuole e i seminari per candidati, sia quale supporto ed integrazione al training nei gruppi ancora troppo piccoli per fornire un insegnamento sufficientemente ricco, sia quale intermediazione tra gli ancora angusti ambiti locali e un più ampio spazio di interazione internazionale. Tali attività potrebbero essere gestite da un consorzio di gruppi, con un sostegno dell’EPF e dell’IPA, che andrebbe riducendosi man mano che i gruppi si andrebbero rafforzando (vadano o vanno rafforzandosi?). Bisognerebbe, però, fare attenzione che non si crei un ghetto orientale separato dall’Ovest, ma al contrario, che ciò sia un ulteriore occasione di integrazione con il resto dell’Europa e del mondo.
Questo consentirà, anche, di rafforzare le premesse per delle attività sia di formazione che di ricerca a un livello sopranazionale, che completi e arricchisca quelle locali. E’ questa una visione delle istituzione analitiche a cerchi concentrici, dalle realtà regionali a quelle nazionali, dalle aree plurinazionali a quelle continentali e mondiali. Non è, infatti, possibile immaginare il rapporto del singolo individuo con il mondo globale senza la intermediazione delle realtà gruppali intermedie e ciò vale sia per l’umanità in generale che per la comunità analitica.
Nell’interazione bambino-genitori non sono solo questi ultimi a dare delle cose al bambino, ma ne ricevono pure e ne sono a loro volta plasmati ed arricchiti. Trasmettono al piccolo anche ciò che il loro gruppo allargato delega loro di dare (codici, pattern comportamentali, miti inconsci ecc) e, tramite il bambino, vengono attivate in loro varie potenzialità, sia quelle proprie individuali che quelle aventi radici nella dimensione gruppale. Qualcosa di simile avviene anche tra candidati e formatori, in quanto anche i primi portano nel processo formativo le loro peculiarità professionali, le loro appartenenze culturali, le loro esperienze esistenziali. Ma non solo! I candidati, così come i loro maestri, sono parte di più ampi processi, sia consci che inconsci, nella dimensione dei grandi gruppi e delle loro culture. Sono portatori e attori di un’inarrestabile spinta alla crescita, all’evoluzione e al continuo adattamento alle sempre nuove condizioni di vita delle società cui appartengono. Questa spinta comprende, sempre di più, anche l’insopprimibile bisogno degli individui di conoscere sé stessi e i meccanismi con cui funziona la loro psiche. E’ in queste dimensioni che sembrano radicate le intensissime cariche lipidiche, che hanno acceso e fatto perdurare questa grande avventura – l’allargamento ad Est, così come gli altri allargamenti che seguiranno nell’inarrestabile globalizzazione della psicoanalisi. Tutto ciò non potrà non avere anche una certa influenza sulla stessa comunità analitica mondiale. L’IPA del 21° secolo, nei “suoi secondi cento anni”, non potrà certo restare la stessa. Forse qualcuno si dispiacerà, ma altri, noi, ci riterremo fortunati di aver assistito a questi formidabili sviluppi.
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